mercoledì 8 ottobre 2014

Capitolo 11 - Possibilità

Beatrix piegò leggermente la testa di lato e intrecciò le dita dietro la schiena sollevandosi un poco sulla punta dei piedi come era solita.
- Non posso garantirti di non aver mai morso nessuno, ma ti assicuro di non avere intenzioni ostili.-
Vincent cercò di scuotersi e di dire qualcosa, ma tutto quello che gli riuscì fu aprire e chiudere la bocca un paio di volte prima di farsi da parte e lasciarla entrare rassegnato.
Non voleva essere scortese con lei, ma era atterrito all'idea di dover passare del tempo da solo in sua compagnia. Quegli occhi gli entravano dritti nella carne, frugavano nella sua testa e giudicavano ogni sua mossa. O forse no, magari era solo un'impressione.
- Stavo dando da mangiare ai gatti.- riuscì a borbottare - Di solito ci vuole un po'...-
Beatrix annuì lentamente mentre il suo sguardo correva in giro per la stanza.
- Quanti ne ha adesso?- chiese.
- Ventisette.- rispose lui guardingo tornando in cucina - Ma una è incinta e non credo che Anna li darà via.-
La fanciulla lo seguì distratta, camminando quasi in punta di piedi.
Sembrava una normale ragazza di sedici anni: indossava un vestitino cortissimo con una fantasia a fiori nelle varie tonalità del blu e con un filino di pizzo bianco sui bordi, stretto in vita da una cintura nera. Sotto all'abitino floreale spuntavano un paio di moderni leggins neri in finta pelle e ai piedi portava un stivaletti grigi e azzurri con un poco di tacco.
Una ragazza normale; a Vincent la cosa faceva quasi impressione. L'aveva vista solo una volta, ma gli era rimasta impressa per la strana impressione che gli aveva fatto: era come se quella gracile creatura fosse una nota stonata, un'anomalia, un'errore che lo scorrere del tempo aveva lasciato nel mondo, impossibile da correggere in qualsiasi tempo e spazio la si volesse collocare.
Il giovane aveva quasi l'impressione che quei vestiti sembrassero addosso a lei una sorta di travestimento che rendeva ancora più stridente la sua anomala presenza nella società.  
- In effetti è stato piuttosto complicato agli inizi del cinquecento interpretare la mia omosessualità.-
Vincent trasalì spargendo sull'isola e sul pavimento un'ingente quantità di croccantini dalla busta che aveva in mano.
Beatrix spazzò via con la mano quei pochi che si erano depositati sullo sgabello e si sedette.
- Leggere nel pensiero è un'arte complicata.- sussurrò - Io ho cominciato non appena la mia razza si è palesata e non ho più smesso. Certo ci sono Vampiri che si sanno schermare egregiamente, ma ormai sono in pochi a riuscire a evitare il mio...diciamo sguardo. Potrei evitare? Sì, potrei, ma per me è ormai come un settimo senso e se non lo allenassi costantemente rischierei di indebolirlo.-
Vincent rimase immobile con gli occhi puntati dritti su di lei. Probabilmente non era una mossa molto intelligente visto che non si trovava davanti a un rettile pronto ad attaccare al minimo movimento.
Beatrix sospirò.
- Non sono offesa per ciò che pensi, quindi respira.- disse regalandogli uno di quegli strani sorrisi che parevano sempre sottintendere qualcosa - Io sono perfettamente cosciente del fatto che la mia stessa esistenza turbi, a modo suo, l'armonia dell'universo, ma, credimi, non sono l'unica anomalia a camminare su questo mondo. Ciononostante sarebbe cortese da parte tua concedermi almeno una possibilità.-
Il ragazzo si sentì un idiota. Aveva sempre pensato di essere diverso, di non giudicare niente e nessuno prima di aver avuto modo di conoscerlo e comprenderlo e adesso era caduto nell'errore del pregiudizio come le persone che era solito disprezzare. Era molto imbarazzato.
