giovedì 30 ottobre 2014

Capitolo 14 - Incontri Inattesi

Vincent si stiracchiò nel letto, svegliato dal profumo del caffè che proveniva dalla cucina.
Sentendolo muovere, Sequana si catapultò fuori dal bagno andando a strofinare il muso contro quello del ragazzo.
Il giovane sorrise grattando la gattina dietro le orecchie e sotto al collo: era diventato una sorta di rito mattutino. Non gli dava affatto fastidio, anzi, lo aiutava a riprendersi dal torpore del sonno.
D'un tratto Sir Nicolas saltò sul letto svegliando la pigra Ester [*leggesi Ishtar] accoccolata ai piedi del ragazzo.
- Va bene, va bene, mi alzo.-
Vincent si alzò e andò a prepararsi in bagno.
Sir Nicolas era il direttore di casa, ormai gli era chiaro. La mattina era lui a tirarlo giù dal letto, se si attardava troppo, e durante la giornata era sempre lui a ricordargli in modo più o meno sottile quello che doveva fare.
Si tolse la maglietta e ne mise una pulita, ma tenne i pantaloni del pigiama, visto che probabilmente se ne sarebbe rimasto in casa; Anna sarebbe uscita da un momento all'altro e Beatrix aveva delle faccende di cui occuparsi, così lui avrebbe passato la giornata a mettere insieme idee e progetti per il compleanno della sua Maestra.

sabato 18 ottobre 2014

Capitolo 13 - Progetti

L'acqua scrosciava dal cielo in un impeto furioso. Il rumore assordante della pioggia copriva qualsiasi suono attorno a lei rendendole più difficile la fuga. Era come un muro compatto e instancabile che si abbatteva sulla ragazza senza darle tregua, impregnandole i vesti fino alla nuda pelle e poi ancora dentro, fino alle ossa.
La luce di un lampo per un istante squarciò l'innaturale oscurità portata dalle pesanti nubi nere e da quella spessa cappa di pioggia martellante.
Margie scivolò sul cemento bagnato e sbatté la spalla contro il container di metallo proprio nel momento in cui il rombo del tuono mandava in frantumi la grigia aria attorno a lei.
Le gambe le facevano così male che a stento riuscivano ancora a sorreggerla, ma non si fermò neanche il tempo di riprender fiato, non se lo poteva permettere.
Da qualche parte alle sue spalle percepì il suono di parole spezzate, troppo lontano e troppo attutite perché potesse coglierne il senso. Accelerò.

giovedì 16 ottobre 2014

Capitolo 12 - Lezioni di Caccia

Beatrix si teneva sospesa con le braccia tese sopra lo schienale della panchina, dondolando appena le gambe mentre i suoi grandi occhi indagatori scrutavano la piazza.
Annabeth seduta accanto a lei le lanciò una rapida occhiata prima di ruotare la testa per far scrocchiare il collo; ora sentiva anche lei quel pizzicorino dietro la nuca, quella sensazione di sguardi pungenti che attraversavano quella notte luminosa nascosti in mezzo a una folla di persone qualunque.
Ricordava bene di aver provato lo stesso fastidio pochi giorni prima, quando aveva trasformato Vince. Quella notte attraverso la pioggia aveva intuito figure silenziose muoversi circospette attorno a lei e aveva creduto che i loro occhi fossero per lei. Ma adesso si chiedeva se tutta quell'attenzione non fosse invece rivolta a Sigmund o piuttosto al fratello di Beatrix e che fosse lei il reale oggetto del loro interesse.
Si voltò verso Vince, seduto alla sua sinistra, un po' piegato in avanti con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la gamba destra che traballava per l'evidente nervosismo.
Annabeth sorrise appena teneramente nel guardarlo fissare i passanti teso per la paura di fare del male involontariamente alla persona sbagliata; lui non percepiva quello sguardo insistente che li controllava da lontano, era ignaro e indifeso ed era suo compito fare in modo che rimanesse al sicuro.

