martedì 25 novembre 2014

Capitolo 16 - Frammenti

La luce che filtrava attraverso le tende svegliò Vincent dal sonno leggero in cui era caduto.
La televisione bisbigliava informazioni su un piccolo mammifero della foresta pluviale nella penombra del soggiorno, mentre l'intero branco di felini domestici sonnecchiava attorno e sopra il in divano.
Anna era ancora lì, rannicchiata sotto la coperta con la testa poggiata sulle sue gambe e le dita della mano destra intrecciate con quelle del ragazzo sul ginocchio di lui. I suoi capelli rossi come il sangue si allargavano intorno al suo volto come una colata lucente. Vincent sfiorò appena i suoi riccioli con la punta delle dita guardandola con tenero affetto.
Erano rimasti tutta la notte sul divano in quella medesima posizione, senza dire una sola parola. Il giovane non aveva idea di quando si era addormentato, quanto aveva dormito, né se Anna fosse riuscita a dormire almeno un'ora e di sicuro non aveva idea di quando l'intera popolazione felina dell'appartamento si era radunata accanto a loro. Si sentiva a pezzi da qualsiasi punto di vista si potesse intendere quell'espressione, ma non osava muoversi per paura di disturbarla.

- Mi dispiace.-
Vincent chinò lo sguardo sulla ragazza.
- Come?- domandò.
- Mi dispiace.- sussurrò nuovamente lei - Per quello che ti ho fatto, per il dolore che ti ho procurato. Non volevo farti del male, ero fuori di me e...non sono brava in questa cosa della Maestra, non ho saputo controllarmi.-
Parlava lentamente, come se fosse pervase da un'infinità stanchezza, le dita intrecciate con quelle del ragazzo.
- Non te la stai cavando male.- disse lui - Hai fatto un errore, ma ti sei scusata.- sorrise - Solo...non rifarlo, ti prego.-
- Farò di tutto per evitarlo.- mormorò lei.
Cadde il silenzio.
Alla televisione un esperto avventuriero, che fingeva di avere qualche rotella fuori posto, stava illustrando le abitudini alimentare di un ragno raccapricciante.
- Vuoi parlare di ieri?- chiese Vincent.
- In realtà no.- rispose lei.
- Posso chiederti una cosa alla quale sei libera di non rispondere?-
- Sì.-
Vincent ci penso un attimo; c'era più di un'informazione che voleva ricevere, ma sapeva di non poter scavare troppo in profondità, Anna era ancora troppo fragile, se avesse insistito si sarebbe chiusa ancora di più.
- Al municipio è stato diverso.- disse - Gli hai risposto a tono e...non so, ho idea che se avessi voluto avresti potuto farlo a pezzi. Ma ieri...-
Sentì le dita di lei stringersi più forte intorno alle sue.
- Non volevo che violasse questo posto, non volevo che sapesse dove abito. Io non riesco...non riesco a reagire...davanti a lui...mi sento impotente...-
Il ragazzo le sfiorò i capelli.
- Stai tranquilla.- le sue labbra si strinsero - È stata colpa mia, avrei dovuto proteggerti.-
Lei sollevò la testa e si voltò a guardarlo.
- Io devo proteggerti, non il contrario. Non farti delle colpe che non hai.-
Posò nuovamente il capo sulle sue gambe.
Alla televisione il grosso ragno aveva preso nella sua tela un insetto marrone dall'aspetto ancor più disgustoso del suo predatore, sempre che la cosa fosse possibile.
- Anna...- Vincent esitò - C'è un'altra cosa...-
- Dimmi.- mormorò lei.
- Chi è Eloise?-
La ragazza si rannicchiò ancora di più su se stessa, quasi volesse sparire dentro ai cuscini del divano.
- Non voglio parlarne.- bisbigliò.
- Va bene.- acconsentì lui.
I gatti si esibirono in una sorta di miagolio corale, come una specie di lamento sincronizzato.
- Il campo psichico.- bisbigliò Vincent.
- Già, sto facendo del male anche a loro.- sussurrò lei.
