venerdì 22 maggio 2015

Capitolo 30 - Alla Luce e nell'Ombra

La stazione fantasma era buia e silenziosa come al solito.
Da qualche parte l'umidità era filtrata attraverso le crepe nella parete e si potevano udire, amplificate dalle ampie gallerie della metropolitana, piccole gocce cadere a intervalli regolari nella pozza d'acqua che esse stesse avevano creato.
In un angolo, dall'altra parte delle rotaie, una famiglia di ratti stava spolpando il piccolo cadavere di un animale non meglio identificato, forse loro simile; a turno, uno alla volta sollevavano la testa annusando l'aria viziata e scrutando l'oscurità con i lucidi occhietti rossi per controllare che non ci fosse nessun pericolo in avvicinamento.
Annabeth osservava la scena in silenzio, seduta sulla panchina parzialmente franata della fermata fantasma: Sigmund era in ritardo e lei detestava perdere tempo.
A essere sincera avrebbe preferito portare Vince con sé, non perché disegnasse la compagnia di un vecchio amico, quanto semmai poiché avrebbe voluto impartire al suo giovane Cucciolo qualche nozione sul funzionamento del Municipio.
Sorrise fra sé.

Quella mattina il ragazzo si era finalmente accorto dell'anomalo comportamento che i gatti avevano adottato dall'arrivo di Verity a casa e si era degnato di chiederle delle spiegazioni. Non era stato facile fargli capire il concetto fino in fondo: aveva afferrato al volo la parte in cui gli aveva spiegato che la ragazzina era uno psichico spurio e quindi la componente psichica che lei non riusciva a controllare creava un'interferenza nel campo psichico in cui erano inseriti i felini, ma dopo un po' era tornato da lei a domandarle come mai non fosse capitato lo stesso con Beatrix e se sarebbe potuto capitare con lui e soprattutto perché Morrigan non pareva risentirne particolarmente.
Adorava la sua curiosità, il fatto che non desse mai nulla per scontato o come irrilevante. Era convinta che sarebbe diventato un ottimo Vampiro un giorno, era solo una questione di tempo.
Nell'oscurità un lieve rumore sopraggiunse alle su orecchie.
Anche la famiglia di topi sollevò all'unisono i musi insanguinati e si dileguò in fretta nel buio.
Le rotaie cominciarono a vibrare prima in maniera appena percettibile, poi in modo sempre più evidente, finché non arrivò anche lo stridio dei freni e il bagliore dei fanali.
Il treno si fermò davanti alla banchina della metropolitana e le porte automatiche della carrozza si aprirono permettendo a Sigmund di scendere sul sudicio lastricato.
Annabeth si alzò e mosse un paio di passi verso di lui.
- Sei in ritardo.- lo rimproverò bonariamente.
- E ti chiedo scusa per questo.- rispose lui, togliendosi il cappello in cenno di saluto - Purtroppo io e la mia sorellina abbiamo avuto un piccolo diverbio che mi ha fatto perdere un po' di tempo.-
I due si baciarono sulle guance e l'uomo le offrì il braccio che le prese con piacere, poi si avviarono  assieme verso il Municipio.
- Cosa ha combinato Beatrix questa volta?- domandò la ragazza.
- Temo sia in parte colpa mia.- commentò lui - Sono entrato nella sua stanza, cosa già di per sé poco oculata, nel tentativo di rientrare in possesso di un libro che le avevo lasciata in prestito. Una volta lì ho trovato delle carte sospette, mappe per lo più con appuntate delle note incomprensibili. Quando ho provato a parlargliene, abbiamo finito per discutere e prima di poter fare chiarezza mi ha salutato bruscamente ed è uscita di casa. Sai come è fatta.-
- Lo so infatti. E per questo mi suona strano che abbia lasciato il bella mostra delle carte compromettenti.-
Sigmund sospirò.
- Non mi pare di aver mai detto nulla del genere. Ad ogni modo direi che questo non è il luogo adatto per discuterne.-
La piazza dinnanzi al Municipio si aprì davanti a loro alla fine del tunnel che la collegava alla stazione fantasma.
La ragazza sorrise al suo vecchio amico, prima di scuotere la testa rassegnata.
Si avviarono in silenzio verso il fatiscente edificio sotterraneo nella speranza di sbrigare le loro faccende il prima possibile e poter tornare in fretta alla superficie.
