mercoledì 27 agosto 2014

Capitolo 10 - Una Giornata Tranquilla

Vincent si svegliò a causa della luce del sole che filtrava attraverso le tende. Provava una piacevole sensazione di calore allo stomaco che poco aveva a che fare con tutto il sangue che aveva bevuto la sera prima con Anna; Oberon, un piccolo tigrato rosso a pelo lungo stava placidamente pisolando sulla sua pancia.
Rimase a lungo sdraiato con un braccio dietro la testa ripensando alla notte passata: ancora una volta Anna aveva tirato fuori un lato vivace e scherzoso che di solito teneva nascosto. Gli aveva insegnato dei trucchi per controllare l'acuità dei suoi sensi e a distinguere al gusto i diversi gruppi sanguigni. Si era anche macchiato di sangue la camicia e così aveva pure imparato che per mandarlo via bastava un po' di acqua ossigenata.
Se escludeva l'inizio traumatico era stata un gran bella serata, aveva anche conosciuto Lloyd che una volta diminuiti gli avventori del locale si era unito a loro: così aveva scoperto che quel palestrato Vampiro aveva più di quattrocento anni e conosceva Anna da quando era in fasce. Gli aveva anche raccontato alcuni aneddoti divertenti sulle sbronze della sua Maestra, ma a Vincent non era sfuggita la cautela con cui affrontava ogni racconto, avendo cura di evitare qualsiasi riferimenti a fatti che la ragazza non voleva fossero resi pubblici.

Comunque era stata una bella serata e ora si sentiva più disteso: Anna aveva anche più di tre secoli, ma si comportava come una ragazza normale, con degli hobby normali anche se adattati alla sua natura.
Guardò l'orologio e si alzò di scatto con grande disappunto di Oberon che saltò per terra con un miagolio di disappunto. Erano le due passate.
Scese dal letto e andò in bagno a sistemarsi. Ovviamente sdraiata sulla tavoletta del water trovò Sequana, la piccola bengal amante dell'acqua, che molto educatamente scese per lasciargli il posto.
Vincent esitò un attimo prima di sedersi sul gabinetto: normalmente non aveva problemi con gli animali che giravano per casa tentando di metterti in soggezione, aveva addirittura avuto un gatto che si piazzava sul letto mentre stava facendo sesso e lo fissava; decisamente inquietante. Tuttavia con quei felini la cosa era diversa: non si comportavano come gatti o almeno non completamente. Avevano ancora comportamenti tipicamente animali, ma anche alcuni che si avvicinavano di più a quelli umani: il ridicolo fatto che usassero il bagno, quell'affetto disinteressato che mostravano nei confronti di Anna, la straordinaria abilità nel capire cosa accadeva attorno a loro e le loro conseguenti reazioni. Questo lo faceva sentire osservato e a disagio.
Tirò lo sciacquone e aprì l'acqua della doccia.
Non erano solo i gatti di per se il problema, ma anche quella storia del campo psichico. Ancora non aveva capito come funzionava di preciso: e se i felini potevano comunicare in qualche modo mentalmente con Anna? O se peggio la loro padrona potesse vedere attraverso i loro occhi e sentire attraverso le loro orecchie?
Si spogliò e si infilò sotto la doccia.  
Probabilmente stava esagerando: la sua maestra non aveva poteri magici, era solo un Vampiro. Avrebbe dovuto chiederle delucidazioni, ma ancora non gli era chiaro tutto quello che lei gli aveva spiegato fino a quel momento, quindi era meglio aspettare di avere più elementi per evitare altra inutile confusione.
Sequana grattò alla porta della doccia sfoggiando il suo miglior musetto supplicante, così con un sospiro Vincent le aprì e la fece entrare. Era evidente che non potesse lavarsi senza la compagnia della gattina.
Mentre si insaponava gli scappò un sorriso: quei gatti erano piuttosto inquietanti, era vero, ma tenevano anche compagnia ed erano simpatici a modo loro. Lui aveva sempre amato i felini e in genere tutti gli animali e ora aveva la possibilità di convivere con ventisette gatti dalle più disparate taglie, colori, razze e caratteri: era un po' come avere uno zoo monotematico sempre a portata di mano.
