Intorno a Elia persone troppo assonnate per poter svolgere qualsiasi azione oltre al tenere aperte le palpebre occupavano gli sgangherati sedili del vagone.
Era un quadro variegato di umanità: lavoratori strappati al sonno per andare a guadagnarsi il pane, ragazzi ubriachi di ritorno da una festa che li aveva lasciati con un terribile mal di testa e incrostazione di vomito sui vestiti, barboni che non avevano altro posto dove soggiornare se non quel lercio vagone.
Tutto sembrava come l'aveva lasciato il giorno prima, ma lui sentiva che tutto era completamente diverso: gli sgradevoli odori di sudore, urina, sporco, marcio che fino ad allora avevano danzato nel suo naso intrecciandosi e fondendosi, ora arrivavano alle sue narici netti, distinti e con loro sensazioni nuove. Gli sarebbe sembrato assurdo fino a meno di ventiquattro ore prima e anche in qual momento faceva fatica ad adattarsi, ma era così reale da non poter fare semplicemente finta di nulla: nella densa, stantia aria del vagone poteva ora distinguere l'odore della pelle di ciascun singolo individuo e non solo l'odore che aveva addosso, proprio l'olezzo peculiare emanato dal corpo.
Non era tutto: non solo il suo naso si era fatti più fine, ma anche il suo udito era migliorato. Ora poteva udire il battito del cuore di tutti i passeggeri semplicemente concentrandosi leggermente, lo scricchiolare delle giunture del vecchietto in piedi davanti a lui, il rumore dell'aria che usciva e entrava nei polmoni.
Aveva i brividi: il mondo era stato per lui sempre fonte di stupore e oggetto della sua piena attenzione, ma adesso gli strumenti con i quali lo stava esplorando erano così acuti che gli consentivano di apprezzare ogni più piccolo particolare di quella vita tutta nuova che gli era stata donata.
- Siamo quasi arrivati.-
La voce di Anna lo strappò ai suoi pensieri.
Da quando avevano lasciato la casa dei fratelli Swift avevano parlato molto poco ed Elia aveva compreso che la ragazza doveva essere piuttosto stanza.
Durante il tragitto il metropolitana l'aveva vista chiudere gli occhi un paio di volte, ma non si era mai addormentata.
- Abbiamo diverse cose da fare prima della fine della giornata.- continuò - Quando abbiamo lasciato Sigmund e Beatrix ho mandato un messaggio a un amico chiedendogli di svuotare casa tua. Porteremo via tutto e poi faremo una selezione. Temo di doverti informare che dovremo buttare i tuoi vestiti e le scarpe, la comunità esige determinati canoni per l'abbigliamento.-
- Ok, non c'è problema.- rispose lui.
- Dovrò anche sistemarti i capelli. Potresti farli crescere, ma prima è meglio dar loro un taglio più consono.-
- Va bene, sono nelle tue mani.-
Anna gli sorrise appena lievemente. Apprezzava la collaborazione del ragazzo.
- Entro questa sera dobbiamo andare in banca e chiudere il tuo conto. Domani o dopodomani faremo un salto in Municipio per regolamentare la tua esistenza.-
Elia lanciò uno sguardo in giro.
Le persone attorno a loro parevano del tutto assorte nelle loro faccende per accorgersi di loro, ma questo non significava che non stessero ascoltando.
- Non hai paura che qualcuno ti senta?-
Lei gli rivolse un largo sorriso ammiccante.
- Nessuno ci sta ascoltando. Sto facendo in modo che queste persone intorno a noi semplicemente non abbiano alcun desiderio di interessarsi ai nostri discorsi.-
Lui aggrottò le sopracciglia.
- Come fai?-
- Ricordi? Abbiamo delle abilità particolari. Esse differiscono un poco a seconda della razza di Vampiro. Nel mio caso sono uno psichico spurio e tra le mie facoltà c'è il controllo della mente.- sospirò - È un discorso lungo e vorrei spiegarti meglio, ma ora non è il momento, prometto di chiarirmi appena possibile.-
La metropolitana si fermò.
Insieme a un un esiguo gruppo di persone stordite dal sonno si avviarono fuori dalla porta scorrevole e poi su per i gradini della metro.