Mano mano che si avvicinavano una spiacevole sensazione cominciò a stringersi come una morsa attorno lo stomaco Annabeth: in generale non amava trovarsi così vicino agli organi di potere della Comunità, ma quel giorno c'era qualcosa che la turbava anche più del solito. Ci mise un po' a capire quale fosse a causarle tale disagio, ma quando finalmente ci riuscì si sorprese di averci impiegato tanto: la piazza brulicava di Vampiri che correvano avanti e indietro da un'edificio all'altro, quando normalmente era quasi deserta.
Si voltò a guardare Sigmund nella speranza che avesse qualche risposta.
- Che succede?- domandò.
- Non ne ho idea.- rispose lui, aggrottando la fronte - Proseguiamo per la nostra strada, se dovessimo incappare in qualche mio conoscente vedrò di scoprire cosa sta succedendo.-
-.Attento alle domande che fai, da queste parti non si può mai sapere.-
Lui le lanciò un'occhiata supponente, accompagnata da un sorrisino saccente, poi riprese a camminare verso il Municipio. La ragazza sospirò rassegnata.
L'edificio era rumoroso e affollato, molto più del solito, ma la maggior parte dei visitatori non parevano essere interessati agli sportelli o agli uffici. Erano per lo più riuniti in gruppi più o meno numerosi e la maggior parte di loro indossava la divisa grigia antracite e rossa della Guardia.
- Qui sta succedendo qualcosa di grosso.- mormorò Annabeth.
Cercando di evitare i campanello di Vampiri impegnati in un concitato chiacchiericcio, raggiunsero lo sportello per la registrazione dei Cuccioli e la ragazza si affrettò a tirare fuori i moduli già compilati dalla borsa in modo da poter sbrigare le pratiche il prima possibile.
- Salve, devo registrare un Cucciolo...- esordì.
Dall'altra parte del vetro un ragazzetto con una buffa acconciatura colorata la interruppe facendole cenno di aspettare, continuando a masticare la gomma e scrivere qualcosa col cellulare.
- E avrei fretta.- aggiunse lei, che già stava cominciando a perdere la pazienza.
- Un secondo solo.- rispose lui in un tono a metà tra il risentito e il distratto.
Lei prese un profondo respiro creda di trattenere l'ira: probabilmente non ci avrebbe messo molto a rompere il vetro e fargli ingoiare quel maledetto telefono, ma le bastò scambiare uno sguardo con Sigmund capire che era il caso di eccedere in certi comportamenti o almeno non in quel luogo.
- Devo solo consegnare dei moduli già compilati.- riprese, mentre già sulla sua fronte aveva cominciato a pulsarle una vena minacciosa - Li controlli un attimo e m...-
- Ho detto un attimo!- rispose lui seccato - Sono occupato, non lo vede?-
Annabeth guardò il suo vecchio amico per cercare la forza necessaria a impedirle di rendere l'impiegato svogliato e il suo telefono una cosa sola, ma lui le fece cenno di aspettare e che ci avrebbe pensato lui.
Con l'esperienza di uno psichico ultracentenario gli bastò un attimo di concentrazione per far esplodere il cellulare nelle mani del giovane fannullone che preso alla sprovvista rischiò di cadere dalla sedia.
- Cosa...? Ma come...?!- provò a balbettare in un misto di paura, sorpresa e rabbia.
Salve, devo registrare un Cucciolo.- esordì Annabeth con un bel sorriso - Gradirei che mi desse del voi, come si conviene e se fossi in te terrei chiusa la bocca su quello che è successo al tuo telefono, a meno che tu non voglia perdere il posto.-
Il giovano impiegato sbiancò e si limitò a farfugliare qualcosa sotto voce, mentre controllava i documenti e li restituiva timbrati alla ragazza.
- Abbiamo fatto presto.- commentò Sigmund, mentre i due si avviavano al piano  superiore per consegnare l'incartamento - C'è solo...-
Qualcosa catturò la sua attenzione impedendogli di finire la frase.
- Fammi una cortesia, sali da sola al primo piano.- disse fermandosi a metà scale - Credo di aver appena visto qualcuno che può fornirci qualche delucidazione in merito a cosa sta succedendo.-
- D'accordo.- obbedì incuriosita.