Il giovane le fece una carezza e poi con gentilezza le prese il mento tra il pollice e l'indice sollevandole delicatamente la testa per poter fissare i suoi occhi in quelli enormi e blu di Anna.
- Ehi, ora basta. Funziona così quando stai con la gente, se stai male anche quelli a cui vuoi bene stanno male, a prescindere dal fatto che sei un Vampiro o meno. Quindi prendi un bel respiro, perdonati e torna maltrattarmi perché faccio progetti per il tuo compleanno.-
I sui occhi erano gonfi e rossi e il suo volto stravolto da una nottata di lacrime e insonnia, eppure le sue labbra si arricciano in un accenno di sorriso. Con delicatezza portò le braccia attorno al collo di Vincent e lo abbracciò.
- Grazie di tutto.-
Lui sorrise stringendola a sua volta.
- Dovere, milady.-
Lei lo lasciò andare.
- Sono...molto stanca. Se dormo qui sul divano puoi...restare nei paraggi?- domandò esitante.
- Naturalmente. Metti la testa qui.- rispose dandosi una pacca leggera sulla coscia.
Anna ubbidì.
Intrecciò nuovamente le dita con quelle di Vincent e si avvolse nella coperta. Il sonno se la portò via in un dolce abbraccio non appena le palpebra caddero pesanti sugli occhi.

Beatrix voltò delicatamente la fragile pagina dell'antico volume che teneva tra le mani. Il fuoco crepitava nel camino rilasciando nella stanza l'odore di resina e di legno bruciato.
La fanciulla dondolò leggermente i piedi che pendevano oltre il bracciolo della poltrona.
In generale tendeva ad essere una persona piuttosto composta, a volte addirittura rigida, ma, quando leggeva per il puro piacere di farlo,era solita assumere le posizioni più assurde.
Voltò pagina e allungò le dita per prendere la tazzina sul tavolinetto di fronte al camino. La portò alle labbra per bere un paio di sorsi di caldo tè nero all'aroma di vaniglia e fiori d'arancio, poi tornò a posarla sul piattino di porcellana.
Si era svegliata con un certo desiderio di cioccolata calda con panna e cannella, ma purtroppo suo fratello tendeva a scordarsi di comprare il cacao finché i primi fiocchi di neve non gli ricordavano che era arrivata la stagione fredda; per loro che erano nati molti secoli prima, la cioccolata era ancora un piccolo lusso da concedersi di tento in tanto. Come è strana a volte la mente.
La porta dell'ingresso si aprì e Sigmund fece il suo ingresso in casa.
- Odio fare la spesa il trentuno di ottobre.- commentò con un sospiro - Ci ho messo ore per pagare alla cassa.-
- Ti avevo consigliato di farlo ieri.- osservò lei posando il libro sul tavolo e assumendo una posizione più composta - Vuoi una tazza di tè?-
- No, ti ringrazio.- rispose lui - Novità?-
Il cellulare di Beatrix trillò.
La fanciulla allungò le dita e scorse lo schermo con le dita.
- Sì, ma non buone. Ho sentito Vincent, a quanto pare ha avuto un po' di problemi con Annabeth.- fece una breve pausa - Pare gli abbia inflitto una Punizione.-
Sigmund posò le buste della spesa e si andò a sedere sul divano davanti al camino.
- Volontariamente?- chiese con le sopracciglia aggrottate e un'ombra di apprensione negli occhi.
Beatrix scosse leggermente la testa.
- Sai bene che non l'avrebbe mai fatto.- rispose - Conosco le tue preoccupazioni, ma per l'ennesima volta ti invito a essere fiducioso. Si è trattato solo di uno spiacevole incidente, dovuto a una visita spiacevole quanto inattesa.-
- Arthur?-
- Così pare. Per Annabeth è stata molto dura.-
Sigmund intrecciò le dita e posò i gomiti sulle ginocchia.
- C'era d'aspettarsi una mossa del genere.- commentò secco - Arthur è un bastardo calcolatore, non mi sorprenderebbe scoprire che sta organizzando qualcosa di sconveniente a spese della piccola Annabeth. Devo tenerlo d'occhio.-
La fanciulla sospirò prendendo il piattino dal tavolo.