- Hai ragione e mi scuso. In mia difesa però tutta questa storia della lettura del pensiero è davvero...come dire...ansiogena...dico, per chi è nuovo del settore.-
Lei rise.
- Nuovo del settore: termine interessante.- si guardò attorno - Credo dovresti riprendere il tuo lavoro, i felini non paiono soddisfatti della libertà che ti sei preso di fare una pausa.-
In effetti il numero di gatti in attesa era aumentato e sembravano tutti piuttosto impazienti, soprattutto Sir Nicolas che si occupava di amministrare il tutto.
Vincent ricominciò a distribuire la cena ai pelosi inquilini dell'appartamento, sfruttando l'occasione per ripassare il nome di ciascuno.
- Mi sono sempre piaciuti i gatti, ma mio fratello ne è molto spaventato. In compenso abbiamo avuto diversi musteridi, anche se me ne sono sempre occupata io, lui tende a essere un poco schizzinoso.-
- Quindi hai avuto dei furetti?- domandò il ragazzo.
- Un paio, ma soprattutto ermellini e una volta anche una puzzola, ma è stato un caso.-
Ermellini; Vincent non era neanche sicuro che potessero essere addomesticati, ma ovviamente per i Vampiri era diverso, anche Beatrix doveva aver sviluppato una sorta di contatto psichico...o forse un campo psichico vero e proprio.
Però pensandoci quando era sposata con Margaret avrebbero potuto avere un gatto...o forse anche lei odiava i gatti. Non era da escludere. O forse Sigmund viveva con loro al tempo.
- Cielo, no, sarebbe stato piuttosto inopportuno.- rispose lei - Ma abbiamo preferito evitare visto che veniva spesso a trovarci.- 
Vincent arrossì.
- Sai, questi dialogo che hai con i miei pensieri mi mette a disagio.- commentò.
- Non dovrebbe, rende tutto più semplice. Vedi, adesso sei preoccupato per il fatto che hai pensato a Margaret e al mio legame con lei e se io non lo sapessi potrei confondere il tuo imbarazzo per qualcosa di più spiacevole, mentre in tal modo posso dirti semplicemente che non hai alcun motivo per cui imbarazzarti.-
- Non aiuta.- rispose lui incerto.
- Non è vero, sei già meno agitato e più incuriosito.- si stiracchiò - Com'è che trovi così strano che io sia lesbica?-
Vincent riempì l'ultima ciotola e si sedette davanti a lei.
- Non lo vedi già da sola?-
Beatrix si protese un poco in avanti.
- Sei stato tu a dire che il dialogo con i tuoi pensieri ti disturba. In oltre io leggo automaticamente solo i pensieri superficiali e non trovo né necessario né cortese cominciare a frugare in quelli più nascosti.-
Lui le sorrise.
- Beh, vedi, il fatto è che sembri una sorta di bambolina di porcellana, tipo una strana creatura fantastica uscita da un libro fantasy, quindi...non so...pensavo semplicemente non esistessero elfette lesbiche.-
La fanciulla lo fissò per qualche secondo immobile, poi tutto a un tratto scoppiò a ridere portandosi la mano alla bocca. Rise per quasi un minuto prima di riuscire a fermarsi.
- Visto la lettura del pensiero crea un ambiente favorevole alla sincerità.- disse infine.
Lui si strinse nelle spalle.
- Diciamo che non offre grandi alternative.- tornò serio - Comunque mi dispiace per la tua perdita.-
- Anche a me per la tua.- rispose lei.
- Grazie sei gentile.- fece una breve pausa - Beh, tu sai già come è successo, quindi come è morta Margaret?-
- L'hanno condannata a morte, dissanguamento. Ho eseguito personalmente la condanna, mi ha supplicato perché fossi io a farlo.- i suoi occhi si riempirono di tristezza - Ci sono volute circa due ore ed è morta fra le mie braccia. Eravamo state sposate per più di quattrocento anni; la cosa più difficile è stata riabituarsi ogni giorno a svegliarsi senza averla accanto, ma ha aiutato un po' tornare a stare da mio fratello.-
- Mi dispiace molto.- disse lui.
