sabato 14 marzo 2015

Capitolo 25 - Il Regno dei Morti

- Dovresti essere a letto...-
Beatrix prese tra le mano la tazza di tè caldo che Annabeth le passava e ne bevve un sorso, aspettando che la sua interlocutrice si sedesse accanto a lei.
- Lo so, ma avevo bisogno di stare un poco da sola con i miei pensieri.-
La ragazza le sorrise.
Nei due lunghi giorni di convalescenza che erano seguiti al suo incidente, Beatrix era stata soffocata dalle attenzioni del fratello che non solo non la lasciava sola una momento quando era in casa, ma addirittura la chiamava almeno una volta ogni ora quando era al lavoro. A ciò si erano aggiunte anche le eccessive premure di Vince che, credendo di essere d'aiuto, quando il fratello della fanciulla era fuori di casa prendeva il suo posto, sbucando all'improvviso al suo fianco per sincerarsi che non avesse bisogno di nulla.
Fortunatamente Annabeth aveva trovato il modo di ovviare al problema spedendolo a controllare i gatti lasciati a se stessi nell'appartamento dall'altra parte della città.
- Almeno ti senti meglio?-
- Sì, certamente. Non era necessario che restaste.-
La ragazza si strinse nelle spalle.

- Da bravo medico non mi sentivo sicura a lasciarti da sola, il tuo caso richiedeva un periodo minimo di osservazione. Ad ogni modo vedremo di levare le tende entro domani, così non avrai più da preoccuparti almeno di Vince.-
- È un poco assillante, ma molto dolce.- rispose Beatrix - Sono molto più preoccupata per Sigmund.-
- Beh, gli hai fatto prendere un bello spavento. Comunque direi che sta migliorando, oggi non ha ancora chiamato.-
- E dubito potrà farlo visto che ho staccato il telefono.-
Risero nel rumoroso silenzio del grigio cielo cittadino.
Sotto di loro la sporca è dimessa periferia si muoveva con brulicante lentezza, inghiottita in un'affaccendata routine priva di scopo e direzione.
Dall'alto di quel tetto ad Annabeth appariva evidente l'inutilità che aveva quel vuoto affaccendarsi nel conseguire scopi privi di significato. Si domandò se da una vetta più alta anche le loro azioni apparissero così vuote.
- Dobbiamo tornare a Rosemary Laine.- disse Beatrix, avvicinando poi le labbra alla tazza per prendere un altro sorso di tè.
- Cominciò a pensare che il tuo istinto di auto conservazione sia compromesso.-
- Non credo, ma per quanto concerne il mio buon senso è possibile.-
La ragazza sospirò.
- Quale sarebbe il piano?-
- Muoversi in fretta: sono appena le undici della mattina, quindi abbiamo ore di sole sufficienti per poterci considerare al sicuro dai Famelici. Sigmund non tornerà a casa prima delle quattro e considerando che tra breve Vince uscirà per occuparsi dei tuoi gatti, dovremmo avere tutto il tempo per dileguarci prima del suo ritorno.-
Annabeth si fece pensierosa.
- Da come mi hai descritto la fabbrica è possibile che qualcuna di quelle bestie vi risieda stabilmente, magari negli scantinati.-
- È possibile, ma di sicuro sarebbe un numero gestibile. Due notti addietro, il giorno del mio...chiamiamolo incidente, c'era un Vampiro con loro, qualcuno che li guidava durante la scorrazzata notturna, quindi immagino che la maggior parte del branco risieda altrove, in un luogo che sia più gestibile, soprattutto durante il giorno.-
L'altra si mordicchiò il labbro inferiore, annuendo lentamente, mentre la sua testa metteva insieme le varie informazioni per valutare i rischi.
- Cosa vuoi andare a fare là?- chiese infine.
- Voglio trovare le ossa dei Trasformati del Senatore Bishop. Qualche indizio sulla sua scomparsa ci farebbe comodo e mi confermerebbe la veridicità delle parole di Agata Cooper.-
- Continuo a non riuscire ad avere un'idea d'insieme del percorso che stai seguendo, ma mi farò bastare questo.- si alzò - Cerchiamo di sbrigarci però, vorrei evitare di dover litigare con tuo fratello.-
Con attenzione si calò dal lucernario e rientrò nel solaio.
