venerdì 8 agosto 2014

Capitolo 7 - Incontri

- Arthur.-
Quel nome uscì dalla bocca di Annabeth gelida come lo sguardo che teneva fisso sull'uomo dai lineamenti affilati che li aveva accolti.
Vincent poteva percepire chiaramente la tensione che correva tra i due, la rabbia che percorreva ogni fibra del corpo della sua Maestra. Aveva l'impressione che stesse per succedere qualcosa di molto brutto.
Invece a dispetto delle sue aspettative la ragazza si limitò a porgere rigidamente i documenti all'uomo.
- Questi sono i moduli per la richiesta dei documenti.- sibilò.
Lui li prese rivolgendole un sorriso affabile quanto finto.
- Un cucciolo, chi l'avrebbe mai detto? Pare che tu sia parecchio cambiata dall'ultima volta che ci siamo visti.-
- Non immagini quanto.-
Arthur rivolse la sua attenzione a Vincent: i suoi occhi neri come il petrolio lo scrutarono dalla testa ai piedi.
- Vincent...cos'hai di così speciale per aver attirato la sua attenzione?-
Prima che potesse rispondere Annabeth lo prese per un braccio.
- Non rispondere.- disse.
- Perché tutto questo astio, mia cara? Pensavo fosse una persona nuova e più felice adesso.-
- Solo non averti visto per tutto questo tempo mi ha reso più felici. Piuttosto cosa ci fai qui? Non credo sia tu ad occuparti dei documenti, ti hanno retrocesso?-
L'uomo scese dalla scrivania e si sgranchì le spalle.
Indossava una specie di divisa dallo stampo antiquato, con grandi bottoni lavorati e finiture di pregio. Portava i lunghi capelli castani raccolti in una coda bassa, molto ordinati. Doveva essere un qualche tipo di ufficiale, ma non riconosceva il reparto.
- Affatto, mi hanno promosso, se sono qui è per sistemare i casini fatti dai miei sottoposti. Ma per te farò un eccezione e mi occuperò dei tuoi documenti personalmente.-
Fece un inchino e uscì dalla stanza.
- Chi diavolo è quel tipo?- bisbigliò Vincent, parlando più a se stesso che alla sua Maestra.
- Il mio ex-marito.- rispose lei rigidamente - Andiamo, abbiamo finito qui.-
Lui la seguì senza fiatare: non aveva parole per concretizzare tutte le domande che gli ronzavano in testa in quel momento.
Per la prima volta si rese conto di non sapere nulla di Anna, realizzò che lei aveva tre secoli alle spalle, tre secoli di cui lui non faceva parte. Era solo l'ultimo arrivato: certo era il suo primo cucciolo, ma quante persone aveva incontrato e affiancato, almeno per un periodo, nella sua lunghissima esistenza? Quante cose aveva visto, fatto, imparato in tutto quel tempo prima di incrociare la sua effimera vita?
Cominciava a realizzare che forse non avrebbe mai avuto risposte a quelle domande: la conosceva da appena due giorni, ma gli era già chiaro quanto fosse inespugnabile la corazza che si era costruita attorno.
- Dovrò insegnarti a cacciare.-
Vincent sussultò.
Come?-
- Dovrò insegnarti a cacciare.- ripeté lei con pazienza - Stasera dovrai nutrirti, in frigo ci sono delle sacche di sangue, ma per il futuro dovrai procurarti il cibo da solo in caso io non possa aiutarti. -
- Non sarà difficile, ti verrà istintivo, ma avrai bisogno di fare pratica. Magari domani sera.-
- Ok.-
Imboccarono una strada diversa rispetto all'andata, scesero in profondità camminando per diverse centinaia di metri e sbucarono sulla banchina opposta della stazione morta. Lì al contrario dello scenario che si aveva di fronte, c'era un'ampia panchina e una macchina automatica per i biglietti. Assomigliava decisamente di più a una stazione, ma era comunque piuttosto umida e malridotta.
Si sedettero aspettando la metropolitana.
Anna pareva turbata. Stava seduta con i gomiti sulle ginocchia e le dita delle mani intrecciate, il suo sguardo si perdeva da qualche parte sui binari, ma chissà cosa vedevano in realtà i suoi occhi.
- Va tutto bene?- chiese Vincent.