I due si separarono: l'uomo tornò al piano terra dove raggiunse una donna bionda ben vestita, mentre lei salì le scale e finì di sbrigare le pratiche della registrazione con l'aiuto di un impiegato un po' più sveglio del precedente.
Terminata la commissione più impellente, raggiunse Sigmund che l'attendeva al piano inferiore davanti all'entrata.
- Allora?- gli chiese - Una soffiata su un attentato?-
- Molto meglio.- rispose lui con un sorriso soddisfatto - Pare che l'intero Senato si stia per riunire in città.-

Beatrix atterrò morbidamente accanto al vecchio binario morto della ferrovia che correva sotto la venticinquesima strada.
Sollevò lo sguardo un attimo lo sguardo per osservare i raggi di luce che filtravano attraverso la grata che le aveva garantito l'accesso al sottosuolo. Lì nell'oscurità un'intera città morta riposava silenziosa sotto quel rumoroso mostro d'acciaio e cemento che ruggiva sotto il cielo aperto.
A piccoli e rapidi passi la fanciulla si avviò lungo le rotaie accompagnata a breve distanza da uno sciame di scarafaggi e topi pulciosi.
Beatrix non se ne curò, sapeva che non avrebbero mai osato avvicinarsi e al contrario di suo fratello non provava alcun particolare ribrezzo verso alcun tipo di animale.
Il suo sguardo si spostava da una parete all'altra con curiosità, rapita dal fascino di quell'umido sottosuolo che un tempo si era beato dei tiepidi raggi del sole e aveva accolto i celeri passi di affaccendati viandanti.
Intrecciò le mani dietro la schiena.
Forse a pensarci bene quel luogo nello specifico era da molto tempo che non vedeva i passi di qualcuno considerato che stava camminando in mezzo ai binari del treno, ma non le era difficile immaginare il circondario pieno di luce e di vita e non di un esercito di insetti zampettanti e roditori rabbiosi.
Senza preavviso si ritrovò a fermarsi: una frana interrompeva improvvisamente il lineare tragitto delle rotaie ferroviarie, costringendola a intraprendere una stretta via dissestata che sembrava essere stata scavata nella pietra con mezzi di fortuna e scendeva ancora più in profondità nelle viscere della città.
L'esile Beatrix seguì lo sconnesso sentiero con disinvoltura, finché non si ritrovò davanti a un largo spiazzo circolare, delimitato da ampie arcate di pietra: alcune di queste erano chiuse da storti cancelli di fette arrugginiti, altre erano vuote e recavano sulla sommità strani simboli che i Sapiens avrebbero attribuito a riti pagani, al satanismo o alla magia nera. Nella realtà si trattava semplicemente di indicazioni in codice per i Vampiri, un modo per ritrovarsi con maggiore facilità.
La fanciulla sorrise tra sé: era divertente come un semplice simbolo potesse essere frainteso in maniera così assoluta. D'altro canto era insito nell'animo umano cercare una spiegazione per qualsiasi fenomeno, al punto tale da essere disposti a dare un'interpretazione errata pur di non lasciare lacune nella propria conoscenza. Il problema sorgeva quando quel l'interpretazione sbagliata finiva per ledere qualcuno che magari non c'entrava nulla.
- Cazzo, l'hai trovato davvero.- commentò una voce alle sue spalle - Vorrei essere più sorpresa, ma ammetto che me lo aspettavo.-
Beatrix si voltò verso Agata, salutandola con un'amabile sorriso.
- Buon pomeriggio a te, Agata Cooper.- esordì con fare affabile - Luogo interessante per il nostro incontro, molto suggestivo, anche se credo di sapere cosa mi aspetta alla fine del corridoio.-
La donna scosse la testa divertita.
- Bambolina, credimi se ti dico che non mi azzarderei mai a provare a sorprenderti. Seguimi, ti porto dagli altri.-
Le due si avviarono lungo una delle buie gallerie che si dipanava oltre un grosso arco di pietra sulla cui chiave di volta era inciso un simbolo spesso imputato erroneamente al satanismo.
- Mentre camminiamo, vuoi dirmi di cosa avevi così urgenza di parlarmi?- chiese Agata.