Aveva sempre pensato che fosse un luogo inquietante: normalmente le soffitte delle case erano polverose e piene di vecchi scatoloni che racchiudevano in modo confusionario i ricordi di una vita, mentre quella era perfettamente pulita e ordinata e gli oggetti erano raccolti in teche o bauli rigorosamente etichettati e catalogati. Le faceva venire i brividi, era certa che in un universo non molto diverso da quello Beatrix doveva essere una serial killer psicopatica.
Un lieve tonfo annunciò l'ingresso della fanciulla, al che scesero le scricchiolanti scale di legno per raggiungere il primo piano della casa.
- Vado a cambiarmi.- annunciò lei, vedendo arrivare Vincent.
L'altra la congedò con un gesto e rivolse la sua attenzione al Cucciolo.
- Anna, ti cercavo!- esordì lui - Faccio un salto a casa per sistemare i gatti, okay? Torno subito.-
Lei gli sorrise.
- Non serve che fai le corse, fai pure con calma.- rispose - E prima di venire via prendi qualcosa da studiare, in questi giorni stai facendo poco e nulla.-
- D'accordo, d'accordo.- rispose lui - Allora ci vediamo dopo.-
- A dopo.-
- Ciao!-
- A dopo.- lo salutò Beatrix.
Le due donne lo seguirono con lo sguardo mentre scendeva le scale e attesero immobili fino a che non sentirono chiudersi la porta.
- Propongo di prendere un taxi.- commentò la fanciulla.
- Sono d'accordo.- rispose Annabeth mettendo mano al telefono.

- È strano...- commentò Beatrix osservando l'imponente edificio, ormai compromesso dal passare del tempo.
Il vento gelido passò fra i capelli di Annabeth immobile davanti a quel mostro di cemento che un tempo era stato una fabbrica tessile. Da fuori sembrava solo la vecchia carcassa di una fabbrica, niente faceva indovinare gli orrori che celava al suo interno.
- Qualcosa non va?- chiese.
- Mi sorprende che mio fratello, non riuscendo a contattarmi, non abbia chiamato te.- rispose lei.
- Probabilmente l'ha fatto, ma ho bloccato le sue chiamate.-
- Mossa saggia.-
Si avviarono lungo il vialetto che conduceva all'entrata della fabbrica.
La ragazza si chiese come mai l'avessero chiamata Rosemary Laine: un tempo forse in quel luogo il rosmarino cresceva rigoglioso? O forse la donna o la figlia o la madre dell'uomo che aveva costruito la fabbrica portava quel nome e lui aveva voluto omaggiarla in quel modo?
Probabilmente il giorno che aveva aperto i battenti era stato un momento di gioia e speranza per decine, centinaia di persone, ma quello che aveva chiuso?
Sullo stipite della porta qualcuno aveva voluto dare un avvertimento: "Benvenuti nel regno dei morti, scappate ora che siete in tempo".
- È di un'agghiacciante banalità.- commentò Annabeth, tutt'altro che impressionata.
- Effettivamente...a mio parere una citazione dantesca sarebbe stata più consona allo scopo.-
- Per me si va nella città dolente?-
- Per me si va nell'eterno dolore / per me si va tra la perduta gente.-
- Giustizia mosse il mio alto fattore...-
- Fecemi la divina potestate / la somma sapienza e il primo amore. Poi?-
- Dinnanzi a me non fuor cose create / se non etterne e io etterno duro.-
- Lasciate ogni speranza voi ch'entrate.-
- Divina commedia, Dante.-
- Inferno, canto terzo.-
Le due donne si scambiarono un sorriso complice ed entrarono nel vecchio edificio.
L'aria era fredda e polverosa, dall'esterno il vento soffiava attraverso le finestre rotte e gli spifferi sollevando la polvere e i teli di nailon e facendo rotolare le lattine vuote abbandonate.
Annabeth si guardò attorno pensierosa, incerta su quale fosse la prossima mossa della sua incosciente amica.
- Ho trovato una mappa.- disse Beatrix - Il seminterrato è da questa parte.-
In silenzio si avviarono lungo i corridoi silenziosi: c'era una certa tensione nell'aria, un senso di disagio che permeava l'ambiente.
Annabeth teneva d'occhio la sua compagna d'avventura: zoppicava ancora leggermente, ma era praticamente impossibile tentare di fermarla quando si metteva una cosa in testa, l'unica soluzione era assecondarla e fare in modo di poterle essere abbastanza vicino da limitare i danni.
Eppure le piaceva quel temperamento, l'ammirava, ammirava la forza con cui nonostante tutto continua a ad andare avanti, senza temere niente e nessuno. Erano poche le persone così.
