domenica 22 marzo 2015

Capitolo 28 - Verity

Il sole era ormai alto nel cielo, quando il campanello suonò.
Annabeth andò ad aprire la porta per far entrare Lloyd e lo invitò ad accomodarsi nella sala.
Vincent si alzò dal divano e, dopo averlo salutato, andò in cucina a preparare qualcosa da offrire all'ospite, tra i Vampiri era un'usanza piuttosto radicata.
Nel frattempo la sua Maestra e l'uomo si sedettero per parlare in tranquillità.
- Com'è la situazione?- chiese Lloyd mettendosi comodo.
La ragazza si strinse nelle spalle e accavallò le gambe.
- Non è molto mutata dalla notte scorsa. Dopo quel breve risveglio è tornata a dormire e a ora non si è ancora svegliata.-
Lui annuì lanciando un'occhiata verso la cucina.
- Capisco. Quindi credi che stesse cercando me?-
- Onestamente non saprei dire.- rispose lei con sincerità - Verity era molto confusa, ma mi è sembrato di intendere che non avesse idea ti chi tu fossi, quello che stava cercando era il proprietario della Lanterna. Ho avuto questa impressione, ma è difficile dire se sia corretta o meno perché ieri era davvero molto disorientata.-

Lloyd sbuffò.
- Ci sta anche che abbia ricevuto queste informazioni dagli Indipendenti e che di conseguenza non cercasse proprio me, ma qualcuno che la mettesse in contatto con loro e potesse darle protezione.-
La donna scosse la testa, passandosi le dita fra i morbidi ricci.
- Non so Lloyd, quella ragazza mi è sembrata del tutto all'oscuro riguardo al nostro mondo, non penso che abbia la benché minima idea di che cosa siano gli Indipendenti. È molto più probabile che il suo...diciamo Maestro l'abbia indirizzata da te nella speranza che te ne prendessi cura, finché non potessero ricongiungersi. Conosci qualcuno che si fidi di te a tal punto?-
- No.- rispose lui - O meglio sì, ma nessuno che non mi avrebbe avvertito prima di mandarmi un Discendente e soprattutto nessuno di nome Daniel.-
Lei lo scrutò attentamente per un paio di secondi.
- Sicuro che non aspettavi nessuno?-
- Non in questo periodo, Annina, e poi sai che te lo direi. È un periodo di festa, nessuno neanche tra gli Indipendenti si muovono durante queste festività a meno che non si tratti di un emergenza. E poi siamo sinceri, la ragazzina si sia ridotta in quelle condizioni nel giro di una settimana, quindi chiunque l'avesse mandata da me avrebbe fatto in tempo a mettermi in allerta. Temo di non poterti essere d'aiuto.-
Annabeth sospirò; la logica del suo vecchio amico era inattaccabile e questo non faceva che aprire altre domande sul ritrovamento di Verity.
- È un bell'enigma.- commentò pensierosa.
Proprio in quel momento Vince tornò dalla cucina portando un vassoio con due tazze di caffè fumante, un bricco di latte e dei biscotti.
- Nel caso aveste voglia di fare colazione.- annunciò posandolo sul tavolinetto davanti a loro.
Lloyd sorrise un po' imbarazzato, alzandosi dal divano.
- Scusami, ragazzo.- disse - Temo di non potermi fermare per colazione, anche perché ormai è quasi ora di pranzo e credo che la mia signora mi voglia a casa per aiutarmi a preparare. Ero venuto solo per sentire come sta la ragazzina.-
- Non ti preoccupare per quello.- lo rassicurò Annabeth - Sai che ti tengo informato e se c'è qualcosa di importante ti chiamo subito.-
- D'accordo.- confermò l'uomo - Comunque appena si rimette puoi mandarla da me non serve che sia tu ad occupartene.-
La ragazza incrociò le braccia sul petto e gli lanciò una strana occhiata.