- Esistono diversi approcci alla caccia.-
La voce di Beatrix spezzò il silenzio teso che si era creato.
- Per le donne è più facile: appariamo per natura più fragili e indifese e possiamo sfruttare il nostro fascino per isolare un Sapiens di sesso maschile e nutrirci. In realtà questa tecnica è utilizzabile anche da un uomo, ma perché sia efficace devono sussistere diverse condizioni predisponenti: innanzi tutto è necessario possedere un certo fascino accompagnato da uno spiccato carisma, in secondo luogo bisogna trovare una ragazza abbastanza disinibita o un ambiente sufficientemente rassicurante o particolare per potersi appartare. Naturalmente entrambi gli scenari sono facilitate dall'uso di abilità psichiche a patto che si posseggano. -
Riprese fiato per qualche secondo prima di continuare.
- Tuttavia la seduzione non è l'unica possibilità, possiamo ad esempio sfruttare la simulazione di una situazione di necessità, ma sempre meno di frequente funziona. Si può poi convincere un Sapiens a farci entrare nella sua abitazione, ma per fare questo bisogna prima studiare e conoscere a fondo la situazione al fine di non incappare in spiacevoli inconvenienti.-
La fanciulla scese dalla panchina con un lieve saltello.
- Altra tecnica è l'attacco a sorpresa, per quello avrai bisogno di un luogo buio e isolato, tipo un parco, un vicoletto, una discarica o un magazzino. Per le tue prime cacce è il metodo che consiglio maggiormente e dovessi anche fare qualche errore la tua maestra penserà a sistemarlo.-
- Tipo se ammazzo qualcuno.- chiese Vincent  preoccupato.
- No, tipo se la cena dovesse scappare.- rispose Beatrix.
Annabeth sospirò e si alzò a sua volta.
- Perché non gli fai vedere la prima tecnica? Almeno si fa un'idea.-
La fanciulla si lasciò scappare un sorrisetto ambiguo e senza dire nulla si avviò verso il centro della piazza, intrecciando le dita dietro la schiena.
- Beatrix è la migliore in questo campo, non ha mai dovuto usare le sue abilità psichiche per nutrirsi, né alcuna forma di violenza. Osserva.-
Vincent guardò quella ragazzina minuta sedersi su una panchina accanto a un ragazzo con un cappellino da baseball e buffi vestiti troppo larghi per la sua taglia. Davanti ai due un paio di skaters si sfidavano in una battaglia di acrobazie su tavole.
Beatrix rise gesticolando, poi il suo interlocutore si alzò prendendo uno skate-board poggiato a lato della panchina e lei batté un paio di volte le mani con finto entusiasmo.
Vincent avrebbe dato un occhio per sapere cosa stesse dicendo, ma intuì che si trattasse di lodi o incoraggiamento mentre la sua vittima si pavoneggiava esibendosi in banali numeri di strada.
Al giovane non sfuggì che Anna pareva molto divertita da quella situazione, si domandò se fosse per il destino che spettava all'ignaro malcapitato o per il fatto che Beatrix stava ricoprendo il ruolo di una ragazza praticamente normale, forse addirittura un po' stupida.
Il povero skater scese dalla tavola accolto dalle false lodi della fanciulla. Probabilmente si avvicinò a lei aspettandosi una bella pomiciata, ma lei gli sussurrò qualcosa all'orecchio che parve interessarlo molto di più e lo spinse a seguirla in un vicolo lasciando i suoi compagni alleloro acrobazie.
- Ragazzini, sono facilmente manipolabili.- commentò Anna scendendo dalla panchina - Ammetto di non essere raffinata come Beatrix, preferisco un banale agguato se possibile.-
Gli fece cenno di seguirla.
Camminarono in silenzio per un paio di minuti fino a raggiungere un piccola zona verde un po' appartata.
Anna indicò una coppietta seduta sull'erba.
- Questo va fatto in due.- sussurrò - Tu prendi lui, io prendo lei. Scoprirai di essere sufficientemente forte da vincere qualsiasi resistenza, ma cerca di essere delicato: ti basta mordere e il loro corpo si abbandonerà.-
Vincent annuì un paio di volte facendo passare la lingua sui denti con fare nervoso.
- Gli farà male?-
Lei scosse la testa.
