venerdì 8 agosto 2014

Capitolo 6 - Il Municipio

- Come ti sembrano?-
Anna fece un passo indietro lasciando che Vincent potesse specchiarsi.
Il ragazzo si passò le dita tra i capelli tagliati di fresco.
- Sono strani, ma mi piacciono. Sembro Mat Smith in Doctor Who.-
Lei aggrottò le sopracciglia.
- Cosa sarebbe?-
- Un telefilm.- rispose lui un po' sorpreso.
- Oh. È raro che io guardi la televisione, quindi non lo conosco.-
Vincent torno a specchiarsi.
Si sentiva strano, diverso: in quei due giorni il suo corpo era cambiato in un modo che non avrebbe mai creduto ed era difficile da metabolizzare in così poco tempo. In più aveva anche dovuto cambiare stile sia per quanto concerneva l'abbigliamento che il taglio dei capelli.
Anna era stata molto chiara su quello: la Comunità aveva dei canoni particolari e siccome lui era appena entrato a farne parte era meglio conformarsi, in futuro avrebbe avuto l'opportunità di scegliere.
In realtà quel nuovo look non gli dispiaceva affatto: certo faceva ancora fatica ad identificarcisi, ma era elegante e affascinante e si sentiva più simile alla sua maestra che aveva quel modo particolare di abbigliarsi che lui trovava contemporaneamente molto sensuale ed estremamente raffinato.
- Ora andiamo, bisogna prendere la metro per arrivare al municipio.-
Mentre uscivano dalla porta Vincent si fermò a fare una carezza a Morrigan, la grossa savannah della sua ospite. Continuava a stupirsi dell'incredibile quantità di gatti che vivevano in quella casa e dell'abilità con la quale riuscissero a mimetizzarsi nell'ambiente tanto da far credere che non ci fosse nessuno nella stanza.
Imboccarono le scale per uscire dal palazzo.
La sera precedente Vincent aveva scoperto che Anna non amava gli ascensori: se poteva scegliere tra quelli e le scale, le scale erano sempre le designate. Tuttavia lui non si lamentava: ora che salire a piedi i gradini non era più motivo d'affanno per il suo povero cuore faceva volentieri quella strada.
Il sole lo accecò appena fuori dal portone: i suoi occhi era molto più sensibili adesso e prima di lasciare l'appartamento si era dato una crema ad alta protezione come consigliato dalla sua Maestra.
L'aria tuttavia era fresca e piacevole, nonostante il rumore delle macchine a breve distanza presagiva lo scontro con il muro di smog.
Si incamminarono lungo il marciapiede a passo sostenuto.
- Dobbiamo prendere la metro delle 9:27, in caso contrario ci toccherà aspettare due ore per quella successiva.- disse la ragazza.
- Come mai?- chiese lui ben consapevole che passava un treno ogni quindici minuti per quella linea.
- Perché gli altri non fermano alla stazione morta.- rispose lei.
Vincent decise di non fare altre domande.
C'erano molti aspetti di quel mondo che ancora non gli erano chiari, ma aveva deciso di farseli spiegare con calma per evitare ulteriore confusione.
Ad esempio ancora non aveva capito come avesse fatto di preciso l'amico di Anna a entrare nel suo appartamento, svuotarlo e trasportare tutto fino al nuovo quartiere senza destare nessun sospetto. Cosa che in realtà non sarebbe stata neanche necessaria visto che avevano buttato la maggior parte delle sue cose. Aveva tenuto solo alcuni oggetti che avevano un significato sentimentale, ma erano piccoli oggetti di poco conto, il grosso come il suo guardaroba e i suoi mobili erano stati cestinati o destinati a enti benefici.
Neanche il suo denaro era stato utilizzato: una volta in banca aveva svuotato il suo conto su cui c'erano appena cinquemila dollari. Aveva insistito affinché venissero usati per rifargli il guardaroba, ma Anna gli aveva detto di conservarli e aveva pagato lei per tutto, spendendo ben più di quella cifra. Vincent era rimasto stupito dalla sua gentilezza e dalla piacevolezza della giornata: nonostante la sua posizione Anna lo aveva consultato per la scelta di ogni singolo capo, gli aveva fatto provare tutto e avevano commentato e spesso riso insieme degli abbinamenti e aveva insistito perché prendesse anche qualcosa che piacesse a lui. Così ora aveva una scarpiera piena di All Star e cravatte e camice dai colori vivaci. Aveva anche scelto personalmente un paio di gilet stravaganti e di cappelli particolari e quando aveva sfilato per la sua Maestra c'era mancato poco che lei cascasse dalla sedia dal ridere.
