Sigmund alzò lo sguardo per accogliere il ritorno delle due ragazze.
Nel locale era sceso il silenzio, si udiva solo il lieve crepitio delle luce al neon e il lontano urlare del vento, appena percettibile in quel luogo.
- Ha smesso da meno di una decina di minuti.- annunciò senza perdere tempo - Dovresti avere un'oretta di tempo.-
Annabeth osservò la silenziosa porta di metallo pesante.
Non era sicura di cosa avrebbe dovuto dire o fare, non era certo così che aveva immaginato quella conversazione: aveva pensato di invitarlo a prendere un caffè, frequentarlo per un paio di settimane e poi una sera affrontare finalmente l'argomento in un luogo neutrale, per farlo sentire a proprio agio. Pensare ai se e ai ma tuttavia era inutile, l'unica cosa sensata era entrare lì dentro e prendere in mano la situazione.
Si aggiustò il cadavere sulla spalla con un mezza smorfia di fastidio, le stava comprimendo un nervo.
- Consigli?- chiese.
- Sii coincisa ed esaustiva...e soprattutto paziente.- rispose Beatrix - È spaventato e disorientato, non devi scordarlo.-
Annabeth annuì e la ragazza le passò la chiave della cella.
- Un'ultima cosa.- aggiunse la fanciulla - Una volta eliminato l'impossibile, quello che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità. Sir Arthur Conan Doyle.-
Lei le lanciò un'occhiata interrogativa, ma l'altra si voltò e dopo un lieve cenno con la mano sparì su per le scale.
Sospirò arresa e con cautela fece scattare la serratura.
Dentro la cella era buio, ma i suoi occhi non avevano alcun problema in mancanza di luce. L'aria era calda e stantia e si sentiva odore di sudore, sangue e urina.
Il ragazzo se ne stava rannicchiato in un angolo tremando in maniera visibile e sudando freddo, pallido come un lenzuolo.
Le tenne gli occhi puntati addosso quando lei chiuse la porta, ma si spostarono repentinamente sul cadavere nel momento in cui lo scaricò a terra.
- Ciao, ti ricordi di me?- chiese lei calma e misurata.
Lui si passò la lingua sulle labbra secche un paio di volte prima di riuscire a rispondere.
- È un cadavere quello?- gli tremava la voce.
- Quello?- domandò lei buttandoci un'occhiata di sfuggita - Sì, ma non preoccuparti, ne parleremo dopo, ora dobbiamo discutere di altro. Ti ricordi di me?-
Lui deglutì e annuì lentamente sforzandosi di staccare lo sguardo dal corpo morto riverso sul pavimento.
- S-sì. Sei Annabeth, la ragazza della metro.-
- Puoi chiamarmi Anna.- disse lei - Ti ricordi anche cosa è successo?-
- Sono stato...investito...da un'auto...perché non sono morto? Io...io sono pieno di sangue...ma...i miei vestiti sono tutti rotti...ma...ma io non...non ho ferite? Cosa sta succedendo?-
Annabeth sospirò e si appoggiò alla parete di fronte al ragazzo.
- Sto provando ad arrivarci, ma non è semplice. Cominciamo dalle cose facili: non hai fatto in tempo a dirmi come ti chiami.-
Sorrise, un sorriso caldo anche se leggero come una farfalla.
- Elia.- rispose lui.
- Bene. Elia, ciò che sto per dirti potrebbe non avere senso all'inizio ma...- aggrottò le sopracciglia - Una volta eliminato l'impossibile, quello che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità.-
Beatrix, cominciava a pensare che fosse sempre un passo avanti a lei. Era difficile fidarsi della sua parola tutto considerato, ma non era quello il luogo e il momento per perdersi in certe considerazioni.
Elia la fissava col terrore negli occhi aspettando una parola qualsiasi che lo aiutasse a stare meglio. Lei purtroppo poteva dargli solo altre dubbi.
- Questo ti suonerà assurdo, ma è la verità: io sono un Vampiro.-
Lui la guardò per qualche secondo cercando nella sua espressione qualcosa che indicasse che stava scherzando, ma non trovò nulla.