- Come ti ho già spiegato il morso provoca una reazione simile all'orgasmo e poi un totale rilassamento ipnotico. In oltre nel momento in cui le mandibole si rilasciano viene iniettata una sostanza per riparare i tessuti, quindi non si ha emorragia e non restano segni.-
Il ragazzo annuì lentamente; non era ancora certo al cento per cento di quello che stava facendo, ma se Anna era convinta che fosse il caso di cominciare a cacciare sin da subito lui si fidava di lei.
A un cenno della sua maestra si avviò verso la coppietta appartata facendo un giro largo che lo portava a passare dietro ad alcuni cespugli.
Si sentiva nervoso e per evitare di pensarci si concentrava sui suoi sensi acuiti dalla trasformazione: lo scricchiolio dell'erba fredda sotto ai suoi piedi, la brezza gelida che in modo intermittente gli attraversava i capelli, le parole sospirate dei due ignari amanti, l'odore forte di foglie umide e fumo di sigaretta.
Si portò fino alle loro spalle, attendendo un segnale da parte di Anna e sentendosi più un maniaco che un feroce cacciatore. Si mordicchiò l'interno della guancia mentre al suo orecchio arrivava la risatina compiaciuta della ragazza; il ginocchio che teneva appoggiato per terra si stava bagnando a causa della guazza notturna che si era depositata sull'erba, ma lui non osava cambiare posizione.
D'un tratto percepì una strana sensazione, come se ci fosse qualcosa di familiare e rassicurante. Non sobbalzò quando Anna gli posò una mano sulla spalla, sapeva già che era lì prima che lo toccasse.
- Adesso, senza esitare, tu lui, io lei. Andrà bene.- bisbigliò.
E lui le credette.
Si alzarono quasi insieme e si mossero rapidi verso i due ragazzi.
Le immagini scorrevano davanti agli occhi di Vincent come in un film: vide l'uomo alzarsi e dire qualcosa di scontato, vide Anna prendere la donna per un braccio mentre tentava di mettersi in piedi e affondare i denti nel suo collo e vide l'altro cercare di allontanarla, ma non riuscì neanche ad avvicinarsi.
Vincent lo prese per un braccio e glie lo girò dietro la schiena facendo attenzione a non spezzarlo e poi lo morse con violenza alla base del collo. Mentre il sangue gli schizzava in bocca inondandogli il palato e la gola, l'uomo ebbe una sorta di spasmo, poi si abbandonò fra le sue braccia.
Il giovane succhiò avidamente il rosso nettare dalle sue vene: era come se senza saperlo avesse avuto una sete terribile e ora all'improvviso era arrivato alla fonte che la poteva saziare. Da qualche parte una voce lucida e consapevole gli ricordava di non esagerare, ma un sorso dopo l'altro si prometteva che il prossimo sarebbe stato l'ultimo senza tuttavia riuscire smettere
Anna lo afferrò per una spalla e lo tirò via con forza.
- Basta così.- commentò.
Vincent rimase qualche secondo seduto su quel fazzoletto di prato con il fiato corto e il sapore di sangue in bocca. L'avrebbe ucciso se lei non l'avesse fermato, quella strano e assurda sete l'avrebbe spinto a prosciugarlo e leccare via anche le ultime gocce. Questo pensiero lo atterrì.
- È normale le prime volte.- disse la sua paziente maestra tendendogli la mano - presto imparerai a controllare il tuo istinto, è per questo che sono qui al tuo fianco.-
Lui prese la mano della ragazza e si alzò.
I suoi occhi si posarono sui due giovani sdraiati uno accanto all'altro sulla coperta di plaid.
- Staranno bene.- lo rassicurò la squillante voce di Beatrix.
Anna si voltò verso di lei.
- Come è andata la cena?- chiese.
- Non posso lamentarmi.- rispose lei, poi i suoi occhi si posarono su quelli del Cucciolo - Quando si sveglieranno non ricorderanno nulla e saranno rilassati e sereni. Certo, magari si sentiranno un po' deboli, ma passerà.- si sgranchì le ossa - Torniamo a casa?-
- Mi sembra una buona idea.- rispose l'altra.
Si incamminarono per la strada verso la metropolitana e Vincent lasciò che fossero ancora le due ragazze a fare conversazione mentre lui si lasciava incantare dalle luci artificiali della città.