- Il che significa che io lo terrò d'occhio.- fece una breve pausa - Trovo irritante la tua malafede e ancor di più un sì repentino passaggio alla preoccupazione. Annabeth è una tua cara amica e dovresti avere fiducia nel suo buon cuore; d'altro canto se ritenessi che fosse come tanti altri non te la lascerei di certo frequentare con tanta leggerezza.-
Sigmund accennò un sorriso.
- Ma certo, mia cara, perché sei tu che ti occupi di amministrare la mia vita sociale.-
- Naturalmente.- rispose lei ricambiando il sorriso - E anche il fatto che tu non te ne sia mai accorto finora fa parte di un mio preciso disegno.-
Portò alle labbra la tazzina e bevve un lungo sorso prima di riposarla sul piattino.
- Programmi per il pomeriggio?- aggiunse.
- Più tardi devo uscire, hanno bisogno di me in biblioteca.- rispose lui guardandola sospettoso - Di preciso cosa hai in mente?-
Lei sospirò con fare tediato.
- Nulla, fratellone, volevo solo sapere se devo preparare cena anche per te.-
- No, credo di fermarmi fuori con un collega.- si alzò - Sistemo la spesa e mi ritiro nella mia stanza, sai dove trovarmi se hai bisogno di me.-
Ciò detto sparì nell'altra stanza mentre la sorella finiva di sorseggiare il suo tè.
La infastidiva non riuscire a comprendere l'animo di suo fratello; non poteva dire che fosse la prima volta che succedesse, né con lui, né con altri, ma ogni volta che accadeva si sentiva assalire da un senso di frustante debolezza.
Sapeva cosa passava per la testa di Sigmund: loro, che avevano vissuto a lungo all'interno dell'Accademia, avevano visto centinaia di Vampiri, soprattutto Patriarchi, cambiare drasticamente dopo la generazione di un cucciolo, precipitare in meccanismi meschini e crudeli, giustificandoli con argomentazioni classiste. La crudeltà era insita nell'animo umano, questo era un fatto, come quella tante altre oscure sfaccettature che si tentava di tenere nascoste, ma il potere tendeva a riportarle alla luce; il termine Cucciolo derivava dal fatto che questi erano come pulcini indifesi nelle mani del Maestro, il quale poteva farne ciò che voleva e nonostante il suo compito fosse quello di guidare e istruire il neofita a un mondo nuovo, spesso e volentieri finiva invece per usarlo come una valvola di sfogo per le frustrazioni e la rabbia che ogni giorno raccoglieva dalla realtà che lo circondava.
Ma Annabeth non era così, Beatrix ne era convinta. E non si trattava solo dl suo nobile retaggio familiare, ma anche della sua stessa natura. Certo, nella sua vita non si poteva dire che la fortuna e la felicità l'avessero sempre accompagnata, ma era convinta che, proprio per gli aspetti negativi che aveva vissuto sulla sua pelle, le ombre che per nascita si portava appresso non avevano potere su di lei. Forse poi aver salvato Vincent poteva addirittura portare a cambiamenti positivi.
Eppure suo fratello, per quanto amasse quella strana ragazza dai riccioli rossi, non si fidava della sua integrità: era qualcosa che Beatrix non riusciva a comprendere. Era stato il suo più caro amico così a lungo e ancora non riusciva a fidarsi del suo buon cuore.
Ma forse era lei a essere strana, ad avere troppe certezze, a essere troppo categorica. Eppure avrebbe dovuto averla imparata, la lezione.
Prese il telefono, cercò un nome in rubrica e selezionò l'opzione "chiama".
Il numero squillò libero per tre volte prima che qualcuno dall'altro capo rispondesse.
- Cedric?...bene, ho ricevuto le tue lettere, mi hanno fatto molto piacere...ti ringrazio...dove sei in questo momento?...e in quanti giorni potresti tornare?-

Anna entrò in salotto con un asciugamano arrotolato sulla testa per raccogliere i capelli bagnati.