- So che potrebbe suonare strano alle tue orecchie - rispose la fanciulla - ma si dà il caso che il giorno di Natale, una mia cara amica abbia trovata una Discendente sepolta la neve in condizioni davvero penose...-
- Porca puttana.- commentò l'altra sorpresa - Ammetto che questa non me l'aspettavo.-
- Nessuno di noi.- rispose l'altra composta - Ma il punto non è questo. A quanto pare la ragazzina si chiama Verity e pare essere arrivata in città sotto ordine, se così vogliamo dire, del suo "Maestro" e non uso erroneamente questo termine. Detto questo, il sovra citato "Maestro", che risponde al nome di Daniel Rosemberg, non si trova e pare non esistere in alcun registro. Capirai da sola quali sono gli interrogativi che ci siamo poste.-
Agata la squadrò per qualche secondo con fare pensoso.
- Tu devi essere una fucina di guai.- commentò - Ad ogni modo capisco il problema, fammi pensare...-
Fece una breve pausa.
- Daniel Rosemberg...non conosco nessuno con questo nome però...credo che qualcuno me lo nominò...-
- Ti viene in mente chi?- chiese Beatrix.
L'altra scosse lentamente il capo, poi ad un tratto schioccò le dita come presa da una folgorazione improvvisa.
- Ma certo! Il prete...che incredibile coincidenza...la cosa potrebbe farsi interessante...-
- Hai tutta la mia attenzione.-
Mentre la fanciulla pronunciava quelle parole davanti a loro si aprì un'enorme spazio, una gigantesca conca scavata nel sottosuolo nella quale era sparita l'intera città vecchia. I palazzi si ergevano ancora sotto la terra, risistemati più e più volte dai rifugiati della Resistenza che abitavano quel luogo dimenticato da tutti.
Erano abitazioni fatiscenti, che appartenevano a un tempo dimenticato e che il crollo del terreno aveva fatto avvicinare e in parte fondere, dando vita a un intrigo di strada e passaggi tra un edificio e l'altro e conferendo al tutto un'aspetto quasi surreale.
- Non mi sembri molto impressionata.- commentò Agata, osservando lo sguardo di Beatrix correre su quelle forme contorte e al contempo suggestive.
- Non è la prima città sotterranea della Resistenza che visito. A Parigi si sono organizzati nelle catacombe; molto suggestivo, nonostante trovi che anche questa sistemazione sia affascinante.-
- Pagherei per sapere da dove vengono tutti i tuoi contatti.- commentò l'altra scettica.
- Sono piuttosto vecchia.- rispose lei - Torniamo al nostro discorso.-
La donna le fece cenno di proseguire.
- Ti ricordi l'uomo che mi presentò tua moglie?- domandò.
- Quello che a letto era favoloso? Sì, ci hai messo sufficiente enfasi.-
All'altra sfuggì un sorrisetto.
- Beh, quando Margaret me lo affidò si presentò col nome di John Austin, ma tempo dopo quando incontrai il prete lui usò un nome diverso.-
- Rosemberg?- ipotizzò la fanciulla.
- Esatto. Ero andata a vedere come stava il vecchio bastardo e lui mi disse che aveva visto tale Rosemberg di recente in compagnia di una giovinetta e che mi mandava i suoi saluti. Ovviamente io non ci capii un cazzo, visto che non lo conoscevo con quel nome, ma poi lui mi spiegò di chi stava parlando. Al tempo non ci feci molto caso, tanto che me ne ero quasi dimenticata, sai, quelli come noi cambiano spesso nome, ma ora penso possa essere rilevante.-
Beatrix annuì pensierosa.
Credo proprio di sì. Quindi è un membro della Guardia delle Falene...-
- Così pare. Se vuoi posso cercare di sapere qualcosa di più in merito, ma devi darmi un paio di giorni, è una cosa complicata.-
Sulle labbra della fanciulla si distese un sorriso compiaciuto.
- Non so cosa hai in mente, ma credo che mi piacerà. Va bene se porto un'amica?-
- È chi penso io?- chiese Agata ricambiando il sorriso.
- Credo di sì.-
- Bene allora. Sono proprio curiosa di vedere l'ultima erede dei Roth.-
Nel mentre che chiacchieravano si erano addentrate tra i vicoli della città.
Gli occhi attenti della Resistenza le seguirono curiosi, mentre procedevano per le strette stradine sormontate dai fatiscenti palazzi e salivano scale scavate nella pietra stessa con cui erano costruiti i muri degli stessi edifici.
