domenica 11 gennaio 2015

Capitolo 19 - La Guardia delle Falene

Bastet strofinò il nasino rosa contra la faccia di Annabeth ed emise un miagolio gorgogliante che si trasformò subito in un concerto di fusa affettuose.
La ragazza allungò pigramente le dita, ancora mezza addormentata, per accarezzare la gatta impaziente. Pian piano si convinse ad aprire gli occhi, si raggomitolò e poi si stiracchiò per mettere in moto i muscoli e sbadigliò, senza smettere di grattare la testa della micina.
Fu solo quando si mise a sedere sul letto e ebbe una panoramica migliore della stanza che si accorse di non essere sola. Cacciò un gridò e saltò un metro indietro finendo contro la spalliera.
- Era ora.- commentò Beatrix controllando l'orologio da polso - Temevo avresti impiegato un'eternità a riprenderti dal torpore del sonno.-
Annabeth si passò le dita tra gli arruffati ricci rossi e si guardò attorno confusa.
- Che diavolo ci fai nella mia stanza?-
La fanciulla prese in braccio Ziva, una dolcissima blue di Prussia di nove anni dal pelo soffice come una nuvola, e si sedette sul bordo del letto.
Era vestita in modo inusuale per il suo standard: indossava una gonnellina grigia corta a portafoglio con trama scozzese in nero e bianco, una morbida camicetta bianca sotto un bolero grigio antracite e calze bianche appena sopra il ginocchio con un ricamo nero sul bordo.

- Vincent mi ha fatto entrare...ovviamente non in camera tua, ma dal momento che lui è Sigmund sono andati a prendere la colazione ho pensato di potermi prendere la liberà di entrare. In fondo la porta non era chiusa a chiave.-
- È pericoloso dormire in una stanza chiusa a chiave, non si sa mai cosa può succedere.- rispose l'altra stropicciandosi gli occhi - Ad ogni modo vedo che il viaggio in Europa non ti ha cambiata.-
Avrebbe dovuto sorvolare sul fatto che il fatto che la porta non fosse chiusa non era certo un invito a entrare, ma si divertiva a stuzzicarla.
Beatrix le rivolse un sorriso ambiguo.
- Direi di no, come questo mese di convivenza non ha cambiato le tue abitudini: dimmi, giri anche per casa con solo quella addosso.-
La ragazza chinò lo sguardo per controllare la cannottierina di cotone del pigiama con cui era solita dormire.
- Direi di sì, cos'ha che non va?-
La fanciulla alzò un sopracciglio.
- Lascia poco all'immaginazione e tu vivi in casa con un ragazzo di vent'anni in pieno risveglio ormonale. Cerca almeno di metterci un reggiseno sotto.-
Beatrix, la indosso giusto per fare colazione, sei la solita esagerata.- commentò l'altra con un sospiro.
- Esagerata? Mia cara, io parlo solo con cognizione di causa: sono una lesbica in astinenza da più di mezzo secolo e credo di comprendere meglio di te gli istinti di un giovane maschio single in questo momento.-
Annabeth si coprì i seni con un braccio e allungò l'altro a prendere il golfino grigio che la sera premi aveva lasciato sulla sedia accanto al letto.
- Sai essere persuasiva.- commentò indossandolo.
Lo so. A volte penso quasi che sia un peccato sapere di non essere il tuo tipo, sono certa che saresti un'avventura divertente.-
Le due si guardarono per qualche secondo dritte negli occhi, poi la ragazza si lasciò sfuggire una risatina. Dopo tutto il tempo che aveva passato lontano da Sigmund e dalla sua inquietante sorellina, aveva scordato quanto sfacciatamente sincera potesse essere quella strana fanciulla. Ma forse era anche grazie agli anni trascorsi che riusciva ad apprezzare quel complicato carattere.
- Sarebbe una situazione quasi paradossale.- commentò - Ma ti ringrazio per l'interesse.-
Beatrix le strizzò l'occhio.
- Quando vuoi.-
Annabeth sorrise e sbadigliò nuovamente, stiracchiandosi bene.
- Allora, di cosa volevi parlarmi in privato?-
Quel caratteristico sorriso ambiguo ricomparve sulle labbra della fanciulla dai capelli color platino.
Posò delicatamente Ziva sul materasso a prese una piccola borsa di pelle rettangolare da pavimento accanto ai suoi piedi.
