domenica 4 gennaio 2015

Capitolo 18 - Tradizioni e Atteggiamenti

Vincent si sentì mozzare il fiato. Per un istante perse ogni capacità di pensare, poi arrivò il colpo dietro le ginocchia. Le sue gambe si piegarono come stringhe di liquirizia, mentre il suo braccio veniva rigirato dietro la schiena con uno strattone. Cadde in avanti, sentendo la poca aria che ancora aveva nei polmoni lasciare il suo petto tutto d'un botto.
- Scusa, ti ho fatto male?-
La voce di Anna arrivò ovattata fino alle sue orecchie, accompagnata da un fischio fastidioso.
- Un attimo.- bofonchiò.
La ragazza si inginocchiò accanto a lui.
- Scusa, tendo ancora a essere un po' irruenta.- si scusò.
Vincent rotolò sulla schiena per riuscire meglio a ossigenare i polmoni.
- Eh, un pochino, sì.-
Il suo telefono trillò per avvisarlo che era arrivato un messaggio, così con estrema fatica allungò invano le dita verso il tavolino di vetro: era nuovo, quello precedente l'avevano rotto durante il primo allenamento. In quell'occasione Anna gli aveva dovuto mettere anche una quindicina di punti, ma in capo a un paio di settimane ogni traccia della ferita era scomparsa del tutto. Vincent l'aveva trovata una cosa stupefacente, seppure non quanto scoprire la quantità di medicinali e materiale medico che Anna teneva in casa.

La ragazza si alzò e prese il suo telefono, per poi tirarglielo con un sorriso.
- Prendo dell'acqua, tu ne vuoi?- chiese.
- Sì, grazie.-
Si mise seduto con le gambe incrociate per controllare chi gli avesse scritto, mentre la sua Maestra si dirigeva verso il frigo: era da quasi un mese che lo stava addestrando all'auto difesa e al combattimento a meni nude. Anna aveva uno stile strano, un misto di diverse arti marziali e tecniche di lotta, era difficile starle dietro, ma col passare dei giorni era progressivamente migliorato, di certo molto più velocemente di quanto si aspettasse.
- L'aereo di Beatrix è appena atterrato.- riferì Vincent leggendo il messaggio.
La ragazza si andò a sedere accanto a lui sul pavimento e gli passò la bottiglietta di plastica.
- Sigmund è andato a prenderla?- chiese prendendo un sorso d'acqua da quella che aveva in mano.
- No, prende il treno.- rispose lui - Fa un pezzo di strada con quel suo amico, poi lui va a Boston e lei torna a casa.-
- Ah, è vero, l'avevo dimenticato.-
Circa una settimana dopo il compleanno di Anna, Beatrix era partita per l'Europa. Aveva colto tutti piuttosto di sorpresa, ma, dai discorsi che aveva intercettato, gli era parso di capire che non fosse così strano per lei mettersi in viaggio da un giorno all'altro.
Durante la sua permanenza all'estero si erano sentiti via messaggio diverse volte; la fanciulla l'aveva tenuto informato sui suoi spostamenti e gli aveva mandato delle foto dei posti che aveva visitato. Il che gli aveva procurato diverse lavate di capo da parte di Anna, ogni qualvolta quegli scambi di informazione avvenivano durante gli orari di allenamento o di lezione.
- Mi chiedevo: ma questo Cedric, che tipo è?- domandò Vincent.
Anna si strinse nelle spalle.
- Non lo conosco, non di persona. Ammiro molto il suo lavoro però, è un medico rinomato tra i Sapiens, ma una mente decisamente fuori dal comune tra la nostra gente, le sue ricerche sulla risposta delle cellule ai fattori di crescita tissutale specifici ha rivoluzionato l'approccio medico d'urgenza nella Comunità.-
Il ragazzo non aveva capito assolutamente di che cosa stessero parlando, ma decise che insistere non avrebbe migliorato la situazione.