Era stato bello, per quanto sempre gentile Anna gli era sembrata un tipo serio, riservato e taciturno, invece il loro giro per negozi aveva tirato fuori il lato più allegro e spontaneo della ragazza e lui si era completamente invaghito di quella risata. Probabilmente non era saggio.
La strada era rumorosa come sempre, ma quel giorno le orecchie di Vincent riuscivano meglio a sopportare il chiasso che lo circondava. Era un suono diverso a quello a cui era abituato quando era un Sapiens, non era solo il fracasso confuso della strada, ma l'insieme di elementi diversi perfettamente distinti e contemporaneamente del tutto mescolati tra loro.
Per gli odori invece il discorso era diverso: arrivavano al naso di zaffate pungenti, poi danzavano via e tornavano a pugnalare le narici un attimo dopo senza tregua. Dovette portarsi la mano al volto diverse volte per poterli attenuare e rendere sopportabile la camminata.
- Migliorerà.- disse Anna vedendolo in difficoltà - I tuoi sensi si faranno ancora più acuti, ma ti abituerai e imparerai a...dosarli. Ci siamo.-
Le scale della metro si materializzarono da anti a loro all'improvviso.
Mentre scendevano in fretta Vincent diede un'occhiata all'orologio appeso in alto per assicurarsi di essere in tempo: le 9:26.
Avevano appena superato l'ultimo gradino che il treno si fermò stridendo alla fermata.
Raggiunsero le porte proprio nel momento in cui gli ultimi passeggeri scendevano sulla banchina e salirono sul vagone.
Era pieno, anzi saturo. Le persone parevano pigiate dentro a forza per occupare ogni spazio d'aria libero. Il puzzo di sudore era soffocante, l'aria era densa e pesante, senza contare che il calore di tutti quei corpi ammassati la rendeva irrespirabile.
Anna non aveva una bella espressione in volto, gli fece cenno di avanzare e si avvicinò a un paio di skaters seduti sui consumati sedili imbottiti.
- Credo che vorreste farci sedere.- disse con innaturale affabilità.
Il più tatuato dei due fece per risponderle, ma prima che riuscisse a farlo il suo volto e quello del suo amico si distesero e le loro pupille si allargarono.
- Ma certo.-
I due si alzarono e li lasciarono sedere.
- Che gentili.- commentò la ragazza con un sorriso furbetto sul viso.
Vincent ridacchiò.
- Ascolta - riprese lei tornando seria - Ci sono delle regole che dovrai seguire quando arriveremo al Municipio. Io...non le condivido, ma è importante che le rispetti se non vuoi correre dei guai.-
Lui annuì.
- Primo: non parlare con nessuno. Non devi assolutamente rivolgere la parola ad un maestro a meno che non sia lui a farlo per primo. E mi raccomando, solo nel caso si rivolga a te direttamente: se fa una domanda su di te, ma parlando con me non dire nulla, sarò io a farlo, ok?-
- Certo.-
- Secondo: non guardare un Maestro negli occhi, tieni la testa china e non rispondere alle provocazioni. Terzo: se vuoi parlare con un Cucciolo puoi farlo se il suo Maestro è d'accordo e/o se è impegnato. Allontanatevi di qualche passo dal maestro e parlate pure, ma se lui vi interrompe o richiama il suo Cucciolo tronca la conversazione senza neanche salutare, al massimo fallo con un cenno della mano.-
- Sono così rigidi?- chiese lui incredulo.
- Non tutti, ma alcuni sì. Beatrix te l'aveva accennato, c'è un forte classismo e non sapendo con chi si ha a che fare è meglio seguire le regole con tutti.-
Vincent cominciò a preoccuparsi: sperava di ricordare tutte le indicazioni ricevute.
- Numero quattro: - riprese lei - rimani sempre nel mio campo visivo e obbedisci a quello che ti dico, così qualunque cosa accada potrò intervenire. Anche se non credo sarà necessario. Quinto e ultimo: se succede qualsiasi cosa imprevista e ti accusano di un comportamento improprio dì che te l'ho ordinato io.-
- In che senso?- domandò lui confuso.