- Sei silenzioso.- osservò Anna sfiorando i capelli del suo Cucciolo.
Vincent cercò di abbozzare un mezzo sorriso.
- Sono solo pensieroso.-
- Il senso di colpa non ti renderà una persona migliore, solo una più stressata.- commentò Beatrix scorrendo il dito sullo schermo luminoso del suo cellulare - Tutti noi trasformati ci siamo passati, devi diventare consapevole  del tuo posto nel mondo. Ora sei un cacciatore...anche se talvolta penso che sia più corretto definirci parassiti.- sospirò - È meno poetico, ma certamente più corretto, d'altro canto anche i batteri a loro modo sono parassiti eppure sono creature di tutto rispetto. E in ogni caso la tua vita è legata a quella delle tue vittime Come la loro è legata agli animali che uccidono e mangiano e alla terra che sfruttano a loro piacimento. È la catena alimentare e provare pietà per una creatura solo perché più intelligente di un'altra è ipocrita, non coscienzioso, senza contare che noi non uccidiamo i Sapiens, non sarebbe per nulla vantaggioso.-
Vincent la fissò per qualche secondo come incantato.
- Dovevi essere un'ottima insegnante.-
- La migliore.- rispose lei - Ma questo mondo è diverso da quello dei Sapiens ed erano troppi i compromessi a cui sarei dovuta scendere per continuare a esercitare la mia professione.-
- È comunque un peccato.- intervenne Anna - Molti ragazzi sarebbero Vampiri migliori se tu insegnassi ancora...-
- E se Margaret fosse ancora in vita.- aggiunse Beatrix lanciandole uno sguardo penetrante - Puoi dirlo, non è un tabù.-
Anna sospirò.
- Sei una donna forte, ma la tua capacità di sopportare il dolore non significa che tu non lo senta.-
Beatrix si alzò in piedi e fece una mezza giravolta intrecciando come suo solito le dita dietro la schiena.
- Tutti soffrono, Annabeth Roth. Vincent, tu, io...tutti abbiamo perso qualcuno e quello è un vuoto che non si può colmare. Evitare di parlarne non estingue il dolore, parlarne lo porta in superficie, ma ormai non fa più soffrire come la prima volta, quindi non vi è differenza.-
I bellissimi occhi blu di Anna brillarono di una luce che Vincent non conosceva mentre si fissavano in quelli taglienti della fanciulla minuta. Due bellezze diverse, due personalità diverse, due destini diversi, eppure in quegli sguardi c'era qualcosa di incredibilmente simile e stranamente familiare.
- Parla per te.- disse la ragazza con precisa lentezza.
Beatrix si esibì in un accenno di inchino che voleva essere una mezza scusa.
- Rispetto la tua sensibilità.- commentò - E terrò per me le mie opinioni.-
Il ragazzo guardò prima l'una e poi l'altra.
- Vi rendete conto che non capisco neanche la metà delle cose di cui parlate, vero?-
- Sì.- rispose Beatrix - Ma non preoccuparti, è solo questione di tempo.-
Un'altra occhiata pregna di un significato che Vincent non riusciva a cogliere corse tra le due donne.
Questa volta il ragazzo decise ti tenere la bocca chiusa e rivolse il suo sguardo alla silenziosa stazione della metropolitana.
Ormai si era abituato al puzzo che si sprigionava dal pavimento e dalle pareti sudicie e dai barboni arrotolati nei lerci stracci raccattati in giro per proteggersi dal freddo crescente.
Le luci sfarfallarono nell'ambiente umido e lercio e il distributore automatico si spense e riaccese facendo partire un fastidioso messaggio di benvenuto pronunciato da un'acuta voce metallica. Un ragazzo col cappuccio e le cuffie nelle orecchie in un angolo della stazione sollevò la testa borbottando un'imprecazione, mentre il suo amico seduto per terra continuava a dormicchiare con la una bottiglia di birra mezza vuota in mano.
Vincent si rese conto di conosce altro: pensò ad Anna che aveva vissuto in Italia e a Beatrix che parlava una trentina di lingue ed era nata nella vecchia Europa, pensò a tutte le cose che dovevano aver visto attraverso lo scorrere del tempo e pensò che un giorno anche lui sarebbe stato come loro, sarebbe andato oltre quella squallida città e il suo inesorabile declino. Avrebbe attraversato i secoli e visto cose nuove e mai viste e avrebbe fatto qualcosa di importante.
Sorrise dentro di sé: fino a quattro giorni prima era sicuro che non sarebbe arrivato a trent'anni.
L'altoparlante annunciò l'arrivo della metro.
- È la mia.- disse Beatrix - Speriamo solo che mio fratello sia già uscito dal lavoro, apprezzerei che mi venisse a prendere alla stazione.-
- Se lo conosco dovrai tornare a casa da sola.- rispose Anna.
- Il piacere e l'attività fanno sembrare breve il tempo.- rispose l'altra.
- Shakespeare.- commentò prontamente la ragazza - Ma non credo si riferisse al passare le notti a riordinare la biblioteca.-