- Non può stare da te.- osservò - Non è registrata presso il Municipio e dovrò pensare io a farlo, perché se lo facessi tu la cosa desterebbe sospetti, visto che la Comunità ti tiene d'occhio a causa di tutti i rapporti che hai intrecciato con gli Indipendenti. È meglio che resti qui, sarà più al sicuro.-
- Ne sei sicura?- domandò lui un po' stupito.
- Sicura.- rispose lei.
Vincent osservò lo scambio di battute tra i due senza commentare. Non si sorprese per lo stupore di Lloyd, Annabeth non era il tipo che amava la compagnia e lui sapeva bene che già la sua presenza in casa era stato un grosso cambiamento per lei, che le aveva causato più difficoltà di quanto non avrebbe mai voluto ammettere. Per questo fu molto orgoglioso della sua scelta di ospitare Verity, per la ragazzina rimanere in quella casa era la scelta migliore.
La donna accompagnò Lloyd alla porta e i due si salutarono, mentre Vincent riportava il vassoio in cucina.
La casa era stranamente tranquilla e silenziosa; i gatti dovevano aver percepito qualcosa di strano nell'aria e difatti era dalla notte precedente che si aggiravano per l'appartamento con fare circospetto. Solo Morrigan pareva non risentire​ della strana atmosfera e continuava a gironzolare inquieta dalla camera della giovane ospite agli altri locali della casa, infastidita dal comportamento anomalo degli altri felini della famiglia e dal fatto che nessuno pareva prestarle molta attenzione.
Annabeth raggiunse il ragazzo in cucina e si sedette su uno degli sgabelli dell'isola.
- Dobbiamo chiamare i fratelli Swift.- annunciò.
- Adesso? Non conviene aspettare che la ragazzina si svegli?- domandò il giovane.​
Lei sospirò.
- Avremmo già dovuto farlo quando l'abbiamo trovata, anche chiamandoli adesso Sigmund mi farà una bella lavata di capo.-
- E per quale motivo?- chiese lui perplesso.
Per quale motivo?- gli domandò lei in risposta - Perché non lo tengo abbastanza aggiornato, perché avrebbe potuto esserci d'aiuto... Sai come è fatto Sigmund.-
Vincent non poté che convenire: l'uomo infatti pareva incredibilmente infastidito quando Anna non lo metteva repentinamente al corrente di una situazione che lui reputava importante e i due finivano sempre per bisticciare. La parte peggiore era quando si tenevano il muso per un paio di giorni.
La ragazza presa il telefono e compose il numero, saltando giù dallo sgabello.
Mentre si ritirava in camera per parlare in privato con l'amico, lui fece un giro della sala per controllare di aver messo in lavastoviglie tutte le tazze e piattini sporchi, dopo di che andò a fare una breve visita​ alla loro giovane ospite per assicurarsi che non ci fossero novità.
Aveva appena fatto in tempo ad entrare che per la sorpresa​ fece un balzo all'indietro sbattendo contro la porta e chiudendola di schianto.
Verity se ne stava seduta sul letto con indosso solo la camicia da notte che le aveva messo Annabeth la notte precedente. Aveva ancora le flebo attaccate alle braccia e i fili degli elettrodi che spuntavano dallo scollo, ma aveva tolto la mascherina dell'ossigeno e stava cercando il modo di eliminare anche il resto. Seduta sul materasso con le gambe che penzolavano dal bordo, agli occhi del ragazzo appariva evidente tutta la sua magrezza e la sua fragilità​.
- Ti ho spaventato?- chiese lei alla reazione del giovane.
- No, tutt'altro.- mentì lui affrettandosi ad apparire disinvolto - Mi ha solo sorpresa vederti alzata, ma mi fa piacere.-
- Puoi togliermi questa roba?- chiese lei sollevando un poco le braccia e accennando un sorriso.
- Eh, credo sia meglio lasciarlo fare ad Anna, dammi un secondo che vado a chiamarla.-
Vincent uscì in fretta dalla stanza e andò a bussare alla porta della camera della sua Maestra. La ragazza aprì quel poco che bastava per potersi affacciare e coprì il microfono del cellulare con la mano.