- Mi prendi in giro?-
- No.- rispose lei seria - Sei stato davvero investito da un'auto e tu stesso non puoi negare a te stesso questa verità, ne hai le prove addosso. Ma neanche ciò che è successo dopo è stato un sogno: il tuo corpo si stava arrendendo alla morte, ma io ti ho restituito la scintilla della vita, dopo di che il tuo organismo è mutato. Tutto quel dolore non era solo un brutto incubo, era reale: dapprima le tue ferite si sono aggiustate, poi i tuoi organi, le ossa, la tua intera fisiologia è mutata radicalmente. È un processo doloroso, ma non c'è altro modo.-
Elia scosse la testa, confuso e spaventato.
- No, no, no...quello che dici...non ha senso...non è possibile...- cercava di alzarsi, ma le gambe non lo reggevano.
- Lo è.- rispose lei - Avrei voluto avere modo di spiegartelo prima di farti mutare, volevo darti la possibilità di compiere una scelta, ma non ne ho avuto l'opportunità.-
- Deve essere uno scherzo...queste sono...cazzate...i vampiri non esistono.- insistette lui.
Annabeth sospirò. Si era immaginata che non sarebbe stata una cosa facile.
- È vero, non nell'eccezione in cui voi intendete, ma esistono in quanto...specie...o genere...sono sempre stata scarsa in tassonomia.- fece una breve pausa - So che sei spaventato e non riesci a credermi, ma puoi credere a te stesso. Io so cosa stai provando: la fame, il desiderio di nutrirti di qualcosa di caldo, liquido. È come una smania, un desiderio spasmodico e incontrollabile. E sai anche cosa l'ha risvegliato.-
La ragazza guardò il cadavere e poi il giovane, dritto negli occhi.
Lui deglutì.
- P-poniamo che tu stia dicendo la verità...cosa mi dice che tu...non mi abbia semplicemente drogato?-
Annabeth prese in seria considerazione l'idea di cominciare a sbattere ripetutamente la testa contro il muro, ma si ricordò in tempo che tanto lì dentro era tutto imbottito. I Cuccioli erano complicati, era per questo che non ne aveva mai voluti, ma ormai c'era e doveva tenere duro. Quella prima parte era maledettamente complicata, ma poi alla fine sarebbe stato come avere un gatto e non avrebbe neppure dovuto pulire alla lettiera.
- Non c'è luce qui dentro.- disse - E anche tu lo sai. È buio pesto e i tuoi occhi lo percepiscono chiaramente, ma ora dimmi: di che colore è il mio vestito.-
Lui aprì la bocca per parlare, ma non uscì alcun suono. Boccheggiò una decina di secondi buoni prima di riuscire a risponderle.
- Pesca.- rispose.
- Esatto. Ora mi credi?-
Elia annuì. Il suo petto si alzava e abbassava rapidamente e anche a quella distanza Annabeth poteva sentire il flebile battito del suo cuore farsi sempre più accelerato.
- Quindi sono morto?- chiese il ragazzo.
- No. Sei vivo. Come ti ho detto il concetto di vampiro che hanno i Sapiens...quelli che tu chiami umani, intendo...è piuttosto distorta. Ti spiegherò ogni cosa, ma ora devi nutrirti, non hai più sangue nelle vene e presto collasserai se non lo reintegri.-
Lui fissò il cadavere riverso al suolo.
- Con quello?-
- Sì. Non preoccuparti, non era una brava persona e anche se lo fosse stata ormai è già morto, non mangiarlo sarebbe solo uno spreco.-
- E io perché non lo sono?..hai detto che non ho più sangue...-
- Ora hai un efficace metabolismo anaerobio, purtroppo però le riserve energetiche all'interno delle singole cellule sono limitate e senza il sangue non puoi reintegrarlo. Quindi devi nutrirti.-
Elia boccheggiava.
- E sarà così per sempre? Dovrò uccidere per nutrirmi?- chiese senza staccare gli occhi dal morto.
Annabeth sospirò, la sua pazienza stava finendo nonostante i suoi sforzi per ricordarsi che il ragazzo era meno che un Cucciolo e totalmente nuovo a quel mondo.
Si sfilò uno stiletto dallo stivale e si accosto al corpo senza vita riverso sul pavimento.
- No, non sarebbe molto vantaggioso, trovi? Fare sparire un corpo di questi tempi è piuttosto complicato e decimare la popolazione non è conveniente, visto che ci dobbiamo nutrire spesso.-
Con un taglio netto aprì la gola del morto facendo uscire un fiotto di sangue, poi con un calcio lo tirò al Cucciolo.
- Ora mangia, ci sarà tempo dopo per le domande.-
Elia esitò solo un istante, poi la fame lo travolse.