Uscì dalla doccia e si avvolse nell'accappatoio. Anche Sequana lo seguì per poi scrollarsi l'acqua di dosso schizzando tutto il bagno attorno a lei. Vincent si chinò a grattarle dietro le orecchie prima di finire di asciugarsi e vestirsi.
La micina gli si era particolarmente affezionata nonostante vivesse in quella casa da neanche tre interi giorni e aveva preso l'abitudine di seguirlo ovunque: era tipico per un bengal, ma di solito si comportava così con il suo padrone, non con chiunque si trovasse nei paraggi. Pensò che magari le stava particolarmente simpatico.
Dopo essersi sfregato energicamente la testa con l'asciugamano e essersi lavato i denti uscì dalla stanza aggiustandosi i capelli con le dita. Attraversò tutto il corridoio fino ad arrivare in cucina dove trovò Anna seduta sul piano dell'isola che giocava con Morrigan sotto lo sguardo vigile di Bastet.
- Ha ancora il brutto vizio di tirare fuori le unghie quando gioca.- disse la ragazza con un sospiro.
Si voltò verso di lui e gli sorrise.
- Vuoi vedere una cosa divertente?- chiese.
- Certo.- rispose curioso.
Anna allungò la mano verso Morrigan che pronta alla sfida allungò rapida la zampa artigliata per afferrarla, ma prima che potesse toccarla dalle dita della ragazza uscirono cinque artigli di una quindicina di centimetri l'uno. Il grosso gatto si ritrasse di scatto e chinò un poco la testa in segno di sottomissione tenendo però i grandi occhi verdi fissi sulla padrona.
- Che te ne pare?- chiese lei rivolta a Vincent.
Il giovane era rimasto piuttosto impressionato. Continuava a fissarle i lunghi artigli che spuntavano da sotto alle unghie che così a vista gli parevano affilati come rasoi.
- Ti fanno male?-
Anna parve sorpresa da quella domanda.
- No, escono da fessure fisiologiche sotto le unghie. Ha fatto male solo la prima volta, ma è durato poco.-
- Posso vedere?-
- Certo.-
Il ragazzo di avvicinò e le prese la mano con cautela: non gli era mai capitato di vedere nulla di simile, nemmeno nei numerosi animali che aveva avuto modo di visitare. Erano unghie, una seconda fila di unghie sotto quelle normali, ma erano più affilate delle unghie normali e non solo a livello della punta, ma per tutto il filo inferiore.
- Dove stanno quanto le ritrai?- chiese perplesso.
Anna gli mostro l'altra mano.
- Quando sono all'interno dei tessuti o meglio dei miei tessuti diventano molli e si solidificano immediatamente a contatto con l'aria. Corrono lungo le ossa delle dita e della mano, sono totalmente flessibili, ma partecipano a garantirmi una presa molto forte in caso di necessità.-
- È una figata...- sussurrò lui.
Lei rise e ritrasse gli artigli, poi scese dall'isola.
- Ho comprato delle paste per la colazione, sono nel frigo. Io devo uscire per un paio d'ore, ma non temere, tornerò in tempo per non lasciarti solo con Beatrix.-
Vincent si era completamente dimenticato di Beatrix e della caccia di quella sera. Si sentiva contemporaneamente eccitato e preoccupato: eccitato per la sfida, la caccia, la novità, preoccupato per la paura di sbagliare e di incontrare di nuovo quell'inquietante fanciulla che tra l'altro ora sapeva essere uno psichico, quindi probabilmente poteva pure leggere nella sua testa.
- Per che ora dovremmo andare?- chiese.
- Ho scritto a Beatrix di vederci qui verso le otto, è probabile che ceneremo insieme. Non preoccuparti per lei, è un po' strana, ma è una brava persona.-
Lui annuì pensieroso.
- Ma dimmi, tu come hai fatto a fartela amica?-
Anna scosse la testa.