Beatrix scrollo le spalle nel tentativo di scacciare il dolore. 
- È successo molto tempo fa, tu non eri neppure nato...e probabilmente neanche tuo padre.-
Tutto ad un tratto il grosso norvegese di cui Vincent continuava a scordare il nome saltò sul piano dell'isola interrompendo la conversazione.
La fanciulla sorrise affondano le dita nel soffice pelo del micione che la ricambiò con un concerto di fusa. Ovviamente i suoi inseparabili compagni, Bacco e Morrigan, si sedettero accanto allo sgabello di Beatrix, uno a destra e uno a sinistra con le vibrisse tese nell'ispezionare la piccola estranea.
- Si chiama Vioarr.- disse lei accarezzando il folto manto argentato - In effetti è un nome complicato da ricordare, ma ad Annabeth piacciono le cose complicate. Dà a tutti i suoi gatti il nome di divinità originarie di culti diversi, in questo caso norreano.-
- Come lo sai?-
- È un'informazione contenuta nel campo psichico al quale ho ovviamente facilmente accesso visto che Anna non l'ha schermato in alcun modo. Per quanto riguarda Sir Nicolas l'ha adottato da un altro Vampiro che gli aveva già dato un nome, è per questo il duo si distingue da tutti gli altri.-
Il gattone si strofinò prima contro la sua faccia per marcarla per bene, poi decise che era il momento di incrementare le coccole e le saltò in braccio accoccolandosi sulle sue ginocchia.
- Oh, come pesi!- commentò lei divertita.
- Già, è un gattone e non aiuta di certo il fatto che tu sia così piccina.-
Lei ruotò la testa fissando i suoi occhi in quelli di lui.
- È vero, ma sono un Vampiro, quindi più forte di un umano. E comunque non peso quarantotto chili, ma quaranta.-
Vincent aggrottò le sopracciglia.
- Così poco? Voglio dire, sei esile, ma quaranta chili vuol dire un mucchietto di ossa...-
Lei scosse la testa paziente mentre continuava a grattare il micio che ora pareva emettere un rumore molto simile a quello del motore acceso di uno scooter. Dal basso i suoi due inseparabili amici continuavano a fissare la scena nella speranza di ricevere anche loro una grattatina.
- Probabilmente non ti sei pesato. La tua struttura fisica, come la mia, è cambiata dopo la trasformazione. Il collagene di cui è composta l'architettura dei nostri organi e le nostre ossa è diverso da quello dei Sapiens. In generale siamo meno densi e quindi pesiamo meno. Anche la composizione dei nostri muscoli è diversa e il nostro grasso corporeo è ridotto al minimo indispensabile a causa del nostro metabolismo accelerato. Ad ogni modo questo non è il mio campo quindi ti prego di non rendere queste nozioni come oro colato. Se chiederai ad Annabeth, lei saprà sicuramente fornirti informazioni più corrette e dettagliata.-
Vincent sospirò pensieroso.
- Ci sono ancora un sacco di cose che devo capire, tra cui cosa fa Anna per vivere esattamente, ma immagino ci vorrà solo del tempo.- commentò rassegnato.
- Immagino di sì. Per quanto riguarda la tua maestra è un luminare nel campo della ricerca medica tra i Vampiri, ma è troppo modesta per vantarsene. E di certo non lo fa per vivere, la sua famiglia è una delle più antiche, facoltose e prestigiose presso di noi.-
Il giovane non poté nascondere un'espressione di sincera meraviglia.
- Cavolo, non ne avevo idea.-
- Come dicevo Annabeth tende a essere molto modesta e piuttosto riservata. Temo dovrai darle un po' di tempo.-
D'un tratto un trillo la fece sobbalzare. Prese dalla piccola borsa nera il telefono e fece scorrere il dito sullo schermo.