Con foga si avventò sul corpo, affondando i denti nella ferita aperta. Succhiò avidamente tutto il sangue che poteva dal collo, poi cominciò a mordere le braccia, le gambe, il tronco con disperata ferocia fino a estrarre anche l'ultima goccia del prezioso liquido.
Annabeth lo osservava tranquilla, quasi intenerita. Il primo pasto di un cucciolo non era forse un bello spettacolo, ma era una dimostrazione del disperato attaccamento alla vita, di quel primitivo istinto di sopravvivenza che li teneva ancorati al loro passato bestiale. Ma c'era dell'altro: quella era una vita che nasceva, che si affacciava sul mondo e ci sia aggrappava con le unghie lottando disperatamente per prendersi un posto.
Lei non credeva più da troppo tempo nel futuro, per questo non aveva mai generato un Cucciolo, ma conoscere Elia l'aveva fatta ricredere, le aveva fatto sperare che ci fosse ancora qualcosa di buono nel mondo, quindi quella era una rinascita anche per lei.
Il ragazzo si staccò dalle membra macellata di quello che un tempo era stato un uomo, il sangue gli colava sul mento e gli aveva imbrattato la faccia e le mani.
- Meglio?- chiese Annabeth.
Lui annuì. Aveva smesso di tremare e sudare freddo, il suo battito cardiaco e il respiro si erano regolarizzati e perfino le sue guance avevano ripreso colore sotto la crosta di sangue. Stava bene, poteva percepire una nuova energia scorrere nel suo corpo, una sensazione calda come se sentisse che sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa.
- In futuro sarà più facile.- continuò lei - Quando sono vivi il cuore pompa direttamente il sangue fuori dal corpo e non serve fare del macello.-
- E non è necessario uccidere?- chiese lui.
- No. Nel momento in cui mordiamo rilasciamo un anti coagulante che ha una breve emivita a livello locale. Nel momento in cui rilasciamo la mascella invece rilasciamo un forte fattore di rimarginazione che chiude la ferita senza lasciare esiti. Basta imparare a fermarsi dopo il primo litro, il secondo nel caso di un uomo.-
Elia dondolò la testa avanti e indietro cercando di assimilare le informazioni.
- E non sono morto?- domandò ancora.
- Neanche. Non c'è nessuna maledizione che ti rende un Vampiro, è qualcosa di molto più scientifico. Circa 20'000 anni fa in un grosso villaggio di Sapiens ci fu un'epidemia virale. Il virus stermino il 98% della popolazione, ma quel 2% che sopravvisse integrò il virus nel suo DNA e mutò parzialmente. Alla seconda generazione i figli erano Vampiri a tutti gli effetti e il virus era mutato con loro, così che quando lo trasmettevano ai Sapiens questi anziché morire si trasformavano, anche se c'è ancora un piccola percentuale di mortalità. Il virus portò molti vantaggi che ti elencherò più avanti, ma anche alcuni svantaggi tra cui la necessità di assumere sangue dall'esterno e l'assenza di melanina nella cute. Quindi d'ora in poi dovrai usare la protezione solare quando esci di giorno.-
Fece una breve pausa per pensare a qualcosa di importante che doveva ancora dire.
- Ah, ovviamente il tuo DNA è stato modificato e così il tuo organismo, quindi qualsiasi patologia tu abbia mai avuto ora è risolta.-
Lui allargò gli occhi e si toccò il petto e il ventre.
- Quindi non devo più prendere le medicine...né fare la dialisi?-
- Già.-
- Ho una vita tutta nuova.- sussurrò.
Le lacrime cominciarono a scorrergli lungo le guance. Era libero, per la prima volta nella sua vita era totalmente e permanentemente libero.
Lei sorrise. C'era qualcosa di magnifico in quella scena.
- Scusa.- disse lui asciugandosi le guance col dorso delle mani - È solo...incredibile. Come potrò mai sdebitarmi?-
- Sono certa che troveremo un modo. D'ora in avanti passeremo molto tempo assieme.- prese fiato - In questo momento tu sei considerato un Cucciolo e io sono la tua Maestra, visto che ti ho trasformato. Questa condizione andrà avanti per un centinaio di anni e comporta vantaggi e svantaggi di cui parleremo. Per ora ti basti sapere che ti trasferirai da me per un po'.-
Elia annuì vigorosamente.
Non gli pareva vero: era contemporaneamente felicissimo, terrorizzato e confuso e la prospettiva di andare a vivere con quella donna così bella e al contempo inquietante lo affascinava.