- Che succede?- chiese.
Lui esitò un attimo prima di rispondere.
- Verity si è svegliata e vorrebbe che la staccarsi dalla flebo e dall'elettrocardiografo. Spero tu sappia come fare.-
Lei gli scoccò un'occhiataccia per quell'ultima battutina e tornò a parlare al telefono.
- Ehi, ascolta, si è appena svegliata, devo andare. Ci sentiamo più tardi d'accordo?...okay, ciao.-
Chiuse la telefonata​ e seguì il giovane fino alla stanza della loro ospite, ma qui fece cenno al ragazzo di aspettarla fuori ed entrò da sola.
Gli occhi ansiosi della ragazzina l'accolsero nella penombra della camera.
- Buon giorno, vedo che sei sveglia. Ti senti un po' più in forze stamani?- le domandò lei con gentilezza.
- Mi gira un po la testa.- rispose l'altra con un'ombra di stanchezza nella voce - Puoi togliermi questa roba?-
- Certo, la togliamo subito.-
Con attenzione Annabeth spense i monitor e tolse gli elettrodi dal petto della giovane, poi con l'aiuto del disinfettante e un batuffolo di cotone idrofilo le sfilò gli aghi delle flebo dalle braccia.
- Adesso dovrebbe andare meglio. Posso fare qualcos'altro per te?-
- Potresti accompagnarmi in bagno?- chiese Verity, abbozzando un sorriso imbarazzato.
- Naturalmente.- rispose la donna.
Si avvicinò a lei e l'aiutò a mettersi in piedi, poi le passò un braccio sotto le ascelle per sorreggerla. Le fece quasi impressione sentire al contatto le ossa della ragazza che sbucavano da sotto la pelle​ a causa di quell'innaturale magrezza.
Lentamente e con delicatezza attraversarono la distanza tra il letto e la porta e da qui si incamminarono lungo il corridoio.
Passando davanti Vincent, Annabeth gli disse di andare a prendere una sacca di sangue in cucina. Il giovane scattò subito sull'attenti e andò prendendo dal frigo quello che gli era stato richiesto, poi attese pazientemente il ritorno della maestra e di Verity. Ci volle un po' prima che tornassero dal momento che quest'ultima era estremamente lenta nei movimenti e molto debole. Quando finalmente le due ragazza riapparvero dal bagno e rientrarono nella stanza Annabeth gli fece cenno di seguirle.
Mentre lei la aiutava a rimettersi a letto, lui aprì le tende per far entrare un po' di luce, poi andò a sedersi su una delle sedie rimaste nella camera dalla notte precedente.
- Credo sia il caso che tu mangi un po'.- osservò la donna prendendo dalle mani del Cucciolo la sacca di sangue e passando​la a Verity.
Non ci fu neanche bisogno che le spiegasse cosa farne, prima che potesse darle qualsiasi indicazione la ragazzina a fondo i denti nel rivestimento di plastica e cominciò a succhiare avidamente il contenuto.
- C'è della fame qui.- osservò Vincent, prima che Annabeth lo potesse fulminare con lo sguardo.
- Non starlo a sentire. Dimmi piuttosto, come stai?-
Lei per un attimo abbassò la sacca ormai svuotata della metà.
- Un po' meglio.- rispose con le labbra tutte sporche di sangue - Ma temo di non aver capito ancora dove sono e chi siete voi, senza offesa.-
L'altra le sorrise con dolcezza.
- Nessuna offesa, è stata una nostra mancanza. Io sono Annabeth Roth, ma puoi chiamarmi Anna, mentre lui è Vincent Roth, il mio Cucciolo. Al momento ci troviamo nel mio appartamento, non alla Lanterna, ma siamo solo a una decina di minuti a piedi, quindi non hai da preoccuparti: nel caso dovesse arrivare il tuo maestro sarai subito avvisata. Per quanto riguarda il resto puoi restare qui quanto vuoi, ci fa piacere averti come ospite.-
- Davvero? Ti ringrazio molto.- mormorò e le sorrise con sincera riconoscenza, prima di tornare al suo pasto.