- È lei.- disse - Mi scrive che è appena uscita. Ci raggiungerà direttamente al ristorante.-
Con delicatezza posò Vioarr per terra, il quale fu subito assalito dai nasini curiosi dei suoi inseparabili compagni, poi squadrò Vincent.
Indossava un maglione blu con scollo a V e dei normalissimi jeans.
- Bene, sei sufficientemente normale. Metti le scarpe e andiamo.-
Senza replicare il ragazzo trotterellò in camera, evitando di protestare per il tono autoritario di Beatrix. Prese un normale paio di scarpe di tela e le indossò. Aveva fretta di rivedere Anna, sapere che cosa le era capitato e se stava bene. Probabilmente era troppo ansioso visto che quella ragazza aveva abbastanza anni di esperienza alle spalle per sapersela cavare da sola, ma lui non poteva fare a meno di preoccuparsi. Forse un po' dipendeva dal fatto che continuava a dimenticare quale fosse la vera età di Anna e un po' da quella strana sensazione che provava quando le stava accanto. Non era neppure sicuro che fosse legale avere una relazione con la sua maestra.
Uscì dalla sua stanza e raggiunse Beatrix all'ingresso. Lei aveva indossato un cappottino, molto simile a una sorta di moderna mantella, con il collo alto e il cappuccio. Come aveva fatto a non notarla quando era arrivata?
Prese la sua giacca dall'attaccapanni e le chiavi dalla ciotola dell'ingresso.
- Pronti.- disse.
Lei gli lanciò un'occhiata strana e rimase pazientemente ad aspettare che lui aprisse la porta per farli uscire.
Mentre il ragazzo chiudeva l'uscio con due mandate la fanciulla di avvicinò al parapetto per guardare le scale che scendevano sotto di loro. Già all'esterno dell'appartamento l'aria era più fresca anche se l'odore della candeggina, con la quale qualcuno aveva ben pensato di pulire il pianerottolo, le faceva bruciare un poco il naso.
- Andiamo o perderemo la metropolitana.-

Vincent guardava le ombre scorrere veloci dietro al finestrino.
Non si sarebbe aspettato di trovare posto a sedere, ma Beatrix aveva pensato a risolvere il problema. Le era bastato salire sul vagone e guardarsi intorno: in meno di un secondi gli occhi di tutti erano stati su di lei e a quel punto lei aveva solo dovuto dire una parola "uscite". Avevano obbedito tutti, i più erano risaliti su un altro vagone, mentre alcuni erano proprio scesi. 
Nel farlo un uomo le era passato accanto: non aveva uno sguardo uno sguardo inebetito come tutti gli altri e, quando le era arrivato vicino, le aveva sorriso e sussurrato "bel lavoro".
Era la prima volta che incontrava casualmente un Vampiro e si sentì piuttosto soddisfatto di averlo riconosciuto quasi subito.
Beatrix sospirò richiamando la sua attenzione.
- Manterrò il tuo segreto.- disse.
Vincent trasalì e si voltò verso di lei.
- Quale segreto?- domandò senza capire.
- La cotta che ti sei preso per Annabeth. Tra l'altro non è illegale, ma se il maestro contraccambia le cose possono farsi piuttosto complicate. Per questo motivo la società tende a disapprovare.-
Il ragazzo si sentì mancare il fiato.
- Calmati.- mormorò lei posando una mano sulla sua - Come ho già detto manterrò il tuo segreto. Sono una sostenitrice delle storie d'amore sconvenienti, sconvenienti per la società ovviamente, e se ne parlassi con Annabeth rischierei di compromettere il vostro futuro.-
Lui la fissò per qualche secondo indeciso sul da farsi, ma aveva così bisogno di parlarne con qualcuno che decise di fidarsi.
- Anna ha più di trecento anni, una lunga storia alle spalle e molte persone che le sono state accanto più o meno a lungo. Io sono solo uno tra tanti, come potrebbe mai interessarsi a me?-
Beatrix gli sorrise come solo lei era capace di fare, come se fosse sempre un passo avanti a tutti.