Mentre l'apriva per prendere un taccuino nero dal suo interno, Annabeth si piegò un poco in avanti incuriosita.
- L'ho trovato in una soffitta di una casa londinese.- disse Beatrix passandoglielo - La casa era intestata a Emilia Falchetti, uno degli pseudonimi che Margaret era solita usare. Tuttavia credo che sia tu a doverlo avere.-
La ragazza osservò il taccuino.
Era vecchio, molto vecchio, rilegato in pelle nera è tenuto chiuso da un laccio di cuoio che gli girava varie volte intorno. Sulla parte anteriore della copertina era impresso uno stemma circolare: la maggior parte di esso era occupato da una grossa falena sormontata un calice traboccante e sopra di essa si leggevano quattro parole, "et in sanguine fides ".
Annabeth ci passò sopra le dita con delicatezza, come se si trattasse di qualcosa di estremamente fragile e prezioso.
- L'hai letto?- domandò in un sussurro.
- Sì. Speravo mi potessi aiutare a colmare le lacune.- rispose l'altra.
La ragazza srotolò il cordino di cuoio e aprì il taccuino. Sulla prima pagina c'era un'annotazione, l'inchiostro col tempo si era ossidato e ora appariva in un rosso sbiadito, ma era perfettamente leggibile: "appunti" diceva la nota e poco più sotto "David Rotherdam".
Annabeth sfiorò quel nome con la punta delle dita, le sue la bara si contrassero in un'espressione di dolore mentre i suo occhi si velavano di tristezza.
- La Guardia delle Falene è stata sterminata quando avevo dodici anni. Al tempo tu ne avevi molti di più, non so come potrei esserti utile.- disse piano.
Beatrix si passò lentamente le dita tra i capelli, fermati in una coda da un fermaglio di madreperla.
- Al tempo le gesta della Guardia erano note a tutti, ma si avevano poche informazioni sui suoi membri, visto che erano anonimi. Anche per questo i motivi e le circostanza che portarono alla strage dei suoi componenti non sono mai stati chiariti, ma magari nella tua memoria sono contenuti indizi che neanche credi di avere.-
La ragazza sospirò appena continuando a fissare quel nome sulla pagina ingiallita.
- Mio zio, David Rotherdam era il Comandante della Guardia delle Falene. Quando avevo otto anni, origliai una conversazione tra lui e mio padre e colsi quest'informazione, ma misi insieme i pezzi solo molti anni dopo.- alzò lo sguardo a incrociare quello di Beatrix - Scommetto che non sai molto di lui.- osservò con un melanconico sorriso.
- Poco in effetti.- rispose l'altra, accogliendo sulle sue ginocchia la vecchia blu di Prussia ancora desideroso di attenzioni - So che tuo nonno, Alastor, lo trasformò quando aveva già più di quarant'anni e lo trattò al pari di un figlio.-
- Così come mio padre lo trattò al pari di un fratello e io stessa l'ho sempre considerato mio zio. Era un uomo molto buono e gentile, con me era molto dolce e quando ci veniva a trovare mi portava sempre un piccolo pensiero, perché ero la bimba della famiglia. Quando mio nonno morì spartì tutti i suoi beni tra lui e mio padre, ma David rifiutò la sua parte di eredità e cambiò il suo cognome in Rotherdam: erano tempi difficili per i Trasformati, lo sai meglio di me, e non voleva che il nome della famiglia fosse sminuito, così che mio padre potesse far valere i diritti dei Trasformati presso la società. Per essere d'aiuto in quei tempi bui, mio zio creò la Guardia delle Falene, allo scopo di vigliare sugli scontri sempre più frequenti che si consumavano nelle strade del Regno Unito: l'anonimato era garantito dalle maschere che indossavano così che potessero partecipare sia Trasformati che Patriarchi senza che ci fossero ripercussioni. Evidentemente non funzionò molto bene visto che furono sterminati uno per uno mentre si trovavano nelle loro casa.-
- Me lo ricordo bene. Anche il padre di Margaret faceva parte della Guardia.- rispose Beatrix.
Annabeth annuì.