- Io non me la sono fatta amica. Ho fatto amicizia con Sigmund, era bibliotecario e lo è ancora presso la scuola dove studiai. Beatrix era sua sorella e la mia insegnante di letteratura e russo.-
Vincent non riuscì a nascondere il suo stupore.
- È un'insegnante?-
- Lo era, si ritirò nel 1944, immagino dopo la morte di Margaret. Era brava, probabilmente una delle migliori insegnanti che io abbia mai avuto, anche se la mia preferita era Margaret, insegnava storia e filosofia. Aveva dei modi gentili e un fare premuroso al contrario di Beatrix, ma lei probabilmente era molto più preparata sulla sua materia, nonostante avesse quasi due secoli in meno.-
Il ragazzo provò una strana sensazione di calore nel sentirla parlare del suo passato: certo, non aveva detto di nulla di particolarmente intimo o personale, ma era comunque un frammento della storia che aveva alle spalle.
- Perché si è ritirata dopo la morte di Margaret?- domandò non riuscendo a cogliere il nesso.
- Oh.- Anna chinò lo sguardo mentre i suoi occhi si velavano di tristezza - Tu non puoi saperlo, ma Margaret e Beatrix erano sposate.-
Quella notizia lo colse così alla sprovvista che ci mise qualche secondo a capire di dover chiudere la bocca.
- Fammi capire...erano sposate nel '43?- domandò alla fine ancora incredulo.
Anna si poggiò al bancone e gli sorrise lievemente.
- La Comunità è diversa dal mondo dei Sapiens. La nostra etica e la nostra morale non è condizionata dalle religioni che sono le prima a schierarsi contro l'omosessualità. In più noi non abbiamo bisogno di riprodurci per avere una discendenza, possiamo benissimo generare dei cuccioli. Il matrimonio sia omosessuale che eterosessuale è da sempre accettato tra i Vampiri.-
- Cavolo, forte.- commentò lui - Con tutto quel discorso sui cuccioli e i trasformati non immaginavo che i Vampiri fossero di mente così aperta.-
- Non lo sono. Danno semplicemente un diverso valore alle cose rispetto ai Sapiens.-
Detto questo si avviò verso la porta.
- Ora devo andare.- riprese - Comportati bene mentre non ci sono, se hai bisogno di qualsiasi cosa chiedi ai gatti, ma non dire loro che vorresti qualcosa da mangiare: l'ultima volta ho trovato tre piccioni e un ratto morti sul letto.-  
- Ok.- rispose il ragazzo facendo tesoro di quel consiglio.
Anna prese la borsa e aprì la porta.
- A più tardi.-
- A dopo.-
Un tonfo e la chiave che girava nella toppa.
Vincent prese le paste dal frigo e andò a sedersi sullo sgabello dell'isola. Sequana gli balzò prontamente in braccio e si strusciò contro il suo mento.
Solo se avanza qualcosa che non contiene cioccolato.- disse lui.
La gattina si acciambellò sulle sue gambe in attesa.
Gli altri felini si erano quasi tutti spariti, i più preferivano rifugiarsi sul balcone, l'unica rimasta oltre a Sequana era Juno, la micia in cinta che non si allontanava mai troppo dalla cucina nella speranza di elemosinare qualche gustoso bocconcino. Ormai era quasi alla fine della gestazione e per lei era diventato impossibile spostarsi velocemente per la casa, tanto che Anna le aveva messo la sua cuccetta di stoffa vicino al frigo in modo che non dovesse muoversi troppo.
Vincent si versò il caffè che la sua Maestra gli aveva lasciato in una tazza bianca con la scritta "Gattara dell'anno": molto azzeccata in effetti. Dopo di che si dedicò alle paste.
Tra sé e sé si domandava se i gatti di Anna fossero castrati; non si era soffermato a controllare, ma siccome a parte Juno non aveva visto altre gatte in cinta supponeva che lo fossero.
Allungò un bocconcino di pasta alla crema prima e Sequana e poi alla micina gravida. Sapeva bene che non avrebbe dovuto, i dolci non facevano bene ai gatti, ma un pezzettino così piccolo non avrebbe provocato alcun danno.