- Chi può dirlo? Margaret aveva quasi duecento anni più di me quanto ci conoscemmo e al tempo la differenza tra trasformati e patriarchi aveva un peso molto maggiore di adesso. Eppure siamo state sposate per più di quattrocento anni e ci ha separato solo la sua morte.- si strinse nelle spalle - Senza contare che la solitaria Lady Roth ti ha scelto come suo primo e per ora unico cucciolo. Direi che un barlume di speranza dovresti riuscire a vederlo.-
Lui sospirò.
- Certo che sei proprio una grande fan delle storie senza speranza...-
- Che ci posso fare, sono un'inguaribile romantica.-
La metro si fermò e i due si alzarono. Le porte si aprirono e Vincent scese per primo tendendo poi la mano a Beatrix per aiutarla. La fanciulla lo ringraziò con un lieve inchino.
- Avevi ragione.- disse lui - Dovevo darti una possibilità.-
- Sono lieta che tu ne convenga, quindi dimmi, qual è ora la tua opinione?-
- Credo che tu mi piaccia.-
Lei gli rivolse un sorriso aperto.
Non dubitavo. Di qua, spero apprezzerai il sushi.-
Vincent non aveva mai mangiato il sushi, ma a quel punto era aperto a qualsiasi esperienza. Seguì Beatrix su per la scala della metropolitana fin sulla strada trafficata.
La città brillava nella notte di mille luci colorate, mentre rumori di ogni tipo riempivano l'aria fredda e inquinata. Non era uno dei soliti quartieri di periferia a cui Vincent era abituato, per terra non si ammassavano cose marce lasciate ai lati della strada e la puzza del cibo scadente non si levava da ogni angolo.
Lo smog però non li abbandonava mai, né il rumore dei clacson o la luce artificiale che oscurava quella delle stelle.
Molto tempo prima, quando suo fratello e i suoi genitori erano ancora in vita, Vincent aveva visto le stelle, quelle vero, piccole luci in un cielo buio come il petrolio. Era stato molto tempo fa, quando ancora poteva contare i suoi anni sulle dita delle mani, ma ne aveva un ricordo vivido; quella notte, nel silenzio della piccola camera poteva udire distintamente il suo respiro e quello del fratello e il lieve russare di suo padre oltre la parete. Non era riuscito a dormire con tutto quel silenzio, non era stato proprio capace di chiudere occhio. Ora quella sensazione gli mancava.
- Quando sono nata non esistevano le macchine, né il rumore, né lo smog. In realtà non esisteva neanche l'America, se così si può dire. Era un mondo più semplice e allo stesso tempo più complicato. Tuttavia ci siamo adattati bene, è questa la nostra vera forza.-
Prima che Vincent potesse rispondere Beatrix spinse la porta di un piccolo ristorante ed entrò.
Era strano, c'era un tipo particolare di odore che non aveva mai sentito prima. 
Beatrix scambiò un paio di frasi in quello che lui intuì essere giapponese con una graziosa ragazza orientale che li aveva accolti all'ingresso, poi si sedettero a un tavolino quadrato.
- Parli giapponese?- domandò lui.
- Parlo una trentina di lingue diverse.- rispose lei - Se vivi per cinquecento anni devi trovare un modo di ingannare il tempo. E credimi, non è sempre facile.-
La campanella della porta suonò e Annabeth entrò nella stanza. La ragazza che li aveva accolti le si fece incontro per aiutarla e poi si allontanò subito.
- Scusate il ritardo.- disse Anna sedendosi al loro tavolo - Sono stata trattenuta.-
- Da cosa?- domandò Beatrix curiosa.
- Dalla polizia. Un tipo ne ha spinto un'altro sotto la metro e siccome ero presente ho dovuto testimoniare.-
Una cameriera sorridente posò tre bicchieri colorati davanti a ciascuno di loro.
Anna alzò un sopracciglio perplessa.