- Dopo la Guardia toccò ai Roth, mio padre fu il primo, poi mio fratello e sua moglie e infine i vari Cuccioli e Trasformati ancora in seno alla famiglia, non si salvò nessuno.- sospirò - Dopo solo i Turner fra tutte le famiglie nobiliari ci rimasero fedeli e assunsero la reggenza del regno nell'attesa che io o un mio erede decidessimo di tornare a regnare sul nostro territorio. Ma fu creata la Comunità e non ci fu più bisogno di attendere.-
Beatrix annuì malinconica.
- Questo lo so, salì sul trono il fratello maggiore di Margaret e poi suo figlio. Sono piuttosto ferrata in storia, quello che mi domandavo è se sei a conoscenza di qualche dettaglio che può spiegare lo sterminio delle Falene.-
La ragazza assunse un'aria pensosa, cominciando a tormentarsi il labbro inferiore, quando a un tratto nei suoi occhi si affacciò una strana scintilla. Tenendo il quadernino tra le mani si appoggiò allo schienale del letto e spostò il suo sguardo verso il soffitto.
- È una cosa a cui non pensavo più da molto tempo.- disse piano - lo ricordo bene perché accadde il giorno del mio compleanno: gli altri erano in cortile, ma io non ero una bambina socievole, così ero rientrata in casa per starmene un po' per conto mio. Passai davanti alla libreria e mi fermai sentendo mio zio e mio padre che parlavano a voce alta in italiano: la cosa mi incuriosì perché lo facevano solo quando temevano di essere ascoltati da terzi, ma per me era come una seconda lingua. Parlavano di Famelici per lo più, ma mio padre sembrava furioso, non con mio zio, diceva che avrebbe preso il responsabile è messo fine a quella storia una volta per tutte. Non vi avevo dato peso finora, ma dopo aver incontrato Iris e le nostre conversazioni...avrei dovuto pensarci.-
La fanciulla parve ponderare per qualche secondo le parole della sua interlocutrice.
- E come mai ritieni che questo abbia a che fare con lo sterminio della Guardia?- domandò.
- Perché un paio di giorni dopo mio padre partì per l'Italia e una settimana dopo che fu rientrato l'intera Guardia fu sterminata. Mi sembra una strana coincidenza.-
Beatrix rimase qualche secondo in silenzio, con le sopracciglia aggrottate è una strana espressione in viso. Ci mise un po' per formulare la domanda.
- Partì per l'Italia, ne sei sicura?- chiese.
- Al cento per cento.- rispose l'altra - Per quale motivo?-
La fanciulla si passò la lingua fra le labbra con lentezza.
- Margaret è stata in Italia due mesi prima che fosse condannata a morte e lo stesso vale per Alvin Bishop, membro degli Indipendenti, nonché appartenente a un ramo cadetto della casata dei Turner, morto per decapitazione nel 1867.- mormorò.
- E tu sei appena tornata dall'Italia, non è vero?- osservò Annabeth.
- Lo è.-
- E cosa hai trovato?- chiese la ragazza sentendo un nodo salirle alla gola.
- Forse nulla, forse troppo.- sussurrò l'altra, poi si strinse nelle spalle - Ma chi può dirlo, non sono neanche sicura di aver compreso con certezza cosa significano le informazioni che ho ricevuto.-
La giovane si chinò in avanti e posò la mano sulla spalla di Beatrix.
- Se c'è qualcosa che credi possa essere importante, devi dirmelo o non potrò aiutarti nel caso...lo sai.-
- Nel caso vengano a prendermi.- concluse l'altra - Non preoccuparti, Annabeth, io so cosa è meglio al momento, ma non pensare che ti stia tenendo in disparte. Ogni cosa ha un suo tempo e un suo ordine e quando sarà il momento ti renderò partecipe di ogni dettaglio. Purtroppo la situazione è delicata e dobbiamo avere la certezza che almeno una di noi due possa sopravvivere per arrivare fino in fondo.-
Gli occhi delle due donne si riflessero gli uni negli altri, quelli verdi, liquidi e penetranti di Beatrix dentro quelli blu, brillanti e ipnotici di Annabeth.
Sii sincera.- sussurrò la ragazza - Quanto fonda è l'acqua che ci sta salendo alla gola?-
- Mia cara.- rispose la fanciulla con un tenero sorriso - Siamo a un metro dalla riva e già non si tocca più. Ma tu puoi ancora tornare indietro.-
- Oh, te lo puoi scordare.-
Beatrix sorrise, un sorriso di quelli che nascondevano un fiume di parole che non sarebbero mai state dette. Poi diede una rapida occhiata alla mano che l'altra teneva ancora poggiata sulla sua spalla.