Non aveva molta fame, quindi benne il caffè e mangiò solo un paio di paste, quelle più piccole e rimise il resto frigo, dopo di che andò in salotto a sedersi sul divano e accese la televisione.
Non era mai stato un amante della catalessi da tv, ma in quel momento non sapeva proprio cosa combinare mentre aspettava il ritorno di Anna.
Si mise comodo e trovò un canale dove davano un film poliziesco iniziato da poco. Un per uno sette dei felini abitanti dell'appartamento si andarono ad accoccolare intorno a lui sui soffici guanciali del divano. Per ultimi arrivarono Bacco e Morrigan che parevano andare molto d'accordo fra loro per la somiglianza di stazza, insieme a un grosso norvegese di cui non ricordava il nome che preferiva però starsene per conto suo durante il giorno e farsi vivo nelle ore notturne. I due gattoni si sdraiarono sui suoi piedi l'uno con la testa sulla schiena dell'altro.
- Una numerosa famiglia felice.- commentò tra sé Vincent con un sorriso.
Di tutta risposta Sequana si strusciò contro la mano e prese a fare le fusa.

Annabeth scese alla prima stazione della metro.
Purtroppo la calca non si risparmiava neanche a quell'ora, quando sperava che i più fossero occupati al lavoro. Cercando di mantenersi il più lontano possibile dalle persone ammassate attorno a lei risalì la scala per uscire all'aria aperta.
Fuori non era meglio: d'altro canto se lo aspettava, quello era uno dei quartieri più trafficati e purtroppo anche dei più sporchi. Lo smog raggiungeva concentrazioni altissime e dopo le piogge dei giorni scorsi le fogne erano traboccate mandando un terribile puzzo di cloaca. E poi c'erano le persone: persone che correvano da un posto altro madide di sudore che provavano malamente a mascherare con soffocanti deodoranti spray e altre che si affogavano nel profumo prima di uscire di casa. E le bancarelle di cibo arrostito, fritto, unto che ammorbavano l'aria.
Anna si sentì bruciare la gola così si mise la sciarpa davanti al naso e si incamminò lungo il marciapiede cercando di affrettare il passo il più possibile. Purtroppo c'era troppa folla per potersi muove a una velocità apprezzabile.
Superò un paio di traverse schivando maleducati in mezzo al marciapiede fermi a parlare al cellulare, poi svoltò in una strada a destra che si snodava tra due enormi fabbricati di cemento e acciaio  e ancora a destra fino a ritrovarsi in un vivace quartiere pieno di piccoli negozi artigianali. Tra le graziose insegne in legno e ferro battuto individuo quella che recava la scritta "L'arte del cucito" così si tolse sollevata dalla via per entrare nel locale.
Una campanella emise un trillo acuto quando aprì la porta e dal retro una ragazza piccolina con corti capelli biondi si apprestò ad accoglierla da dietro il bancone.
- Salve, come posso aiutarvi?- domandò cortese.
- Salve, sto cercando Erica Morris.- rispose Annabeth.
- Sono io.-
Aveva fatto in fretta.
- Perdonatemi per il disturbo, ma avrei bisogno di parlare con vostro marito e non so dove trovarlo.-
Il volto della donna si contorse in un'espressione di preoccupazione.
- È per quel fatto del Patriarca? Noi abbiamo chiesto scusa, dobbiamo pagare un'ammenda o qualcosa del genere? Perché possiamo pagare...-
Annabeth alzò le mani cercando di tranquillizzarla.
- No, no, niente affatto, ho solo bisogno di un'informazione, nient'altro.-
Erica parve molto sollevata.
- Oh, certo, scusate è un brutto periodo. Venite, viviamo al piano di sopra.-
Annabeth la seguì nel retro bottega dove altre quattro sarte stavano cucendo dei vestiti e chiacchierando tra loro del più e del meno. Erano tutte Sapiens e non parvero fare caso al loro passaggio.