- Ho ordinato io.- disse Beatrix prendendo un sorso dal suo drink - Quindi non mi sbaglio nel dire che quello che hai suoi vestiti è sangue.-
- No infatti. Volevo passare a casa a cambiarmi, ma si è fatto tardi. Deve essere successo qualcosa nella Comunità perché entrambi i nostri uomini del distretto erano fuori quando sono arrivata in centrale.-
La fanciulla si alzò.
- Immaginavo che non lo sapessi. Due famelici hanno sterminato tre famiglie nel distretto ovest della città. Tutta la Comunità è in fermento; uno dei due è stato abbattuto, ma purtroppo l'altro è ancora in libertà. Ora vogliate scusarmi, ma dovrei lavarmi le mani.-
Si allontanò alla volta del bagno.
- Cos'è un famelico?- chiese Vincent.
- Un'aberrazione.- rispose Anna con una strana espressione in viso - Un Vampiro che è stato trasformato in maniera sbagliata. Prometto di spiegartelo meglio, ma per farlo dovrei intasarti la testa di informazioni nuove, quindi per ora è meglio aspettare.- sospirò - Piuttosto, devo scusarmi per averti lasciato con Beatrix, avevo detto che non l'avrei fatto. Ti ha maltrattato?-
Lui le sorrise.
- Non preoccuparti è andata bene, anzi credo addirittura che cominci a piacermi.-
- Questo è inquietante, ma okay.-
Beatrix si sedette nuovamente al tavolo e la cena li seguì subito dopo.
La prima impressione di Vincent riguardo al sushi fu che fosse viscido, ma più ne mangiava più lo apprezzava. Si chiese come avesse fatto a perderselo per tutto quel tempo.
Così intento ad assaggiare tutti quello che gli passava sotto il naso, lasciò che fossero le donne a fare conversazione. In realtà non capì neanche la metà di quello che stavano dicendo, visto che l'argomento principale fu quella serie di omicidi ad opera dei famigerati famelici. 
Ciononostante si accorse che Beatrix pareva più preoccupata di Anna e cercava di nasconderlo, come se avesse una visione più ampia del quadro.
Tuttavia decise di non impicciarsi della faccenda, d'altro canto se lei manteneva i suoi segreti lui avrebbe finto di ignorare il suo comportamento. Tra l'altro la sua maestra sapeva benissimo osservare con i suoi occhi.
Purtroppo il riso riempì lo stomaco del ragazzo e delle sue accompagnatrici prima di quanto avrebbero voluto, così dopo aver ordinato dei dolcetti ripieni di marmellata si fagioli rossi chiesero il conto. Beatrix avrebbe probabilmente voluto pagare, ma Anna fu più veloce a prendere lo scontrino.
- Sei qui per farmi un favore.- disse rivolta alla fanciulla - Quindi pagare il conto mi sembra il minimo.-
Senza battere ciglio prese duecento dollari dal portafoglio, ci pensò un attimo su e aggiunse altri venti dollari di mancia.
- Vince, potresti andare a pagare alla cassa per cortesia?- domandò.
- Certo.-  
Il ragazzo prese i soldi e trotterellò via ubbidiente.
- Bella mossa.- osservò Beatrix.
- Cerco di non coinvolgerlo, almeno per ora, non ha le armi per difendersi.- rispose l'altra -Comunque sono riuscita a trovare il tuo uomo...-
- Non qui, non ora.-
Annabeth la guardò perplessa.
- Qualcuno mi segue da stamane.- spiegò l'altra abbassando la voce - Ci stanno osservando anche adesso. È meglio rimandare la cosa a quando avrò la certezza di essere sole. Ti chiamerò io.-
La ragazza si guardò attorno circospetta.
- Comincio a pormi delle domande a cui dovrai rispondere prima o poi.-
- Mi prenderò la libertà di decidere come e quando.-
Vincent tornò al tavolo.
- A posto.- disse.
Le due si lanciarono un'occhiata e si alzarono contemporaneamente.
- Andiamo, abbiamo un lezione da cominciare.- disse Beatrix.

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