- Comunque - riprese Anna - ci sta che lo conosceremo alla cena d'inverno. Sempre che non sia sempre a Boston.-
- Alla cosa?-
I due si fissarono per qualche istante: la ragazza pareva non aver capito la domanda, mentre lui era incerto se riformulare il quesito o aspettare che lei lo elaborasse. Per fortuna lei comprese la situazione prima che lui dovesse prendere una decisione.
- Ah, certo, scusa, la cena d'inverno. È un po' come il vostro Natale, solo che noi lo festeggiamo la notte tra il 22 e il 23 dicembre.-
Il viso di Vincent si illuminò.
- Oh, bello, e...- si interruppe - voi non siete religiosi, no? Quindi cosa festeggiamo?-
Lei ridacchiò.
Si alzò in piedi e tese una mano al ragazzo per aiutare al alzarsi.
- No, non lo siamo. Infatti festeggiamo la notte più lunga. Una volta non era così facile per noi girare in pieno giorno: le creme solari non esistevano e le donne nella società dei Sapiens dovevano sottostare a determinate costrizioni. Così il giorno del solstizio d'inverno, festa pagana, prima che arrivassero i Cristiano a ribattezzarlo col nome Natale, ci riunivamo insieme per celebrare il momento dell'anno in cui il nostro dominio sul mondo era più lungo. Un tempo si organizzavano cacce di gruppo, in quell'epoca i Sapiens erano pochi e quello era l'unico giorno in cui era consentito uccidere per nutrirsi. Oggigiorno ci riuniamo intorno a una tavola imbandita e ceniamo con le persone care.-
Vincent rimase a lungo in silenzio prima di trovare qualcosa da dire.
- Poetico.- commentò infine.
- Ti sconvolge la crudeltà della festività?- domandò lei.
- Lì per lì sì.- rispose Vincent - Ma poi ho pensato ad alcune usanze del passato e credo che tutto sommato c'è poco di cui essere sconvolti.-
I grandi occhi blu della ragazza lo attraversarono come lame roventi, mentre sulle sue labbra si distendeva un sorrisetto ambiguo.
- Quindi tu non lo faresti? Uccidere per mangiare, intendo.-
Il ragazzo si sentì a disagio.
- Io...non lo so...alla fine se non è necessario non vedo perché farlo. Gli esseri umani hanno affetti, sogni, speranze...non credo sarebbe giusto.-
Anna prese il tavolino e lo rimise al suo solito posto.
- Se chiami loro "esseri umani", noi cosa siamo?- chiese lentamente.
- Forse noi non abbiamo affetti, sogni e speranze?-
Lei fece scrocchiare il collo, ruotando la testa in modo da fissarlo negli occhi.
- È così infatti, ma come ti ho detto un tempo era più dura anche per noi. Le cacce erano più saltuarie e non si poteva conservare il sangue per nutrirsi all'occorrenza. Tu hai avuto un'assaggio di cos'è la Fame, quella smania di sangue che ti dilania da dentro. Un giorno all'anno, per la festa d'inverno, quella fame poteva essere saziata. Ora le cose sono molto diverse e possiamo alimentarci senza fare stragi, il che ha vantaggi sia morali che fisici.-
Vincent si mordicchiò il labbro.
Cos'era, una sorta di prova? Una domanda a trabocchetto? Aveva dato la risposta giusta o sbagliata? A volte aveva l'impressione che Anna dicesse determinate cose solo per testarlo, per metterlo alla brava, per saggiare la sua reazione. Ma quando aveva ottenuto ciò che desiderava passava sopra l'argomento come se nulla fosse, impedendo al ragazzo di farsi un'idea su quello che le passasse per la testa. Comunque andasse si sentiva sempre un passo indietro.
- Comunque non ci sarà alcun scambio di regali.- ripresa Anna sistemando il divano - Quelli ce li scambiamo a capodanno. Però c'è una tradizione graziosa: il 10 di dicembre si addobba un abete, come fanno anche i Sapiens, ma nel nostro caso si fa con piccoli fiocchi di neve di vetro, generalmente argentati. Poi si mette una sola pallina di un altro colore, in genere blu, alla base dell'albero e ogni giorno se ne aggiunge un'altra formando una spirale che sale verso l'altro. La notte del 22 di aggiunge il puntale.-
Come c'era da aspettarsi era repentinamente tornata all'argomento precedente.