- Pensi di baciarmi o ti prepari per la colazione?-
Annabeth le lanciò un'occhiataccia e sgusciò fuori dal letto.
- Credevo avessi capito che non sei il mio tipo.- commentò prendendo i pantaloni dalla sedia e avviandosi verso il bagno.
- L'ho capito infatti, ma non si sa mai, magari in un attimo di debolezza.- la fanciulla seguendola con lo sguardo - Comunque cerca di fare in fretta, mi sta venendo fame e non credo proprio che mio fratello metterà mai piede qui dentro.
- No, temo non ci sia speranza.-
La ragazza scomparve dietro la porta del bagno.
Beatrix la seguì con lo sguardo, facendo scorrere lentamente le dita tra il soffice pelo di Ziva. Fece correre gli occhi sui pochi oggetti che arredavano la stanza: qualche vecchio libro, delle tavole anatomiche originali incorniciate e appese alle pareti, qualche oggetto indispensabile sulla cassettiera.
Si alzò tenendo fra le braccia l'affettuosa gatta e si avvicinò alla scrivania; solo una cosa aveva attirato la sua attenzione, una scatola di legno antica, finemente intagliata posta in un angolo. La sfiorò appena, con un filo di curiosità, ma non si azzardò ad aprirla, non voleva mancare di rispetto ad Annabeth.
Si sedette sulla sedia pensierosa, quando la ragazza uscì dal bagno.
- Hai fatto presto.- commentò.
- So essere veloce quando serve.- rispose l'altra.
Indossava una camicia di seta verde petrolio con sopra un corsetto nero tagliato sotto il seno, ma con le spalle coperte così che l'allacciatura posteriore saliva fino alla base del collo.
- Mi aiuti?- chiese.
- Certo.-
Beatrix si portò alle sue spalle per stringere i lacci del corsetto.
- C'è una cosa che è bene tu sappia.- disse Annabeth.
- Ti ascolto.- rispose la fanciulla mentre le sue agili dita esperte tiravano le stringhe.
- Un paio di giorni fa è passato Arthur. Vincent ha detto che non ero in casa, sperando se ne andasse, ma prima di farlo gli ha chiesto se sapesse dove trovarti.-
- E lui cosa ha risposto?-
- Ha detto che eri partita per un viaggio, ma non aveva idea di dove fossi. Ma sai bene quanto me che non è questo il punto.-
- Lo so, non preoccuparti. Va bene così?- domandò riferendosi al corsetto.
- Sì benissimo.- rispose l'altra - Beatrix, mi preoccupa il fatto che quel bastardo ti stia col fiato sul collo. Sai di cosa è capace.-
La fanciulla fermò i lacci con un bel fiocco.
- Non darti troppa pena per me, Annabeth. Io so quello che faccio. Purtroppo o per fortuna sono un pezzo sacrificabile su questa scacchiera, ma tu no. È questo gioca a nostro vantaggio.
La ragazza scosse la testa.
Si sedette sul letto e si chinò ad allacciare gli stivali.
- Questo non è un gioco.- osservò.
- Lo è invece.- rispose Beatrix - Ed è un gioco in cui il prezzo da pagare per la sconfitta è la morte.-
Si avvicinò alla sua interlocutrice e si inginocchiò accanto a lei tenendo Ziva sulla spalla.
Posò una mano sulla guancia della ragazza per sollevarle un poco il volto e la guardò fissa negli occhi.
- Questo è un gioco, mia cara, un gioco di strategia. E come per il gioco di strategia più diffuso al mondo, gli scacchi, ci sono pezzi più importanti e altri meno. Ma quello che i più non comprendono è che non importa se sei più o meno sacrificabile, si affannano per passare da semplici pedoni a torri o regine, ma la verità è che questo non ha alcun significato perché non sono i pezzi, ma i giocatori a decidere le sorti del gioco.-
- E come si passa da pedina a giocatore?- chiese lentamente Annabeth.
Sul volto di Beatrix si dipinse quello strano sorriso ambiguo che la caratterizzava.
Posò a terra la soffice Ziva e si alzò in piedi.
- Abbi pazienza, tutto ha un luogo e un tempo.-
Si voltò e si avviò verso la porta.
- Andiamo su, ci stanno aspettando.-

Nessun commento:

Posta un commento