Scesero lungo una ripida e traballante scala in ferro per arrivare nella zona interrata.
Non le sfuggì lo sguardo circospetto che Beatrix lanciò tutt'attorno; in quell'ambiente la luce era scarsa e non si poteva escluderà la presenza di pericoli in agguato.
- Non mi sento proprio a mio agio.- commentò.
- Nemmeno io.- rispose la fanciulla - Ma purtroppo questa è la strada...-
Camminarono in silenzio per una cinquantina di metri con le orecchie tese, pronte a cogliere il più piccolo rumore, ma almeno all'apparenza oltre a loro non c'erano che ratti e scarafaggi annidati nella penombra dei tortuosi corridoi.
- Aspetta un attimo.-
Annabeth si voltò a guardare Beatrix.
Si era appoggiata alle parete e aveva preso il cellulare dalla borsa.
- Che succede?-
- Temo di essermi persa...- rispose lei, scorrendo col dito sullo schermo luminoso - Ah, no, ecco, dobbiamo svoltare a sinistra più avanti.-
Si scostò dal muro polveroso e raggiunse le ragazza, ma quest'ultima non poté fare a meno di notare che nel farlo il suo zoppichio era sensibilmente aumentato.
- Ti fa male?-
- Solo un poco, temo di essermi sforzata più del dovuto, ma non preoccuparti per me, posso proseguire.-
Senza troppa convinzione Annabeth seguì la sua malconcia guida in un tortuoso corridoio che si faceva più stretto ad ogni passo: ai loro lati correvano grossi tubi incrostati, offrendo sostegno e riparo a un'intera fauna locale non esattamente pittoresca.
Camminarono ininterrottamente per un buon quarto d'ora, sempre in silenzio per essere certe di cogliere il minimo segno di pericolo, quando all'improvviso si ritrovarono in un'ampia stanza, quasi totalmente occupata da un gigantesco pozzo centrale delimitato da una ringhiera.
- Questo c'è sulla mappa?- chiese Annabeth perplessa.
- No.- rispose l'altra fissando la mappa - Tra l'altro non sono un'esperta di progettazione di complessi industriali, ma non credo che sia una struttura consona a una fabbrica tessile.- commentò Beatrix facendo un paio di passi avanti.
- Non risulta neppure a me...-
Le due donne si avvicinarono alla ringhiera per guardare giù.
- Quanto pensi sia profondo?- domandò la fanciulla con fare prudente.
- Lo scopriamo subito.-
La ragazza raccolse da terrò un pezzo di cemento e lo getto nel pozzo.
Uno...due...t...- contò ad alta voce prima di essere interrotta da un lieve tonfo.
Chiuse gli occhi e fece un breve calcolo a mente.
- Una ventina di metri, più o meno...-
Beatrix inclinò leggermente la testa di lato.
- Temo di non riuscire a calarmi fin laggiù con la gamba in queste condizioni.- constatò.
- Senza l'attrezzatura adeguata non penso ci riusciresti neanche al massimo della forma.- rispose Annabeth scavalcando la ringhiera.
Guardò giù nel buio del cratere che le si apriva davanti.
- Se guardi troppo a lungo nell'abisso...- commentò.
- L'abisso ti guarda dentro.-
- Dannato Nietzsche.-
Senza indugiare oltre diede le spalle al pozzo e fece un saltello all'indietro, cadendo nel vuoto.
Dalle dita fuoriuscirono le lunghe unghie affilate con le quali rallentò la caduta conficcandole nelle pareti di terra battuta; nonostante ciò l'impatto col terreno non fu certo morbido.
Si rimise in piedi spolverando con le mani le ginocchia dei pantaloni dove aveva poggiato per terra.
L'ambiente era molto buio e freddo, anche i suoi occhi abituati all'oscurità faticavano a vedere ciò che aveva attorno. Ciò nonostante capì subito dall'odore di essere nel posto giusto: il tanfo di morte saliva dal suolo come una cappa soffocante, tanto che Annabeth si chiese come fosse possibile che non l'avessero percepito prima.
Si arrotolò la sciarpa intorno al naso e alla bocca e accese una piccola torcia per facilitare l'esplorazione.
- Tutto bene?- le domandò Beatrix dell'altro.