Lei gli tese una mano.
- Andiamo? Ci sono delle persone che ti devo presentare.-
Lui prese la sua mano e si alzò.
La sua nuova vita iniziava fuori da quella stanza e non aveva neppure idea di dove si trovasse.
Anna aprì la porta e si fece da parte per farlo uscire.
La luce gli trafisse gli occhi e gli chi volle qualche minuto per riprendersi.
Quando finalmente riuscì a mettere a fuoco scoprì di trovarsi in una specie di scantinato di cemento. Ad accoglierlo c'erano l'uomo che Anna aveva incontrato alla fermata della metro e una ragazzina sui quindici anni che gli somigliava molto; aveva morbidi boccoli color platino e indossava un vestito verde di foggia vintage che in effetti era piuttosto appropriato per il suo aspetto.
Prima che potesse presentarsi la fanciulla fece un paio di passi verso di lui e gli sfiorò i capelli con la punta delle dita.
- Biondi, me lo immaginavo. Ma gli occhi sono una sorpresa, raramente si vedono sfumature di un viola così bello.-
Elia non seppe come reagire: lui aveva i capelli castani e pure piuttosto scuri e i suoi occhi erano color nocciola.
- Lo stai mettendo a disagio.- intervenne l'altro - Scusala, tende a essere poco opportuna talvolta.-
La ragazzina scoccò all'uomo un sguardo gelido, poi torno a focalizzare la sua attenzione su di lui.
- Il mio nome è Beatrix Swift e lui è mio fratello, Sigmund Swift.- fece un lievissimo inchino - Con il premesso di Annabeth ti offrirei un bagno caldo e dei vestiti puliti.-
Si voltò verso la ragazza per avere il suo consenso e quella annuì.
- Vieni, seguimi.-
Si avviò su per le scale in legno e lui la seguì ubbidiente.
Anche voi siete...insomma...- chiese esitante.
- Sì.- rispose lei - Non avere timore, sia io che mio fratello siamo stati cuccioli come te e sappiamo bene che non è facile accostarsi a questo nuovo mondo. Ad ogni modo sei molto fortunato: Annabeth sarà un'ottima Maestra per te.-
- Sì...credo.-
Beatrix gli rivolse un gentile, ma enigmatico sorriso.
Erano arrivati in un ampio disimpegno. Il cemento aveva fatto spazio al parquet e le mura spoglie a delle belle pareti color crema con graziosi quadretti di fiori essiccati alle pareti.
La fanciulla lo guidò verso una porta alla sua destra e l'aprì per farlo entrare.
Il grazioso bagno sui toni del bianco e del viola accoglieva un'ampia vasca già piena di acqua calda ed essenze alla lavanda. Sul poggiapiedi infondo a quella era posato un soffice accappatoio accuratamente piegato e sullo sgabello vicino al lavandino vestiti e biancheria profumata di ammorbidente e ben stirata.
- Fai pure con calma, non c'è alcuna fretta.- disse Beatrix e chiuse la porta.
Elia si guardò stordito attorno per qualche secondo prima di decidersi a spogliarsi.
Lasciò cadere i vestiti a terra consapevole che avrebbe dovuto buttare tutto, poi si avvicinò allo specchio. Era appannato, quindi dovette passarci sopra un asciugamano per potersi specchiare.
La sua immagine lo lasciò senza parole: il ragazzo riflesso era biondo cenere e aveva gli occhi di un azzurro chiaro con riflessi viola e glicine. Tutti i suoi nei erano scomparsi e anche il suo fisico era cambiato, era più asciutto, con muscoli più tonici.
Era incredibile, sapeva di essere lui, se stesso, ma allo stesso tempo gli pareva di avere davanti un'altra persona.
Aprì la bocca e si guardò i denti: all'apparenza sembravano normali, ma con un poco di concentrazione riuscì a far contrarre la mascella e i lunghi canini uscirono dall'osso di altri tre centimetri.
Era incredibile. Scosse un paio di volte la testa e si pizzicò il dorso della mano per essere certo di essere sveglio. Era difficile accettarlo, ma quello non era un sogno.
Lasciò perdere lo specchio e scivolò nella vasca. L'acqua era incredibilmente calda e piacevole.Si abbandonò allo sciabordio lento e chiuse gli occhio.
Era tutto vero, ogni cosa, ogni parola, tutto vero: le lacrime gli rigarono le guance e scoppiò a ridere.
Quello era il giorno più felice di tutta la sua vita.
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