- No.- rispose lei con sincerità - Una bella persona è morta e una brutta persona continua a camminare su questo mondo. Uno pensa di essersi ormai abituato a come vanno le cosa, ma la verità è che non ci si abitua mai.-
Sul viso aveva un'espressione stanca e rammaricata.
D'un tratto come se le fosse venuto in mente qualcosa all'improvviso tirò fuori il cellulare e scrisse un messaggio di poche lettere. Il ragazzo la vide esitare un attimo prima di inviarlo, ma alla fine clikkò su invio e spense lo schermo.
Non disse nulla a Vincent così lui penso che fosse meglio non chiedere. Tuttavia cercò di trovare un modo per tirarla su parlando d'altro.
Allora, che mangiamo per pranzo?-
- Non so, ti va una pizza?- rispose lei prima di fare una mezza smorfia - O più che altro quello che qui chiamano pizza.-
- Perché? Non mi sembra la facciano così male da queste parti. Cioè, è meglio conoscere il locare per via degli standard di igiene, ma per il resto...-
Quel commento le strappò un sorriso.
- No, per gli standard americani non è male, ma io ho vissuto molti anni in Italia, è un'altra cosa.-
- Hai vissuto in Italia?- gli occhi del ragazzo brillarono di ammirazione - E com'è?-
- Dipende dal periodo storico. Ci sono stata tra il 1693 e il 1717, poi di nuovo tra il 1856 e il 1921 e poi dal 1998 al 2013. È una nazione piena di contraddizioni, ma è molto bella...ricca di storia. Anche se in generale l'Europa di per sé è meravigliosa.-
- Cavolo, mi sarebbe sempre piaciuto andare in Europa.- commentò estasiato.
- Ci andremo.- rispose lei con un sorriso - Non è più così complicato come un tempo.-
I fari della metro illuminarono i binari e il rumore dei freni si intromise nella conversazione ponendole bruscamente fine.
Le porte del vagone si aprirono sibilando e i due viaggiatori salirono sulla carrozza completamente vuota. Si accomodarono sui sedili imbottiti e scambiandosi parole di sollievo per la mancanza di calca.
Vincent fece per riaffrontare l'argomento viaggi in Europa, quando il telefono di Anna fece un trillo.
- Ti prende qua sotto?- chiese sorpreso.
- No, uso il wi-fi della Comunità, copre tutta l'area sotterranea.-
Tirò fuori il telefono e lesse il messaggio.
Con lieve esitazione clikkò su rispondi mordicchiandosi il labbro inferiore, digitò un paio di lettere e inviò.
- Temo dovrai pranzare da solo.- disse - In frizzer c'è qualcosa di pronto da scongelare.-
Prese una coppia di chiavi e glie le passò.
- È la tua copia, l'ho fatta ieri, vai a casa e aspettami lì. È meglio che non gironzoli troppo da solo, potresti incontrare qualcuno di noi, anche se non è molto probabile.-
- Va bene.-
La metro rallento e Anna si alzò in piedi.
- Scendo qui, buon rientro.-
Gli sorrise.
- Buon pranzo.- rispose lui.
Le porte del vagone si aprirono e la ragazza scese sulla banchina.
I suoi capelli rossi furono l'ultima cosa che Vincent vide attraverso il finestrino mentre il treno riprendeva la sua corsa.

- Hai fatto presto.-
Beatrix chiuse il libro e lo posò sulle ginocchia.
Anna si sedette sulla panchina accanto a lei.
- Mi dispiace per Margaret.- disse - Non ne ero a conoscenza.-
- Sei stata a lungo fuori dalla Comunità e lontana da noi, la cosa non mi sorprende.- rispose l'altra con un velo di tristezza nella voce.
- Qual era la condanna?-
- Cospirazione, tradimento...e qualcos'altro, non ricordo neanche più. Non lo voglio ricordare.-
- Decapitazione?-
- Dissanguamento; l'ha scelto lei, le è stato concesso per via del prestigio del suo nome.-
- Chi ha eseguito la condanna?-
- Io.-
Scese il silenzio.
Per una manciata di interminabili secondi nessuna delle due osò parlare, poi Beatrix dovette intuire cosa stava passando per la testa di Annabeth, così riprese il racconto.