La città che li attendeva all'esterno era fredda e umida. Un fastidioso vento denso di gas di scarico e polvere investiva a raffiche gli indaffarati passanti che scorrevano sul marciapiede con la testa china e le mani nelle tasche.
Si incamminarono verso la zona ovest: era un quartiere antico con molti palazzi fatiscenti, ma alcuni di essi erano stati ristrutturati e gli appartamenti venduti o affittati a caro prezzo. Era una delle zone più vecchie della città, forse non delle più alla moda, i giovani scansavano quel genere di posti, ma godeva ancora di un certo prestigio.
Lungo il cammino Elia osservava Anna con ammirazione: nonostante la stanchezza si muoveva con indifferente disinvoltura, come se nulla di quello che le accadeva attorno potesse turbarla in alcun modo.
Al contrario lui si sentiva infastidito da tutto: il rumore dei clacson delle auto o del rombo del motore delle moto, il tanfo di fogna che saliva dai tombini scoperchiati dalla pioggia, la forte luci dei fanali che squarciavano il buio della mattinata autunnale. Si sentiva come sopraffatto da tutto e se non fosse stato per il briciolo di orgoglio che ancora gli restava si sarebbe aggrappato al braccio della sua Maestra supplicandola di portarlo lontano dalla confusione.
Anna si voltò verso di lui e sorrise.
Era stanca, poteva leggerglielo negli occhi eppure cercava di non darlo a vedere.
- Siamo quasi arrivati.- disse.
Non aveva mentito.
Meno di cinque minuti dopo arrivarono davanti all'imponente portone di uno splendido e gigantesco palazzo in stile liberty. Sembrava essere stato recentemente ristrutturato pur conservando tutte le finiture originali: Elia non poté fare a meno di chiedersi quando potesse costare un appartamento.
Anna prese le chiavi dalla tasca e aprì il pesante portone. All'interno il palazzo era magnifico come all'esterno. Non assomigliava per nulla allo stabile in cui lui aveva dimorato fino al giorno prima, pieno di crepe, scritte di vandali e vetri rotti di finestre e bottiglie.
Con sua sorpresa c'era anche un ascensore funzionante, sicuramente installato dopo la costruzione del palazzo; da lui era rotto do mesi e anche quando funzionava nessuno ci entrava mai a causa della puzza di piscio e vomito che soffocava chiunque osasse mettervi piede.
Sempre in silenzio salirono fino all'ultimo piano, una salita tranquilla e regolare, nessuno scossone o accelerazione improvvisa.
-ultimo piano.- disse la ragazza quando la cabina si fermò.
Uscirono dall'ascensore e lei infilò la chiave nella toppa della porta.
- Preparati.- disse.
La serratura scattò e i due si ritrovarono nell'ingresso, un piccolo e accogliente disimpegno.
Elia ci mise un paio di secondi prima di capire cosa intendesse Anna; lì per lì quello che si trovò davanti fu solo un piccolo corridoio verniciato da poco con un paio di mobili semplici e di gusto, anche se dal sapore un po' retrò.
Poi arrivarono.
Prima sbucarono fuori un paio di gattini di non più di due mesi da sotto la cassettiera all'ingresso, poi arrivarono trotterellando due gatte da una stanza sulla sinistra, una siamese e una sphynx, dopo di che un grosso birmano saltò sulla cassettiera raggiunto da un gatto tutto nero come il petrolio. E quella fu solo la prima mandata, perché a loro seguirono altri sette o otto gatti. L'ultima ad arrivare fu una gattina incinta con le orecchie piegate.
- Ehm, quanti gatti hai detto di avere?- chiese Elia in difficoltà.
- Ventisette.- rispose lei prendendo in braccio la gattina nuda che le si stava strusciando contro le gambe - Ma stanno per diventare trentuno.-
Il ragazzo si guardò attorno.
C'era qualcosa di strano, era più che una sensazione, ma ancora non capiva cosa.
- L'odore.- disse lei - Non c'è puzza di gatto. Vorrei spiegartelo, ma ora sono stanca e immagino lo sia pure tu.-
Elia annuì.