Juno si strofinò ruffiana contro le sue gambe nella speranza di ottenere qualche bocconcino prelibato, mentre i quattro cuccioli le miagolavano intorno impazienti.
Vincent sollevò la testa dai fornelli e le sorrise.
- Ho apparecchiato di là. Ho pensato che potremmo sfruttare la sala da pranzo visto che ne abbiamo una.-
Lei annuì.
- Hai fatto bene, io non ci penso mai, non trovo mai il tempo di cucinare qualcosa di decente.-
Il ragazzo si esibì in una buffa espressione facendo un ampio gesto con il braccio.
- Eh, adesso, decente, non esageriamo. Piuttosto direi mangiabile.-
Lei ridacchiò divertita.
- Comunque ho fatto il caffè, almeno quello dovrebbe andare bene.- riprese lui indicando la moca da sei sul fornello.
In quella casa consumavano più caffè che acqua e Vince non aveva ancora capito se fosse perché alla sua Maestra piacesse oppure le servisse per stare sveglia.
Anna prese una tazzina e si versò un po' della scura bevanda, andando a sedersi su uno sgabello. Dopo aver riposato e essersi fatta una doccia era molto più distesa, pareva essere tornata quasi la solita Anna di sempre. Eppure lui intuiva dietro i suoi sguardi che c'era ancora un'ombra che doveva essere spazzata via per chiudere la dolorosa parentesi di quella notte.
- Sei stato molto buon con me e io di certo non me lo sono meritata.- disse la ragazza - Dopo il modo in cui mi sono comportata avresti dovuto riservarmi tutt'altro trattamento.-
Lui le lanciò un'occhiataccia.
- Ma che dici?- rispose disponendo del formaggio e del prosciutto su metà frittata - Eri sconvolta, non l'hai fatto di proposito.-
Aiutandosi con la paletta chiuse la frittata a metà e la schiacciò bene per far sciogliere il ripieno.
- E poi - continuò - so che non vuoi parlane, ma sono certo che hai le tue ragioni. Lo capisco pure io che Arthur è un gran bastardo, non riesco ad immaginare come debba essere stato essere sposata con lui. Immagino te ne abbia combinate di tutti i colori.-
Anna si portò la tazzina alle labbra e bevve un lungo sorso di caffè, poi la riappoggiò sul tavolo circondandola con le mani. Nel nero dell'amara bevanda vedeva riflessi i suoi occhi.
- All'inizio del 1700 mi ha fatto rinchiudere due settimane in un manicomio inglese, Bedlam.- disse tutto d'un fiato.
Gli occhi del ragazzo si spalancarono in un'espressione di stupore mentre si voltava a guardarla totalmente incredulo. Non riusciva a credere che le sue orecchie avessero udito bene.
- Che cosa?- biascicò esterrefatto.
Lei si prese tutto il tempo per bere un altro sorso di caffè prima di continuare.
-Non ricordo bene come sia andata, ho come una sorta di amnesia di un paio di giorni che nessuno è stato in grado di sbloccare. So solo che mi svegliai in una specie di stalla, incatenata a un muro. Alcuni ospedali psichiatrici sono tutt'oggi luoghi orribili, puoi immaginare agli inizi del '700.- indicò la padella - Dovresti toglierla dal fuoco se non la vuoi bruciare.-
Il giovane si voltò di scatto urtando il manico della padella e bofonchiò qualcosa a mo' di scusa, mentre allontanava il pranzo dal fornello, salvandolo dall'immondizia.
Il pasto aveva perso per lui qualsiasi interesse, ma capiva bene che non potevano continuare il digiuno. Prese il piatto che aveva appoggiato sul piano dell'isola e vi trasferì la frittata sfrigolante, riuscendo miracolosamente a non frantumarla come suo solito.
Doveva essere risultato piuttosto buffo nella sua goffaggine, perché riuscì a strappare un malinconico sorriso ad Anna.