- Tipo un calendario dell'avvento...- osservò.
- Un cosa?- chiese lei perplessa.
- È una specie di calendario, ma a tre dimensioni, di cartone o legno. Per ogni giorno prima di Natale, partendo credo dal primo di Dicembre, c'è uno sportellino o una casellina e dietro c'è una sorpresina o un cioccolatino. È per i bambini.-
- Si impara sempre qualcosa di nuovo.- commentò lei poco convinta.
Il ragazzo prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni e diede un'occhiata allo schermo.
- Sai che oggi è già l'11 di dicembre. Siamo già indietro.-
- È vero, ma non abbiamo neppure l'albero.- rispose lei - Senza contare che gli addobbi sono in cantina...ho bisogno di un bagno e tu di una doccia, poi usciamo e andiamo a comprare un abete, va bene?-
- Oh, d'accordo.- rispose l'altro entusiasta.
Lei raccolse da terra il suo maglione e si avviò verso la sua stanza.
Vincent la seguì lentamente nel corridoio, per poi dirigersi lentamente verso la sua stanza, i piedi nudi a contatto col parquet riscaldato.
- Vince...-
Lui si voltò.
Anna era ferma sulla soglia della porta con una strana espressione sul viso.
- Sì?-
Lei inclinò un poco la testa di lato.
- Le regole di questo mondo sono complicate, ma avrai tempo per adattarti e per capirle. È una buona cosa che tu abbia degli scrupoli e una salda morale, ma dovrà evolversi affinché tu possa vivere in questo mondo senza crollare.
Vincent la guardò in silenzio per qualche secondo.
- Credo di capire.- disse.
- Lo so, sei un ragazzo sveglio.-
Ciò detto si voltò e chiuse la porta.

Sigmund ripose i libri sullo scaffale in alto e scese dalla scala.
La grande biblioteca era silenziosa; in quel periodo dell'anno gli esami erano ancora lontani ed erano pochi gli studenti che rimanevano a studiare dopo le sei del pomeriggio. Quel giorno specifico non si erano visti che pochi fedelissimi avventori, la maggior parte dei giovani Vampiri si stava preparando per la festa d'inverno; per le matricole l'eccitazione era già alle stelle.
Sigmund personalmente non amava le festività, né quelle che riguardavano la sua gente, né quelle celebrate dai Sapiens; fin da quando era giovane era mai riuscito ad apprezzare la concitazione caotica che generavano i grandi festeggiamenti, né tantomeno le gesta irresponsabili in cui finivano per degenerare quando l'alcol e i bollenti spiriti prendevano il sopravvento sulla situazione.
Per sua fortuna sua sorella era sempre stata del suo stesso avviso, così che la maggior parte degli anni della sua vita aveva potuto trascorrere con lei, sua moglie e pochi intimi piacevoli serate che non si sarebbero concluse in tragedia per nessuno.
Con delicatezza esaminò le copertine di alcuni libri accatastati sulla scrivania: erano antichi volumi rilegati in pelle che erano stati riconsegnati un paio di giorni prima, ma nessuno si era preso la briga di rimetterli a posto. La cosa lo infastidiva sempre, ma d'altro canto era lieto di poter essere lui ad occuparsi della disposizione e dell'ordine dei vari settori, almeno era sicuro che nessuno avrebbe fatto confusione.
Prese due grossi tomi dello stesso autore e si diresse nella sezione storia.
Non capitava spesso che lavorasse di giovedì, era un giorno piuttosto leggero e preferiva lasciarlo a chi aveva una famiglia di cui occuparsi, ma quella settimana aveva fatto a cambio con un collega in modo da avere la serata libera e poter stare a casa il giorno successivo per poter passare del tempo con Beatrix. Era stata via più di un mese e in quel periodo, nonostante si fossero sentiti con una certa regolarità, non avevano avuto modo di parlare veramente per più di una decina di minuti alla volta. Poteva sembrare sciocco, ma quando sua sorella mancava, sentiva nostalgia delle sue chiacchiere e dei suoi consigli; certo aveva Annabeth con cui intrattenere amabili conversazioni, ma non era la stessa cosa.