- Vieni.- disse lei - Ti mostro la tua stanza.-
Percorsero il piccolo corridoio lasciandosi sulla sinistra la stanza dalla quale erano uscite le gattine e sulla destra un'ampio salone che Elia intravide appena. Svoltarono a sinistra superando un'altra piccola stanza chiusa e arrivarono di fronte a una porta in fondo al corridoio.
Una volta aperta si ritrovarono in una bella stanza ampia, arredata con un letto a una piazza e mezzo, un grande armadio a parete che nel centro si sollevava a ponte per ospitare un piccolo scrittoio, due piccoli comodini e una capiente cassettiera.
Sulla parete a destra si apriva una porta a vetri dotata di belle tende di seta, la quele si apriva su una grande terrazza, mentre sulla parete di fronte al letto, nello spazio lasciato libero dall'armadio, c'era una porticina che dava su un piccolo bagno.
- È enorme.- sussurrò Elia.
- Perché non hai visto la mia.- rispose lei.
Si diresse fuori dalla porta e si fermò un attimo sulla soglia.
- Ora cerca di riposare. Al tuo risveglio ti farò fare un giro della casa e risponderò a tutte le tue domande. E dovremo anche parlare di un paio di cose inerenti alla nostra gita in Municipio. Buon riposo.-
- Anche a te.- rispose lui mentre lei chiudeva la porta.
Si tolse i vestiti e si infilò sotto le lenzuola.
Il materasso era soffice e il cuscino di piume sembrava una morbida nuvola sotto la sua testa.
Le palpebre calarono pesanti sopra i suoi occhi e in pochi secondi un profondo sonno ristoratore lo strappò al sorgere delle prime luci dell'alba.
Quando i suoi occhi si aprirono gli ci volle un po' prima di ricordare cosa gli era successo.
Intanto dovette realizzare che quella non era casa sua e non gli ci volle molto. Poi dovette capire perché non era a casa sua e dove fosse finito.
Quando anche quei tasselli andarono al loro posto si alzò a sedere sul letto per fare il punto della situazione.
Fu in quel momento che fece un salto sul letto.
Tutto attorno a lui si era radunata una decina di gatti, addormentati in varie posizioni sul letto p sul cuscino accanto al suo. Un paio erano svegli e si stavano accuratamente leccando e non parvero fare molto caso al fatto che lui si fosse svegliato.
- Ma cosa dia...?-
- Perdonami, ho scordato di avvertirti che tutte le stanze hanno la gattaiola e avrei anche dovuto pensare che non ci avessi fatto caso.-
Questa volta il salto Elia lo fece davvero.
Anna era appoggiata alla parete dietro di lui così che non l'aveva notata subito.
- Per favore, non farlo...- commentò.
- Perdonami ancora, aspettavo che ti svegliassi.-
In braccio aveva una grossa gatta con le orecchie piegate, una scottish fold forse, con un'enorme pancia: Elia intuì che dovesse essere incinta.
- Lei è Juno.- disse Anna - La sphinx che sta dormendo sotto le tue coperte si chiama Bastet, mentre quella siamesina lì è Minerva, la mammina di casa. Il grosso birmano è Sir Nicolas, lui si occupa degli altri insieme a Minerva soprattutto quando non ci sono. Il cucciolo nero è Thor, mentre il suo fratellino argentato è Loky, non farti fregare dal suo adorabile musino, è tremendo. Il ragdoll è una femmina e si chiama Estrer (leggesi Ishtar) mentre il maschietto nero è Krono. La cucciolotta di persiano in fondo al letto è Shiva, mentre il piccoletto rossiccio è Ares.- rimase un attimo pensosa a riflettere - Ne mancano altri 17, ma non so di preciso dove siano adesso, comunque pian piano lo conoscerai tutti.-
Elia si sentì osservato. Aveva venti occhi felini addosso.
- Sono molto tranquilli.- osservò non trovando altro da dire.
- Ognuno ha il suo carattere, ma sì, per essere dei gatti lo sono. La verità è che hanno un legame psichico con me, così che con il tempo la loro mente si è modellata assomigliando più a quella umana che a quella felina. E qui il trucco dell'odore: usano il bagno. Questo fa ridere molto i miei ospiti, ma è molto comodo per me.-
Il ragazzo la fissò qualche secondo cercando di restare serio, poi scoppiò a ridere.