- Sai, è stato Sigmund a tirarmi fuori da lì, mi domando ancora come abbia fatto.- riprese - Anche lui è sempre stato fin troppo gentile con me: mi aveva avvisato di non sposare quella iena, ma io lo feci lo stesso, con tutte le conseguenza che ne sono seguite. Farmi rinchiudere in un manicomio non è stata la cosa peggiore che ha fatto.-
- Mi dispiace.- disse Vincent - Non ne avevo idea.-
Lei scese dallo sgabello e si tolse l'asciugamano dalla testa, lasciando che una colata di bagnati capelli purpurei la cadessero sulle spalle. Il giovane si sentì prendere da una morsa allo stomaco per quanto fosse bella in quello momento, nella sua quotidiana fragilità.
- È stata colpa mia, dovevo parlartene o almeno accennarti al fatto che Arthur non fosse un ospite gradito.- fece una mezza smorfia di disgusto nel pronunciare quel nome, poi cambiò di colpo espressione - Ora andiamo dai, sto morendo di fame.-
Si spostarono nella sala da pranzo adiacente alla cucina e si sedettero al vecchio tavolo di noce.
Annabeth osservò un poco la tavola con fare perplesso come se cercasse di capire cosa c'era che non andasse. Ci mise un paio di secondi più del dovuto per arrivarci.
- Non prenderla come una critica - commentò con le sopracciglia aggrottate - Ma potevi mettere almeno i piatti e i bicchieri uguali.-
Vince si fermò nel mezzo del taglio della frittata, si guardò attorno esitante e si strinse nelle spalle con un sorriso imbarazzato.
- Avrei voluto, ma non c'era un piatto che fosse uguale a quell'altro...né un bicchiere o una posata.-
- Ah.- rispose lei spiazzata - Controllerò negli scatoloni in cantina, poi semmai andiamo a comprare qualcosa domani pomeriggio. Ci vuole almeno un servizio completo in caso vengano ospiti.-
Il ragazzo annuì d'accordo spartendo le due metà del pranzo, anche se un bel gruppo di gatti si erano già radunati intorno al tavolo nella speranza di essere resi partecipi del modesto banchetto.
- Senti, per cambiare argomento, mi spieghi meglio perché è sconsigliato uscire ad Halloween?-
- Oh, ma certo.- cominciò lei servendosi un po' di insalata - Hai presente la ragazza che ti è quasi saltata addosso un paio di settimane fa?-
Lui inclinò la un poco la testa di lato.
- Sarebbe difficile dimenticarlo.- osservò con una smorfia.
- Bene.- continuò lei - Quelli come lei fanno parte di un movimento simil-edonista che dà il peggio di sé in determinate ricorrenze folcloristiche. Sono per lo più giovani Trasformati o giovani Patriarchi influenzati dal mito del vampiro moderno, bello e dannato, ai limiti della legge e della morale. In tutto questo Halloween è il periodo dell'anno in cui si sentono più liberi di esprimere queste loro...inclinazioni, il che in genere sfocia in stupri, violenza, omicidi, sacrifici sanguinolenti e orge. Siccome vorrei evitare di restare e, soprattutto, farti restare coinvolto in qualcosa del genere è meglio chiudersi in casa. Ho già rotto un braccio a un tipo ieri, vorrei evitare di dover fracassare delle teste anche stasera.-
Il giovane rimase con la forchetta a mezz'aria e la bocca aperta qualche secondo prima di riuscire a scuotersi.
- Come sarebbe a dire che hai rotto un braccio a uno?-
Lei sospirò e sorrise.
- È una lunga storia e tu fai troppe domande. Presto imparerai che nel nostro mondo la legge funziona in un modo del tutto particolare e che nella maggior parte dei casi se hai un problema te lo devi risolvere da solo. Ma per questo c'è tempo, ora mangiamo che è da ieri a colazione che non tocco cibo. Poi vedrò di insegnarti come si fa.-
I loro occhi si intrecciarono per qualche secondo, mentre Vincent, ancora attonito, non riusciva a trovare nulla da replicare. La ragazza distolse lo sguardo e tornò a concentrare la sua attenzione sul pranzo, prendendo una fetta di pane tostato dal cestino in mezzo al tavolo.
Vincent scosse la testa e si lasciò sfuggire un lieve sorriso: per lui Anna rimaneva un gigantesco mistero.

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