Salirono una stretta scala a chiocciola e raggiunsero il piano superiore: oltre una porticina di legno si apriva un grazioso e spazioso appartamento arredato in stile rustico. Superato il piccolo ingresso c'era una grande sala con un ampio tavolo da pranzo in betulla e seduto al tavolo un uomo intento a scrivere qualcosa al computer.
- Ronald, c'è una donna che vuole parlare con te, non è per quella faccenda.- l'annunciò Erica.
L'uomo sollevo la testa e si alzò in piedi per accogliere l'ospite.
- Salve, benvenuta nella nostra dimora. Cosa posso fare per voi?-
Annabeth gli strinse la mano.
- Salve, sono stata mandata da un'amico per un'informazione.-
- Ditemi, ma non restate in piedi, accomodatevi.-
La ragazza si sedette al tavolo mentre Erica si congedava per tornare al suo lavoro.
- Un'amica sostiene che voi potreste mettermi in contatto con Lady Astrid Finnegan, è un'informazione corretta?-
L'uomo sospirò mortificato.
- Temo di no.- fece una breve pausa - Però...-
Si alzò e andò a prendere l'elenco del telefono e un bloc-notes. Cercò velocemente un nome poi prese una penna e tornò a sedersi davanti ad Annabeth.
- Ecco, ve lo scrivo: dovete cercare Iris Johnson. L'indirizzo è Piazza dei Caduti numero 6. È un negozio di bambole, si trova a Peachtown a un cento chilometri a nord della città. Lei saprà di certo aiutarvi.-
La ragazza prese il foglietto che le veniva porto.
- Grazie mille, siete stato molto gentile.-
- Oh, figuratevi, se non ci si aiuta tra noi...-
Annabeth si alzò.
- Ora vi devo salutare, ma vi devo un favore. Se aveste bisogno di qualsiasi cosa chiedete pure di me: mi chiamo Annabeth Roth. Cercatemi pure per qualsiasi necessità.-
Gli occhi dell'uomo si allargarono per lo stupore.
- Lady Roth, perdonatemi, io non sapevo...-
- Perdonarvi per cosa? Siete stato gentilissimo, vi sono debitrice.-
Dopo di che salutò Ronald ancora inebetito per la scoperta e imboccò le scale per uscire.
Nel passare dal retro saluto con un cenno anche la moglie dell'uomo.
Solo quando fu fuori dal negozio si concesse un sospiro rassegnato: doveva trovarsi uno pseudonimo.
Rifece la strada al contrario per tornare alla metropolitana. L'aria continuava a essere irrespirabile, ma almeno la folla era un po' diminuita.
Scese i gradini per raggiungere la banchina della stazione sotterranea. Prima del prossimo treno ci sarebbero voluti una decina di minuti, ma poi sarebbe potuta tornare da Vince. Non le piaceva doverlo lasciare solo, ma non poteva portarlo con se in quella ricerca, almeno non ora che era ancora così inesperto di quel mondo.
D'un tratto sentì un rumore di lotta: di scatto si voltò e vide due uomini strattonarsi. Fece un paio di passi avanti quando sentì arrivare la metropolitana. Stava già rallentando quando un dei due uomini tirò fuori un coltello. Annabeth fece per intervenire, ma esitò quel tanto che bastava perché l'altro afferrasse l'avversario armato e lo scaraventasse in mezzo alle rotaie.
Uno spruzzo di sangue e carne macellata investirono la ragazza e il sopravvissuto.
Lei sospirò: tra la rimozione del corpo e l'interrogatorio della polizia le ci sarebbero volute ore prima di tornare a casa.

Il campanello suonò facendo sussultare Vincent.
Il giovane posò la ciotola per terra lasciando che fosse Sir Nicolas a decidere di chi fosse il turno per mangiare. Si diresse verso l'ingresso chiedendosi chi potesse essere e se doveva preoccuparsi visto che erano da poco passate le sette e Anna non era ancora tornata.
Con cautela aprì la porta e si ritrovò di fronte gli enormi occhi penetranti di Beatrix.
- Annabeth farà tardi.- disse - Nel frattempo avrò cura di tenerti compagnia.-

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