​- È il minimo che possiamo fare.- rispose l'altra - Devo però farti sapere che dovremmo occuparci di alcune procedure burocratiche. Dubito che il tuo maestro ti abbia registrato presso la Comunità e questo è un reato. Ad ogni modo sistemeremo tutto, ti registrerò a mio nome e ci inventeremo una storia plausibile, d'accordo?-
Verity annuì senza smettere di mangiare e i suoi ospiti le diedero il tempo di finire prima che Annabeth le ponesse la domanda che tanto le stava a cuore.
- Ascolta, perché non ci racconti da dove vieni e come sei arrivata qui? Potrebbe esserci utile per rintracciare il tuo Maestro.-
La ragazzina annuì.
-È una lunga storia, non so da dove cominciare...- mormorò.
- Comincia dal principio, come hai conosciuto il tuo maestro?-
- Oh, d'accordo, ma ci vorrà un po'.- osservò lei - Non vi rubo del tempo?-
- No, assolutamente, non abbiamo nulla da fare. Vai pure con calma.-
Va bene. Ehm...io vengo da Belfast...o meglio ci sono nata. La mia famiglia viveva nella campagna vicino alla città. Era un posto felice prima che iniziassero gli omicidi, ma questi avvenivano sempre lontano, vicino ai boschi...nessuno pensa mai che potrebbe capitare a lui, no?
- Già.- confermò Vincent.
- Dicci della tua famiglia.- la incoraggiò Annabeth.
- Sì. Eravamo in cinque: mia madre Mary, mio padre Peter, io, che ero la più grande tra i figli, e i miei fratelli Peter Junior e Patrick. Mio padre lavorava in un'azienda agricola, mentre mia madre faceva la cameriera. Al tempo in cui iniziarono gli omicidi loro non ne parlarono molto, ma so che erano preoccupati: misero un rigido coprifuoco per noi e quando erano fuori casa chiamavano più spesso. È stato più o meno in quel periodo che è arrivato Daniel.
- Era un'amico di famiglia?- chiese la ragazza.
- No, era uno zio di mia madre, uno di quei parenti alla lontana che non vedi mai. Si era trasferito da poco in città e mamma pensò di presentarlo alla famiglia. A mio padre non piaceva molto, ma ci fece l'abitudine.- si strinse nelle spalle - Alla fine passava la maggior parte del tempo con me. Avevamo un sacco di hobby in comune, mentre i miei fratelli si annoiavano subito con lui. È un uomo intelligente, ma allora sembrava avere grossi buchi per quanto riguardava la tecnologia e cose di questo tipo. Mi piaceva passare i pomeriggi insieme a lui e uscire di soppiatto la notte a studiare il cielo notturno, anche se c'era un coprifuoco; era come un fratello maggiore per me, con lui ero sempre felice.-
- Sembra una persona straordinaria.- confermò Annabeth - Ma al tempo tu non sapevi che fosse un Vampiro, giusto?-
Verity scosse la testa.
- Tutto questo accadeva circa tre anni fa. Andava tutto bene, non ero mai stata così felice in vita mia...poi arrivarono quelle cose. Ricordo che era una notte di gennaio ed eravamo tutti in sala al piano terra che ci dedicavamo a cose diverse. Daniel era tornato al suo appartamento e io disegnavo al tavolo da pranzo quando abbiamo sentito dei colpi alla porta. Pensavamo fosse lui che aveva dimenticato qualcosa, così mio fratello è andato ad aprire.-
Fece una breve pausa prima di continuare
- Non so cosa fossero o come fossero arrivate: erano come persone, ma magre, pallide e cieche e deformi...non erano umane, ora lo so con certezza. Presero prima Patrick che aveva aperto la porta, poi mio padre che aveva cercato di difenderlo. Non ricordo bene cosa accadde, ma so che mia madre urlava e disse a me e a Peter di salire di sopra a nasconderci. Io corsi su, ma lui rimase come bloccato; lei andò ad aiutarlo è una di quelle cose la uccise, poi passò a mio fratello, ma non lo vidi perché mi misi a correre su per le scale e mi barricai in camera, nascondendomi nell'armadio.-
La ragazzina si interruppe di nuovo: era scossa e le sue mani avevano preso a tremare.