- Metti che un Maestro ti rivolga la parola, tu gli risponda e lui se la prenda con te perché gli hai risposto. Sì alcuni sono così stronzi. La cosa migliore da fare è non reagire, ma se dovesse aggredirti e tu difendendoti dovessi riuscire a colpirlo e...che so...rompergli il naso, dì che sono stata io a ordinare di difenderti in caso di aggressione.-
- Perché? Che cosa cambia?-
- Molto. Tutto direi. Le leggi sono molto contorte e sempre a svantaggio dei cuccioli quindi dammi retta, fai come ti consiglio.-
Vincent avrebbe voluto indagate oltre, ma si limitò ad annuire.
D'un tratto, senza che la fermata fosse annunciata la metropolitana cominciò a rallentare.
Anna gli fece cenno di seguirla e si avvicinarono alle porte.
Il vagone si fermò davanti alla banchina del binario morto. Le porte di aprirono per pochi secondi, giusto il tempo di dar loro il tempo di scendere, poi si richiusero e il mezzo ripartì.
Era buio pesto, ma Vincent ci vedeva perfettamente.
Al contrario delle altre stazioni questa non aveva un pavimento in piastrelle, ma in blocchi di pietra che col tempo si erano consumati e crepati in alcuni punti. Le pareti erano anch'essi di grossi sassi lasci tenuti insieme con lo stucco e l'uscita, bloccata da massi e cemento crollati, era un grande arco composto la piccoli blocchi di una pietra indistinguibile a causa del muschi viscido che gli era cresciuto sopra per l'umidità.
Si poteva sentire il gocciolare dell'acqua che scendeva dalle crepe nel soffitto e dai tubi arrugginiti, l'odore di umido e muffa impregnava l'aria e un topo delle dimensione di un gatto passò a pochi centimetri dai loro piedi quasi infastidito dalla loro presenza.
- La stazione fantasma non è mai stata aperta ai Sapiens.- spiegò la ragazza dirigendosi verso il fondo - Questo perché non è una stazione: è un arco...o meglio un ponte che si trovava ella vecchia città sopra alla quale sorge quella nuova. Come puoi notare stiamo camminando su una strada e i muri che vedi intorno sono le mura di antichi palazzi. Vieni.-
Vicino all'arco tra il grande muro e l'arco si snodava uno stretto corridoio. I due lo attraversarono in fila indiana fino a che non arrivarono in un'immensa grotta sotterranea.
Il soffitto era altissimo, dovevano essere scesi ancora nel cunicolo e ora si trovavano ai lati di una gigantesca piazza con un meraviglioso pavimento a mosaico rappresentante un disegno geometrico che includeva una grande rosa dei venti centrali e una scritta in latino che Vincent non riuscì a leggere.
Tutto intorno alla piazza si ergevano tre edifici che occupavano tutti i lati tranne quello che consentiva l'accesso a quello strano luogo.
- Quello è il Municipio.- disse la ragazza indicando l'imponente edificio sulla destra - Davanti a noi c'è il Tribunale, mentre quello sulla sinistra è il Senato. Il Carcere si trova ancora più in profondità sotto al tribunale.-
Vincent avrebbe voluto dire qualcosa, ma non trovò le parole.
Era un posto magnifico e pure contemporaneamente minaccioso. E soprattutto era strano. Era come se qualcuno avesse sradicato tre edifici con tre stili architettonici completamente diversi e li avesse collocati ai lati della piazza senza alcun criterio preciso.
Il Tribunale sembrava una massiccia costruzione romana in marmo bianco con statue monumentali e una gigantesca scritta in latino che ti attendevano alla fine di una ripida scalinata; il municipio era invece un edificio più snello, in pietra scura con un bel colonnato un poco rialzato rispetto al livello del suolo al quale si accedeva tramite qualche ampio e solido gradino; il senato era invece un edificio più schiacciato e largo con un'ampio colonnato che pareva abbracciare la struttura e guidare il visitatore all'interno e appese all'esterno c'erano delle bandiere particolari che Vincent non aveva mai visto.
Anna gli fece cenno di seguirlo e si incamminarono verso il municipio.
Il ragazzo si sentiva in soggezione: intorno a lui vedeva alcune persone sole o il piccoli gruppi che parlavano tra di loro e gli lanciavano un rapido sguardo mentre passava. La cosa che lo colpì fu il loro odore, era diverso da quello delle persone che aveva incontrato da quando era mutato, assomigliava a quello di Anna e Beatrix e Sigmund. Erano tutti Vampiri, questo era certo, ma non erano tutti uguali, alcuni si distinguevano dagli altri e lui intuitivamente capì che erano come lui, cuccioli.