- Ciascuno ha il suo concetto personale di divertimento.-
Il fragore dell'arrivo della metropolitana anticipò la risposta di Anna.
Le porte si aprirono con un sibilo sul vagone vuoto. Beatrix salì rapida e leggera sulla punta dei piedi. Si girò appena in tempo per un breve saluto prima che le porte si chiudessero dietro di lei.
Anna guardò la metro correre via lungo le rotaie e sospirò.
- Stai bene?- chiese al suo Cucciolo.
- Credo di sì.- rispose lui - Beatrix è stata piuttosto convincente.-
- È brava in questo.- gli concesse lei.
Aprì la borsa e ne tirò fuori una piccola scatola scura rettangolare.
- Tieni.-
Vincent la prese e la girò tra le mani.
- Grazie, ma...cos'è?-
- Un telefono...uno smartphone come si dice adesso anche se non mi è ben chiaro come un telefono possa essere intelligente.-
Lui le sorrise.
- Credimi, ne ho conosciute di persone più stupide dei loro telefoni...- commentò.
- Motivo in più per evitare di dar loro telefoni intelligenti.- rispose lei - Comunque dentro c'è il mio numero e una scheda con abbonamento illimitato in modo da non doverti preoccupare di nulla.-
Vincent accese il suo nuovo telefono cercando di nascondere la fanciullesca curiosità che lo coglieva sempre davanti a un nuovo apparecchio tecnologico.
- Non credo di conoscere questo marchio.- osservò.
- Non mi stupisce, vendono solo ai Vampiri.-
L'altoparlante annunciò l'arrivo della metro.
Un barbone buttato nell'angolo sollevò infastidito la coperta sopra la testa, mentre il ragazzo semi-addormentato si sveglio di soprassalto e rovesciò la birra, il che portò a una raffica di insulti borbottati mentre il suo amico cercava di fargli capire che doveva darsi una calmata.
Il fischio delle porte che si aprivano strappò Vincent dalla scena e il ragazzo seguì la sua Maestra sul vagone vuoto.
Entrambi arricciarono il naso sedendosi: qualcuno doveva aver versato dello scotch scadente ovunque e ora il puzzo dell'alcool impregnava l'ambiente che già di suo aveva un odore tutt'altro che piacevole.
- Dammelo un attimo.- disse Anna.
Vince le passò il telefono e lei digitò rapidamente un numero e lo salvò sulla rubrica, poi glie lo restituì.
- È il numero di Beatrix, visto che andate d'accordo è bene che tu abbia anche il suo, non si può mai sapere.-
- Grazie.- aggrottò le sopracciglia - Ma prende anche qui?-
- Te l'ho detto, è un modello speciale.-
La metropolitana sfrecciava attraverso le gallerie buie al di sotto della città mentre a bordo Annabeth spiegava a Vince come usare il suo nuovo giocattolo. Trovava adorabile che si entusiasmasse tanto per cose lei trovava tanto piccole, come lo shopping, il telefono, le strane abitudini dei suoi fatti, i suoi artigli. Era una creatura così ottimista, così aperta a qualsiasi cosa fosse nuova o strana. Le riusciva difficile comprendere quell'entusiasmo così genuino e disinteressato, eppure un po' lo invidiava, avrebbe voluto riuscire anche lei ad emozionarsi così per le piccole cose.
Il tragitto verso casa sembrò incredibilmente breve quella sera e Anna si sorprese nel trovarsi difronte alla porta di casa con le chiavi in mano.
Fece entrare prima Vincent, poi lo seguì chiudendo l'uscio alle sue spalle.
- Prendo un bicchiere d'acqua, tu ne vuoi?- le chiese il ragazzo.
- Sì, grazie.- rispose lei appendendo la sciarpa e la borsa all'attaccapanni.
Il giovane si diresse in cucina, ma non riuscì neanche ad aprire il frigo.
- Anna, forse è meglio che vieni, Juno sta partorendo.-

mercoledì 8 ottobre 2014

Capitolo 11 - Possibilità

Beatrix piegò leggermente la testa di lato e intrecciò le dita dietro la schiena sollevandosi un poco sulla punta dei piedi come era solita.
- Non posso garantirti di non aver mai morso nessuno, ma ti assicuro di non avere intenzioni ostili.-
Vincent cercò di scuotersi e di dire qualcosa, ma tutto quello che gli riuscì fu aprire e chiudere la bocca un paio di volte prima di farsi da parte e lasciarla entrare rassegnato.
Non voleva essere scortese con lei, ma era atterrito all'idea di dover passare del tempo da solo in sua compagnia. Quegli occhi gli entravano dritti nella carne, frugavano nella sua testa e giudicavano ogni sua mossa. O forse no, magari era solo un'impressione.
- Stavo dando da mangiare ai gatti.- riuscì a borbottare - Di solito ci vuole un po'...-
Beatrix annuì lentamente mentre il suo sguardo correva in giro per la stanza.
- Quanti ne ha adesso?- chiese.
- Ventisette.- rispose lui guardingo tornando in cucina - Ma una è incinta e non credo che Anna li darà via.-