Salì i tre gradini in legno che portavano alla pedana rilevata su cui si trovava lo scaffale.
La libreria era costruita su una struttura di pietra con archi che dividevano le varie sezioni e all'interno era fatta completamente in mogano.
I volumi che l'uomo doveva riporre andavano collocati in una nicchia circolare di un diametro di un paio di metri, su un bello scaffale arcuato.
Sigmund si arrampicò sulla scala per raggiungere il ripiano dal quale mancavano i due tomi; purtroppo qualcuno aveva ben pensato di lasciare al loro posto un voluminoso vocabolario di latino, così che dovette prima rimuoverlo per poterli riporre e riportare al suo posto l'ingombrante intruso.
Stava sistemando il secondo dei due libri di storia quando un voce familiare richiamò la sua attenzione.
- Buon giorno, Sigmund, posso rubarti un minuto?-
Le dita dell'uomo si strinsero intorno alla scala, mentre la sua mascella si serrava con forza nel tentativo di mantenere un tono di voce controllato.
- Cosa vuoi, Arthur?- chiese senza voltarsi.
Il comandante della Guardia assunse un ghigno divertito fermandosi a qualche passo dallo scaffale. Con aria spavalda infilò una mano in tasca e piantò il bastone animato per terrà, in faccia stampata un'espressione arrogante.
- Salutare è una questione di educazione.- commentò - Ma da quelli come voi non mi aspetto più neanche questo. È da settimane che cerco di mettermi in contatto invano con tua sorella, sai dirmi dove trovarla?- chiese.
Sigmund prese il vocabolario e si voltò.
- Non è in America.- rispose secco - Credo dovrai aspettare ancora.-
- Seccante.- osservò l'altro - Immagino non vorrai dirmi quando torna.-
Sul volto dell'uomo si distese un tenero sorriso di scherno.
- Non ti direi neanche come uscire di qui, Arthur.-
L'altro ridacchiò sommessamente scuotendo la testa.
- Non dovresti essere così scortese con il comandante della Guardia, può essere pericoloso, soprattutto di questi tempi. Chiedilo ad Anna, ci siamo incontrati non molto tempo fa.-
Negli occhi di Sigmund brillò una strana scintilla.
- Tu credi?- commentò in tono sommesso.
Arthur strabuzzò gli occhi e si portò una mano alla gola. Dalle labbra gli sfuggì un mezzo grido strozzato prima di cadere al suolo contorcendosi dagli spasmi di dolore.
- Cercherò di essere chiaro.- disse l'altro con calma scendendo dalla scala - Mia sorella non è l'unica in grado di farti uscire il sangue da ogni orifizio del corpo. Certo, se tu riuscissi a cogliermi di sorpresa o se fosse abbastanza vicino o abbastanza veloce da prendermi per primo probabilmente non avrei scampo, ma si dà il caso che io sia piuttosto attento e sufficientemente capace da difendermi lo stretto necessario per renderti inoffensivo.-
Posò il libro sul tavolo e andò a inginocchiarsi accanto al corpo annaspante dell'uomo.
- Se tu fossi stato abbastanza attento a scuola sapresti che sulla lunga distanza un fisico d'attacco non non ha nessuna possibilità contro uno psichico, ma tu sei troppo stupido per prestare attenzione a questo genere di cose. In oltre, per lo stesso motivo, avresti dovuto prevedere che non ci avrei messo molto a capire che non sei qui per conto della Guardia, visto che non indossi la divisa. Quindi proverò a essere breve: stai lontano da me, da mia sorella e da Anna o ti giuro sul mio onore che la prossima volta che ci vedremo tutto questo ti sembrerà un rilassante massaggio orientale.-
Si alzò e prese il vocabolario dal tavolino su cui l'aveva lasciato.