- Davvero? Usano il bagno?-
Anche Anna ridacchiò.
- Sì. E non immagini quanto sia comodo.-
Ciò detto si avviò fuori dalla stanza.
- Vestiti, ti faccio fare un giro.-
Appena chiuse la porta Elia saltò fuori dal letto.
Fece un veloce salto in bagno a svuotare la vescica, poi si rivestì e la raggiunse nel corridoio.
- Benvenuto nella mia dimora.- lo accolse lei che dopo il meritato riposo sembrava aver recuperato tutte le sue energie - Qui sulla sinistra abbiamo il bagno.-
Indicò una piccola porta lungo il corridoio.
- Qui sulla destra abbiamo invece lo studio. Cioè, era uno studio, in realtà ci tendo le cose per i gatti, soprattutto per i cuccioli che non sono ancora stati adeguatamente condizionati dalla connessione psichica.-
Svoltò sulla sinistra dove si apriva un'enorme salone con cucina.
- Qui c'è il salone. Gli ultimi inquilini l'hanno ristrutturato abbattendo la parete che lo separava dalla cucina e sostituendola con un'isola. Non sono ancora sicura che mi piaccia, ma hanno anche istallato l'aria condizionata, quindi li perdono.-
Un'arco separava il salone da una piccola sala da pranzo secondaria che lei gli mostrò senza commentare oltre. Da lì ritornarono su un altro corridoio.
Sulla sinistra c'è la lavanderia, mentre da quella porta a vetri si accede alla terrazza. La porta in fondo invece dà su un'altra camera, mentre la porticina appena prima è solo uno sgabuzzino.-
- Questo appartamento è gigantesco.-
Lei gli sorrise.
- E non sai che in realtà posseggo tutto lo stabile. Ma lo affitto interamente ai Sapiens. Quando vivi molto a lungo puoi fidarti solo dell'oro e degli immobili quando fai un investimento.-
Svoltarono a sinistra.
- A sinistra c'è il bagno grande con vasca e subito dopo c'è un'altra camera. Invece la porta sulla sinistra porta alla mia stanza.- fece una breve pausa - Non ti go messo dall'altra parte della casa perché non ti voglio intorno, è che sono le uniche due stanze con bagno e siccome capita spesso di avere ospiti ho pensato che sarebbe stato più comodo.-
- Lo è, ti ringrazio molto. Hai una casa bellissima.-
Elia era sinceramente ammirato. La casa era molto bella, sapientemente arredata in stile retrò e rifinita con semplice eleganza e gusto nei colori e negli accessori. Pulita ed essenziale, sembrava una di quelle case che si trovano sulle riviste.
Anna lo guidò in salotto e lo fece accomodare su uno sgabello davanti all'isola.
Aveva preparato qualcosa da mangiare, stuzzichini più che altro, mettendo insieme quel poco che aveva in casa. Lui lo apprezzò molto.
- Tra poco dobbiamo uscire.- disse lei - Dobbiamo chiudere il conto e vedere qual mio amico che ha svuotato il tuo appartamento. Domani invece andremo in municipio.- tirò fuori dal cassetto un pacco di moduli - Li ho già compilati tutti, manca solo il tuo nuovo nome. Ho pensato a Caleb, Efram e Laurence. Ce n'è uno che ti piace?-
Lui si mordicchiò il labbro.
- In realtà no.-
- E Zacary?-
Lui scosse la testa imbarazzato: gli spiaceva fare il difficile, ma proprio non gli piaceva.
- Vincent?-
- Vincent sì, mi piace.- disse.
- E Vincent sia.- rispose lei scrivendolo sul modulo.
Uno dei gatti saltò in collo al ragazzo. Era bianco con le orecchie e una macchiolina tra gli occhi rossicce e aveva un occhio giallo e uno azzurro.
- Lui è Giano, non farti fregare, cerca sempre di fregarti il cibo dal piatto.-
Lui lo gratto dietro le orecchie facendo partire un concerto di fusa.
- Quindi ora mi chiamo Vincent.- disse pensoso.
- Esattamente. Vincent Roth.-
- Lui annuì.Vincent Roth, mi piace.-
Nessun commento:
Posta un commento