Annabeth si sedette sul letto con lei e la strinse un poco fra le braccia.
- Deve essere stato terribile, mi dispiace tanto.- le sussurrò.
La tenne stretta ancora un po' prima di lasciarla andare. Verity si asciugò gli occhi e giocando nervosamente con le mani riprese il suo racconto.
- Non servì nascondermi: una di quelle cose sfondò la porta e cominciò ad annusare l'aria per trovarmi. Avevo così paura che non facevo che piangere e tremare e mi premevo le mani sulla bocca per fare meno rumore possibile, ma dentro di me sapevo che quella cosa mi avrebbe trovato lo stesso. Credo che sarei morta insieme al resto della mia famiglia se in quel momento non fosse arrivato Daniel a salvarmi. Colpì con forza quella creatura e poi mi prese in braccio e mi portò via. Da allora ho cominciato a vivere con lui: all'inizio ci siamo trasferiti nel suo appartamento a Belfast, così ho potuto finire la scuola. Poi a giugno di quest'anno ho preso il diploma e allora abbiamo cominciato a viaggiare. Avevamo già fatto dei viaggi in giro per l'Europa, ma questo era diverso: vivevamo proprio per strada, ci fermavamo in un posto per un po' e poi ripartivamo. Eppure finché c'è stato Daniel non mi è mai pesato.-
- Ma poi vi siete divisi. Cosa è successo?-
- Non lo so di preciso. C'era delle gente che cercava Daniel, gente spregevole. Credo che a un certo punto ci abbiano rintracciati ed è lì che sono cominciati i guai. Allora lui mi ha detto la verità. Mi ha detto che era un Vampiro e che per questo dovevamo usare identità false e tutto il resto. Mi disse che doveva trasformarmi per il mio bene, che sarei stata più forte e tutto il resto, che mi avrebbe insegnato. Ma poi ci siamo divisi e...beh, mi avete trovata così...-
- E quando vi siete divisi tu sei venuta in America?-
- Oh...no, ho saltato un passaggio...in realtà i guai sono iniziati quando siamo arrivati in America. Io sapevo solo che se ci fossimo separati sarei dovuta venire alla Lanterna.-
- E sai per qual motivo proprio alla Lanterna?-
- In realtà no, come ho detto, per Daniel era meglio che sapessi il meno possibile...però credo che lui cercasse qualcuno, qualcuno di molto importante per lui. Abbiamo girato a lungo cercando sue informazioni e queste ci hanno portato fino alla Lanterna. Ma solo Daniel sa quale fosse il passo successivo.-
- Il tuo Maestro era un uomo saggio e penso ti volesse molto bene. Sono certa che farà anche l'impossibile per venire a riprenderti.-
Verity sorrise appena.
- Grazie, Anna. Lui mi manca davvero molto.-
- Credimi lo capisco bene. Sono certo che anche a lui manchi, ma probabilmente vorrà evitare che ti rintraccino. Ad ogni modo qui sei al sicuro e puoi restare quanto vuoi. L'unica cosa è che dovremo comprarti dei vestiti nuovi e sistemarti un po' meglio la stanza. Oh, e poi c'è la...-
Il telefono di Annabeth cominciò a squillare interrompendola e lei dovette alzarsi per rispondere.
- Scusami un attimo.- disse - Ti lascio in compagnia di Vincent...Pronto?-
Uscì dalla stanza e accostò la porta.
Tra i due rimasti cadde un silenzio imbarazzante.
- Allora...- iniziò Il ragazzo sforzandosi di sorridere - Sai che abbiamo trentuno gatti?-

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