Alle sue spalle l'uomo riprese a respirare e cominciò a tossire con forza non appena l'aria gli entro nei polmoni.
Sigmund non ci fece caso, discese i gradini e si diresse verso l'area di lingue, ma prima si fermò un attimo.
- Ah, buona giornata Arthur.- salutò in tono pacato.

La serratura scattò e la porta d'ingresso si aprì lasciando entrare una ventata di aria gelida insieme a una Beatrix dai capelli scompigliati e col naso arrossato.
- Accidenti, la temperatura è scesa parecchio.- commentò la fanciulla parcheggiando due piccoli trolley accanto all'ingresso - Speriamo che nevichi quest'anno.-
Chiuse la porta e si tolse il cappotto.
Sigmund uscì dalla cucina portando un vassoio con tè e biscotti.
- Pare che le previsioni siano favorevoli.- commentò poggiando le vivande sul tavolinetto del soggiorno - Ma il meteo non è una scienza esatta.-
Beatrix lo abbraccio sollevandosi sulla punta dei piedi e lo baciò sulle guance.
- Bentornata.- la salutò lui ricambiando l'abbraccio.
- Sono felice di vederti.- rispose lei con un sorriso - E ti porto anche i saluti di Cedric, non vede l'ora di rivederti dopo tanti anni.-
Si accomodò sul divano e Sigmund servì il tè.
- Pensavo sarebbe tornato con te.- osservò.
- Purtroppo no, ha una conferenza a Boston tra un paio di giorni e poi deve sbrigare delle faccende in giro. Ci raggiungerà nelle prossime settimane, ma sai com'è fatto, potrebbe tardare.-
L'altro annuì in segno di approvazione.
- Come è andato il viaggio?- domandò.
- Oh, piuttosto tranquillo, se non fosse che Cedric ha paura di volare, cosa che ha reso l'ora precedente e successiva al decollo piuttosto...tesa. Fortunatamente è un Fisico.-
Sigmund abbassò la tazzina e si schiarì la voce, portandosi un grazioso tovagliolino ricamato a mano alle labbra.
- Non vorrei turbare questo momento e, credimi, non c'è cosa di cui vorrei parlare maggiormente che del tuo viaggio, ma c'è una cosa di cui dobbiamo discutere prima.-
Il volto rilassato della fanciulla assunse un'espressione vigile, mentre i suoi grandi occhi indagatori scrutavano il volto del fratello. Posò le mani in grembo tenendo fra le dita la delicata tazzina di porcellana.
- Ti ascolto.-
L'uomo si piegò un poco in avanti poggiando i gomiti sulle ginocchia.
- Oggi è venuto a cercarmi Arthur in biblioteca per chiedermi di te. Non era in veste ufficiale, ma questo vuole dire poco di questi tempi. Puoi dirmi cosa stai combinando?-
- Cerco delle risposte.- rispose lei - Ma lo dovresti sapere bene, non ho segreti per te, fratello.-
Lui sorrise amaramente scuotendo la testa.
- Sorella mia, tu hai segreti anche con te stessa, figuriamoci con me. Sto solo cercando di capire quanto profonda è la fossa che ti sei scavata.-
La fanciulla bevve un sorso di tè.
- Abbastanza profonda da aver trovato già molti scheletri sotto la superficie.-
Sigmund si passò le dita fra i capelli lasciandosi cadere contro la spalliera del divano.
- Per l'amor del cielo, Beatrix.- sussurrò - Vuoi davvero che una di queste sere la guardia entri da quella porta per ti portarti via?-
- Se sarà servito a qualcosa...- rispose lei tranquilla.
Rimasero a lungo in silenzio mentre il fuoco scoppiettava allegro nel camino lanciando riflessi arancioni nella stanza.
Alla fine l'uomo si chinò in avanti e prese un biscotto dal piattino al centro del tavolo.
- Quindi, per ricapitolare, sei stata a Monaco e...-

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