- Fu il suo ultimo desiderio, morire tra le mie braccia. Mi ha spezzato il cuore: sai quanto l'amavo e una parte di me se n'è andata con lei. Tutti dicono che dopo un po' va meglio, il dolore si attenua e rimangono solo i bei ricordi, ma non è stato così. Ma credo che questo tu lo sappia bene.-
- È vero, anche se Margaret era tua moglie mentre Eloise...-
- Lo so. Ma è anche per questo che mi sono rivolta a te. Nessuno meglio di noi sa che c'è del marcio nella Comunità.
- L'Amleto?-
Beatrix la guardò perplessa.
- Sì, ma non era intenzionale. Comunque; ho il tuo appoggio?-
Annabeth la guardò dritta negli occhi; ora non aveva più dubbi riguardo alla sua sincerità e neanche riguardo alle proprie intenzione. Era stanca di scappare, di rimanere a guardare senza fare nulla, voleva sapere cosa stava consumando la loro società da più di tre secoli.
- Cosa devo fare?- chiese.
La sua interlocutrice le passò un segnalibro di carta contenuto in un rivestimento di plastica.
- C'è un nome lì dentro. È tutto quello che sono riuscita a trovare per ora, purtroppo i miei contatti sono molto intimoriti dal giro di vite che la Guardi ha dato dopo che Arthur ne è diventato il capo.
- L'ho incontrato oggi.-
- Immagino la gioia.- rispose Beatrix con sarcastico disprezzo.
Annabeth scrollò le spalle.
- Parliamo d'altro: cosa devo cercare?- disse.
- Scopri dove vive e vai a parlargli. È in qualche modo legato a Lady Astrid e dovrebbe almeno fornirci delle informazioni per rintracciare qualcuno che sappia dove si trova.
- Pensi abbia qualche risposta per noi?
Beatrix sospirò e si stinse nelle spalle.
- Non lo so, ma è sparita in contemporanea alla morte di Margaret e non posso fare a meno di pensare che le due cose siano collegate. Magari aveva scoperto qualcosa che non avrebbe dovuto scoprire ed è scappata prima di fare la fine di mia moglie.-
Annabeth ci pensò un po' su. Quel ragionamento non era sbagliato, d'altro canto Lady Astrid si era sempre battuta per idee molto poco popolari all'interno della comunità.
- Speriamo ci porti a qualcosa.- commentò infine.
- Giusto. Anche se temo che le risposte che troveremo potrebbero non piacerci affatto, ma d'altro canto è molto peggio rimanere all'oscuro. Non sei d'accordo?-
- Sì, indubbiamente.-
Beatrix si alzò elegantemente facendo frusciare la gonna ricamata.
Sembrava una graziosa bambolina invernale con quel vestito color ghiaccio.
- Bene, allora aspetto tue notizie.-
- Aspetta...- la fermò Annabeth - Sai se Sigmund è libero domani sera?-
- Non lo è. Questa settimana ha il turno di notte.-
La ragazza si stupì che le parole che le stavano per uscire dalla bocca venissero proprio da lei.
- Devo insegnare al cucciolo a cacciare. Vuoi venire?-
Un enigmatico sorriso distese le labbra di Beatrix.
- Con piacere.-
Con un cenno della mano si congedò e si allontanò con tutta calma sparendo dietro gli alberi del parco.
Annabeth rimase seduta sulla panchina ancora un po'.
L'isola verde dove si erano incontrate brulicava di bambini inseguiti da genitori sconvolti e giovani coppie intente ad amoreggiare con foga.
Lei trovava tutto quello sfoggio di saliva in pubblico quantomeno inappropriato, anche se personalmente avrebbe detto piuttosto disgustoso.
Chiuse gli occhi per non dover guardare e poter godere dell'aria puliti di quel ritaglio di pace in mezzo al frenetico traffico della città.
Il vento fece frusciare le foglie degli alberi.
Si era messa in un bel casino, se la faccenda si fosse fatta più complicata o se avessero finito per scoprire qualcosa di pericoloso, la Comunità avrebbe anche potuto condannarle entrambe a morte senza farsi troppi scrupoli. E anche i loro Cuccioli avrebbero potuto essere in pericolo.
Si passò le dita tra i capelli.