La donna scambiò brevi saluti con alcuni degli abitanti della gola sotterranea, per lo più giovani intenti a parlare tra di loro, finché non arrivarono a un solido portone dipinto di verte, un po' storto a causa del l'inclinazione che aveva assunto il palazzo nello scendere sotto terra.
Varcata la soglia, salirono un'altra serie di ripidi gradini ed entrarono nell'appartamento di Agata situato subito al primo piano.
Mentre Beatrix avanzava un paio di passi nell'ampio ingresso, la padrona di casa gettò le chiavi sul mobile accanto all'entrata.
- Iris, siamo arrivate.- gridò.
Nel grande soggiorno la piccola Infante si alzò dalla poltrona nella quale era sprofondata e posò sul bracciolo il libro che stava leggendo, andando incontro alle due donne.
- Finalmente ci conosciamo.- disse piegandosi in un lieve inchino.
- Il piacere è tutto mio.- rispose Beatrix, restituendo il saluto - Il mio nome è Beatrix Swift, immagino tu sia Iris Johnson.-
- Per l'appunto. È un onore.-
Agata roteò gli occhi al cielo e sbuffò annoiata.
- Io vado a farmi una doccia. Fai tu gli onori di casa.- commentò, lasciando la stanza.
Iris scosse la testa.
- Perdonala, i giovani d'oggi.- si scusò - Posso offrirti qualcosa?-
- No, ti ringrazio.- declinò l'altra cortesemente.
- Sediamoci allora.-
Le due si andarono ad accomodare sul divano nell'accogliente sala.
- Dimmi, per quale motivo desideravi vedermi?- domandò la fanciulla.
- Cercherò di arrivare subito al punto.- rispose l'Infante - Immagino tu sappia già che il Senato sta per riunirsi.-
- Lo so bene e so anche che rimpiazzeranno il Senatore Bishop nonostante non si sappia nulla sulla sua sparizione.-
- E conosci anche il nome del candidato più quotato?-
- Purtroppo sì. Con la sua elezione il numero dei conservatori in Senato aumenterà ancora. Per gli Indipendenti si prospetta un futuro sempre più oscuro.-
- E anche per i trasformati. Ma non è questo il solo problema.-
- Ho paura a chiedere...- mormorò Beatrix.
- So che chiederanno lo stato di emergenza e con la scomparsa del Senatore Bishop ci sono i presupposti per ottenerlo.-
Beatrix si passò le dita sottili tra i morbidi capelli biondi, cercando di celare l'angoscia sul suo volto.
- Se è così, il mio tempo su questa terra non è più molto.- commentò piano - Tu che farai?-
- Don Lucio ha un posto per me oltre oceano; da lì purtroppo non potrò fare molto, ma sarò al sicuro. Tu piuttosto, cosa pensi di fare?-
La fanciulla sospirò.
- La mia posizione è compromessa da tempo e con lo stato di emergenza basterà il minimo sospetto per potermi fare sparire. Quello che posso fare è predisporre tutto nel migliore dei modi prima che giunga la mia ora.-
L'Infante annuì.
- Ammiro il tuo coraggio, io, ahimè, ne sono sprovvista. Tuttavia posso ancora aiutarti nel mio piccolo: girano voci secondo le quali i prossimi a lasciare il Senato saranno il Senatore Dorjia e il Senatore Von Jorger. La Resistenza si sta già impegnando nel proteggerli, ma c'è la possibilità che comunque le cose vadano storte. In tal caso dobbiamo avere un nome da proporre in Senato così da schierare una delle nostre pedine e impedire alle loro schiere di ingrossarsi.-
- L'arma più potente a scacchi è quella di avere la prossima mossa.- commentò Beatrix.
Iris inclinò la testa di lato facendo scintillare i magnetici occhi rossi.
- Una delle tue citazioni?- chiese curiosa.
- Una citazione di D. Bronstein.- la corresse lei - La verità è che tutto questo è una gigantesca partita a scacchi; io sono un pezzo sacrificabile, ma allo stesso tempo sono anche un'abile giocatore...tutto sta nel rendere un'eccellente giocatore un pezzo fondamentale del gioco.-
- E stai già pensando a un nome?-
- È impresso a fuoco nella mia testa.-

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