Oltre le ampie porte il legno intarsiato del Municipio il clima era più vivace: Vampiri di diverse classi correvano da una parte all'altra con dei moduli in mano, altri attendevano in fila agli sportelli, mentre altri ancora parlavano fra di loro in lingue diverse.
- Dobbiamo andare al primo piano.- disse lei pensosa.
Salirono le scale e Anna si avviò verso il corridoio sulla sinistra, ma poi si fermò e cambiò direzione.
- Vieni, devo controllare una cosa.-
Imboccarono il corridoio di destra e lo percorsero fino in fondo. Si ritrovarono in un'enorme stanza le cui pareti erano ricoperte da spesse lastre di pietra lavica sulla quale erano incisi in bianco o in argento dei nomi con accanto una data. In oro e più in grande invece era indicato un anno.
- Cos'è?- chiese Vincent attonito.
- L'elenco dei condannati a morte per anno.- rispose lei.
I suoi occhi corsero sulle date in oro.
- 1943.- sussurrò.  
C'erano solo sette nomi per quell'anno e uno solo in Argento.
- Lady Margaret Ofelia Evelina Turner.-
Quelle parole le uscirono in un bisbiglio appena udibile.
- Chi è?- chiese lui.
- Qualcuno che non doveva morire.- rispose lei.
Vincent fissò la parete.
- Perché alcuni nomi sono in bianco mentre latri in argento?-
- Quelli in argento sono dei Patriarchi, mentre quelli in bianco sono per i trasformati, i cuccioli o i loro figli.-
- Oh, capisco.-
- Andiamo, non mi piace stare qui.-
Ripercorsero il corridoio al contrario e imboccarono quello di sinistra.
Arrivarono in una stanza circolare con diversi sportelli. Tre erano già occupati, mentre il quarto e il quinto erano liberi.
Anna andò al numero cinque.
- Rita.- saluto con l'accenno di un sorriso.
- Anna! Annabeth Roth!- la ragazza sembrava davvero sorpresa di vederla - Avevo sintito dire che eri tornata, ma non ci credevo. Cosa ci fai qui?-
- Devo registrare un Cucciolo.-
I grandi occhi azzurri di Rita si spalancarono in un'espressione di sincero stupore.
- Un Cucciolo? Ed è tuo?-
- Sì.- rispose Anna con tranquillità.-
Rita guardò prima la ragazza e poi Vincent e dovette ripetere l'operazione un paio di volte prima di capacitarsi di quello che le era stato appena detto.
- Incredibile, chi l'avrebbe mai detto?- commentò infine - Hai i moduli?-
- Eccoli.-
L'altra li controllò un paio di volte e appose qualche timbro qua e là. Fatto ciò si mise a scrivere al computer.
Il ragazzo non poté fare a meno di notare la velocità con cui digitava né il fatto che l'apparecchio fosse un modello super moderno ed efficiente. Probabilmente non era stato comprato con dei fondi statali.
Rita stampò tre foglie timbrò anche quelli, poi li passò ad Anna.
- Questo lo tieni e questi li porti di sopra per i nuovi documenti.- disse.
- Perfetto, grazie mille.-
La ragazza imboccò il corridoio seguita dal suo Cucciolo e riprese le scale per salire al piano superiore.
Era pensierosa, così Vincent decise che era meglio non disturbarla.
Al secondo piano entrarono nella prima porta in cima alle scale, proseguirono per un altro corridoio su cui si affacciavano molteplici porte fino ad arrivare quasi in fondo, dove si fermarono davanti a una porta che riportava la scritta "Rilascio documenti e identità".
Anna bussò un paio di volte e poi entro.
- Salve, ho i moduli per i documenti del mio Cucciolo.-
L'uomo con la coda di capelli castani seduto sulla scrivania si voltò e quando il suo sguardo incrociò quello della ragazza un ghigno inquietante si aprì sul suo volto affilato.
Anna si irrigidì: Vincent vide chiaramente i suoi muscoli contrarsi e le sue labbra stringersi mentre il suo sguardo rimaneva congelato sul volto dell'uomo.
- Annabeth, ma che piacevole sorpresa.-

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