- No!- rispose lei - Dò un occhiata e poi ti dico, non posso parlare bene da qui!-
- Ricevuto.-
Attorno ai suoi piedi la maggior parte dei corpi erano ormai mummificati o addirittura ridotti a scheletri più o meno scomposti. Non aveva bisogno di strumenti medici per capire che erano stati masticati e spolpati e non tutti dopo la morte. Qualcuno doveva aver raccolto cadaveri abbandonati dai Famelici nei corridoi della fabbrica e averli gettati nel pozzo; il solo pensiero la faceva rabbrividire.
D'un tratto qualcosa attirò la sua attenzione.
Si girò e raggiunse la sponda del pozzo alle sue spalle; per terra c'erano due cadaveri di poche settimane, non con tutti i pezzi attaccati. Si chinò a terra per osservarli meglio: il primo era stato ampiamente macellato dopo la morte, ma ancora le era possibile comprendere che il trauma mortale doveva essere stato un colpo violento alla base del collo. Avrebbe avuto bisogno di più elementi per dirlo con certezza, ma non le pareva che si fosse difeso in alcun modo.
Il secondo era ridotto meglio: gli mancavano gli altri inferiori e la metà destra della facci era stata masticata, ma per il resto era abbastanza integro. Era morto per una singola coltellata alla gola che gli aveva reciso il midollo spinale, anche in qual caso non c'erano segni di difesa.
Con cautela e non senza un certo disgusto, Annabeth controllò gli abiti delle vittime: trovò due cellulari, qualche foglietto, una penna e un portafoglio. Scattò poi varie foto ai corpi, avendo cura anche di girarli con l'ausilio di un femore abbastanza pulito che aveva trovato poco distante, dopo di che decise che era ora di levare le tende.
Grazie ai robusti artigli e con decisamente più fatica che all'andata si arrampicò lungo le pareti di terra dura fino a conquistare la vetta, dove si prese qualche secondo di riposo sdraiata sul pavimento di cemento.
- Ti vedo provata...e puzzi di morte.- commentò Beatrix andandosi a sedere accanto a lei, con le gambe che penzolavano nel vuoto.  
- È pieno di cadaveri la sotto.- rispose lei - Decine e decine di corpi...-
- Compresi i due fedeli al Senatore Bishop?-
- Compresi loro, ma non c'è traccia del Senatore o della povera figlia. Tuttavia ho recuperato il portafoglio di uno dei due e i cellulari di entrambi: sono rotti, ma è possibile che i dati siano recuperabile, sempre che portino a qualcosa di utile.-
- Pensi sia possibile che siano stati uccisi dal terzo scomparso?-
- Di certo non sono morti a causa dei Famelici e così a prima vista direi che conoscevano il loro aggressore, quindi sì, penso sia una possibilità da prendere in considerazione.-
Le due donne si scambiarono una lunga occhiata in silenzio.
- Credo sia meglio andare.- concluse Annabeth, alzandosi in piedi.
Tese una mano a Beatrix per aiutarla e si avviarono verso l'uscita.
Nessuna delle due era dell'umore per chiacchierare, né avevano idea di cosa dire o pensare riguardo a quel macabro ritrovamento. Di conseguenza il percorso di ritorno fu un lento cammino accompagnato da uno spesso silenzio, solo quando finalmente furono fuori le parole tornarono a riaffiorare sulle loro labbra.
- Nevica.- sussurrò Beatrix.
I candidi fiocchi scendevano dal cielo lievi e fitti, depositandosi al suolo a formare un sottile strato bianco che copriva tutto ciò che toccava.
Pare sia arrivato l'inverno.- osservò Annabeth.
- Senza fretta si diressero al taxi che le aspettava sulla strada, a una decina di metri dalla recinzione arrugginita.
- Non denunceremo i morti.- disse a un tratto la fanciulla.
- Come?- chiese l'altra perplessa.
- Finiremmo per attirare l'attenzione, anche con una segnalazione anonima, ai giorni nostri nulla è poi così anonimo, senza contare gli indizi che potremmo perdere. Per il momento fingeremo di non saper nulla di questo posto è di non aver mai visto quello che abbiamo visto. Meno credono siano le informazioni in nostro possesso, maggiore sarà il nostro vantaggio.-
Annabeth si morse il labbro e guardò verso il cielo.
- Sarebbe interessante saper su chi...- osservò.
Beatrix aprì la portiera del taxi e le sorrise con quel suo fare furbetto.
- La vita è una lunga battaglia nelle tenebre. Lucrezio.-
Lei sospirò e scosse la testa rassegnata.

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