Forse non era stata un'idea geniale scegliere proprio quel momento per diventare una Maestra...o forse non era stata un'idea geniale accettare la collaborazione con Beatrix, ma come lei sapeva che c'era qualcosa di marcio nella comunità e da molto tempo e non voleva che il suo Cucciolo crescesse in un ambiente dove poteva rischiare la vita da un momento all'altro senza nessuna ragione concreta.
Si alzò e si avviò verso la metropolitana: non era il caso di lasciare Vincent da solo troppo a lungo.

Loki salto sulla stomaco di Vincent e zampettò fino alla sua faccia senza curarsi del fatto che l'umano non gradisse molto le sue zampe sulla gola. Protese il musino verso il suo naso e lo annusò con interesse prima di cominciare a strusciarsi.
Il ragazzo gli mise le mani sotto le ascelle e lo sollevò sopra di sé.
Il gatto di tutta risposta gli la ciò un'occhiata perplessa e se ne rimase calmo a guardarlo con curiosità.
Quelle bestie erano strane: Vincent ne era ogni secondo più convinto. Sapeva bene che alcuni gatti erano molto affettuosi e discreti, ma quelli facevano quasi paura.
Quando era rientrato all'ora di ora pranzo aveva fatto una capatina in bagno e aveva trovato il grosso birmano di cui non ricordava il nome sulla tazza del water, il quale gli aveva anche lanciato un'occhiata scocciata. Si era preso tutto il tempo per fare i suoi bisogni e poi se ne era andato con regale portamento. Per fortuna non aveva tirato l'acqua, sennò avrebbe cercato sull'elenco il numero di un buon analista.
Si mise a sedere e collocò il micino argentato sulla sua spalla. Loki tastò il terreno facendo un po' la pasta e gorgogliando un accendo di fusa, poi si accomodò nella posizione che ritenne più comoda e chiuse gli occhi.
Vincent decise che avrebbe chiesto ad Anna di spiegargli meglio la faccenda del campo psichico, ma poi gli vennero in mente così tante altre domande che si decise a prendere un quadernino e annotarle, aggiungendo a fianco di ciascuna un punteggio da uno a tre per indicare l'urgenza della risposta.
In tutto questo il gattino non si mosse dalla sua spalla: lo artigliò solo un paio di volte quando ritenne che il suo letto umano si stesse muovendo troppo.
Stava cominciando a chiedersi se fosse il caso di coricarlo da qualche parte dove non rischiasse di cadere per un suo movimento sbagliato, quando la bestiola tirò su la testa di scatto e aprì gli occhi.
Per un momento si chiese cosa avesse udito, ma poi anche lui lo senti: il portone che si chiudeva, quei passi su per le scale. Anna era tornata.
Non fece in tempo a formulare quel pensiero che un esercito di gatti si andò a sedere davanti alla porta in attesa.
Anna entrò nell'appartamento e si chinò a prendere il braccio Bastet.
- Ciao, Vince, tutto bene in casa?-
Lui si tolse Loki dalla spalla e lo mise a terra.
- Sì, tutto a posto, i felini mi hanno tenuto occupato.-
Lei sorrise.
- Mi spiace averti abbandonato, ma dovevo vedere Beatrix, domani ci accompagnerà a caccia.-
- Oh, ok.-
Doveva aver fatto una faccia stana perché Anna sospirò.
- Lo so, è un po' strana, ma è stata un'insegnante in passato in una scuola per Vampiri. Potrà esserci utile la sua compagnia, anche perché è stata un Cucciolo, ti capisce meglio di me.-
Vincent non seppe che replicare.
Si sentiva un po' a disagio davanti a lei: era così graziosa da sembrare quasi finta, l'aspetto di un sedicenne e la mente di una creatura secolare. Solo il concetto gli faceva accapponare la pelle.
- Lo so, ma non è colpa sua. I trasformati restano congelati all'età in cui mutano e questo è il principale motivo per cui cerchiamo di evitare di trasformare i bambini.-
Lui si guardò intorno sorpreso.
- Ma come...?-
- Lettura del pensiero Maestro - Cucciolo. Comunque non ti preoccupare, le dirò di essere cortese e per farmi perdonare stasera ti porto fuori.-
- Dove andiamo?-
- Nel tuo primo locale per Vampiri.-

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